Il caso Sbarra: una questione morale.

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di Sandro Antoniazzi

Ho sempre rifiutato di sottoscrivere appelli contro quella o quella posizione della Cisl, pur meritevole di critiche, perché non ritengo che siano gli ex-dirigenti, ora non più attivi, ad avere titolo per giudicare.

Quando si lasciano gli incarichi tocca poi ad altri assumere le responsabilità politiche: è sbagliato intervenire sulle loro decisioni. Si fa la parte del grillo parlante, brutto ruolo, soprattutto inutile e fastidioso.

C’è un tema però su cui tutte e persone legate alla Cisl, iscritti, militanti, dirigenti, ex-dirigenti, non solo possono, ma devono intervenire: si tratta della questione morale perché, se le basi e l’indirizzo morale dell’organizzazione non sono solidi, è l’intera organizzazione a vacillare.

Invece di essere un sindacato forte della sua autonomia, libertà e coerenza, diventa un’organizzazione qualunque che chiunque può usare per i propri scopi personali: carriera, potere, guadagni, favori politici…

Inoltre, si rischia di avere un’organizzazione dove gli ideali passano in seconda linea e il lavoro sindacale diventa un lavoro come un altro.

Le trasformazioni sociali hanno portato ovunque e in tutte le organizzazioni in questi decenni a un’erosione dell’iniziale base etico-sociale; un motivo di più per essere estremamente attenti a questo aspetto.

A riguardo il comportamento di Sbarra rappresenta un grande vulnus all’immagine della Cisl realizzata in 75 anni di storia, grazie ai sacrifici e all’impegno di tanti dirigenti e militanti.

La loro storia è la critica più viva e più vera alla scelta di Sbarra, un pungolo che, prima o poi, anche Sbarra dovrebbe sentire.

Sbarra, passando rapidamente da Segretario Generale della Cisl a Sottosegretario per il Sud, ha infranto due principi fondamentali:

  • Ha usato la propria carica sindacale per favorire la carriera personale, in modo, fra l’altro, evidentemente concordato.
  • Non si è curato, così, di infangare l’immagine della Cisl.

Ritengo che si sia toccato il punto morale più basso di tutta la gloriosa storia della Cisl.

C’ è poi un’aggravante molto pericolosa: è da tempo che la destra cerca di portare la Cisl nel suo alveo (molteplici presenze dei ministri, un chiaro appoggio per far passare la legge sulla partecipazione, gli abbracci Meloni/Sbarra al Consiglio Generale in cui Sbarra ha lasciato l’incarico e infine, dulcis in fundo, l’incarico governativo a Sbarra).

È una manovra di avvolgimento e di coinvolgimento che occorre rompere al più presto, prima che sia troppo tardi.

Che ci siano aderenti alla Cisl soddisfatti di tutto questo è un’opinione rispettabile, ma non può certo essere la posizione della Cisl che è indipendente dai governi, dai partiti, dalle forze imprenditoriali.

Spetta all’attuale gruppo dirigente (che dovrebbe essere riconfermato nel prossimo congresso di luglio) garantire queste condizioni etiche essenziali.

L’attuale gruppo dirigente è un’espressione congressuale, nel senso che trae la sua legittimità dal voto ottenuto al Congresso: legittimità reale, ma, per così dire, interna.

La vera legittimità esterna, pubblica, questo gruppo dirigente deve conquistarsela alla prova del fuoco nella società, per gli obiettivi che è capace di avanzare, delle battaglie sociali che saprà esprimere, del contributo che saprà apportare al miglioramento della società e della promozione dei lavoratori.

In questa impresa e per questa impresa, delle solide basi morali sindacali sono necessarie e sarà dunque l’occasione per superare questa brutta pagina.

Gli uomini e le donne della Cisl ripongono in questa prospettiva le loro speranze.

 

 

3 Comments

  1. Sottoscrivo l’articolo anche nelle virgole. Era orami evidentissimo che Sbarra stava portando la CISL a destra, anzi alla Meloni. Pur tuttavia non ero arrivato ad immaginare che in un paio di mesi il Segretario della CISL diventasse sottosegretario del governo della destra.
    Rimane un’altra cosa: Sbarra deve dimettersi subito dalla Fondazione Marini poichè non è degno di presiederla.

  2. Ringrazio l’amico Sandro per avere riportato la sua opinione su quello che è successo in CISL negli ultimi tempi e su quello che i nuovi dirigenti dovrebbero o potrebbero fare. E sono d’accordo con quanto egli scrive.
    Da anni aderisco alla CISL ma, soprattutto a partire dallo scorso anno, i miei mal di pancia sono aumentati sentendo varie dichiarazioni e prese di posizione dei suoi massimi dirigenti nazionali. Non essendo io un sindacalista, ho potuto portare i miei dubbi solo in una assemblea locale, ove mi è stata data una risposta vaga e portata con una certa insofferenza, come se le mie domande fossero trascurabili o fastidiose.
    La mia reazione è stata quella di ritirare subito l’adesione al sindacato. Poi, quando ho saputo che l’ex direttore generale è passato nelle file del Governo – cosa evidentemente concordata da tempo – non mi ha sorpreso questo fatto, quanto la facilità con cui la faccenda ha proceduto, mi pareva di intuire che per i dirigenti CISL questa cosa fosse normale e anzi giusta.
    Per fortuna oggi leggo da Sandro che non è così, esiste una questione morale che andrebbe affrontata e risolta. Sarò ben lieto di tornare sui miei passi e aderire nuovamente, quando vedrò un serio cambio di rotta di questo sindacato.

  3. Sono addolorato per la piega data dai dirigenti CISL (sono iscritto dal 1976, e dal 1970 FLM) al comportamento del sindacato. In passato c’erano stati problemi anche gravi, ma mai un servilismo sfacciato al governo come oggi. Ricordo con gratitudine l’indipendenza sostenuta da Carniti nei confronti della politica dei partiti: si tratta ma per l’interesse e la dignità dei lavoratori. Questo era lo spirito dell’accordo di San Valentino, ancorchè sgradito dal PCI. L’indipendenza Carniti la manifestò anche rinunciando alla carica di presidente della RAI per una ragione essenziale di principio. L’amicizia e la stima verso Craxi non hanno mai prevalso sulla obiettività nelle trattative, spesso anche non capita da dentro la Confederazione.
    Oggi l’appiattimento e la subalterintà simoniaca hanno passato il limite. Mi sono, con grande dispiacere, dimesso.

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