I cattolici democratici incontro al futuro

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Cronaca del convegno di “Argomenti 2000” a Todi (22-23 giugno 2013)

“Argomenti 2000” si autopresenta, come si può vedere dal suo sito (rintracciabile anche su questo sito, nella lista delle associazioni aderenti a c3dem), come “un’associazione di amicizia politica”, promossa da un gruppo di persone (per lo più di provenienza dall’Azione cattolica, di diverse regioni italiane, ndr) che vogliono operare per “una nuova stagione politica”. Hanno l’obiettivo di “contribuire all’evoluzione della cultura politica e democratica e alla diffusione delle buone prassi amministrative a partire dall’ambito territoriale”. Vogliono “riavvicinare le persone ai temi della politica ‘alta’”. Tramite una serie di incontri e convegni, si ripromettono di “elaborare e proporre idee, interpretazioni, ipotesi su temi resi cruciali dalla transizione, per rispondere alla concretezza dei problemi con un’autentica ricerca di sintesi progettuali in un contesto di cultura politica ‘plurale’”. Sul piano organizzativo si propongono di “attivare tra le persone e i diversi soggetti una “rete” amicale dinamica, paritaria, aperta, non strutturata”.

Presidente ne è Ernesto Preziosi, nato a Pesaro nel 1955, già vice presidente nazionale dell’Azione Cattolica e direttore dell’Istituto Paolo VI per la storia dell’Azione Cattolica e del Movimento Cattolico in Italia, oggi direttore delle pubbliche relazioni dell’Istituto Toniolo e presidente del Centro Studi Storici e Sociali (Censses), e, da quattro mesi, deputato del Pd. Vicepresidenti sono due donne: Rita Visini, di recente nominata assessore alle Politiche sociali della Regione Lazio, e Daniela Storani, già vicepresidente nazionale dell’Azione cattolica per il settore giovani e, di recente, collaboratrice del ministro della Salute, Renato Balduzzi.

L’ultima iniziativa dell’associazione è stato il convegno tenuto a Todi il 22 e 23 giugno intitolato “Ritrovare il futuro”. Sottotitolo: “Quale futuro per la politica in Italia: il contributo del cattolicesimo politico”. Un convegno riuscito, con una trentina tra relatori e coordinatori e un centinaio di partecipanti. Un convegno che ha coinciso con la pubblicazione di un volume – “Il cattolicesimo democratico in ricerca. Radici e reti qui e adesso”, edito da Cittadella editrice e curato da preziosi, in cui sono raccolti contributi nati all’interno di iniziative di studio e di formazione promosse dall’associazione o realtà ad essa vicine negli ultimi due anni, a partire da un precedente convegno sempre a Todi nel febbraio del 2011

Dell’associazione fa parte anche il neosindaco di Todi, che ha aperto i lavori del convegno lo scorso 22 giugno. Dopo un’introduzione di Rita Visini, che ha raccontato un colloquio con un consigliere del Pd alla Regione Lazio, il quale l’ha subito messa in guardia dopo che era stata nominata assessore per le Politiche sociali (“Assesso’, io non c’ho la cultura che c’ha lei, ma io porto i voti!”), e un breve intervento di Ernesto Preziosi, che ha richiamato l’appello ai cattolici di Giovanni Paolo II nel ’95 a Palermo a mantenere una “tensione unitiva” sul piano culturale accanto all’ormai affermato pluralismo, è iniziata la prima parte del convegno: la lettura della situazione socio-politica affidata al sociologo Mauro Magatti e al demografo Alessandro Rosina, entrambi docenti della Cattolica di Milano.

 

Una radice cattolica nella storia italiana

Magatti ha esordito giudicando i due convegni fatti a Todi dalle tante associazioni cattoliche in vista di un’iniziativa unitaria sul piano politico “un’occasione persa”. Ha spiegato che, a suo avviso, l’Italia, nella sua storia, ha una “radice cattolica”, e che “se questa radice è forte, il paese sta in piedi, se invece la radice è ripiegata su stessa, è egoista, è paurosa, il paese non sta in piedi”. Per Magatti c’è un legame tra il lungo declino della Dc e il lungo declino del paese. Nel cattolicesimo italiano c’è il maggior serbatoio di energie morali per il paese, anzi “l’unico serbatoio possibile”. Il sociologo della Cattolica ha poi delineato un quadro piuttosto drammatico del paese: ha parlato di fallimento della seconda repubblica, di un ventennio di egemonia del berlusconismo che accumulato ritardi su tutti gli ambiti della vita politica ed economica, e che ha colto, del nuovo che avanza, solo il tema dell’espansione della soggettività, ma dandone un’interpretazione riduttiva, sul piano di un “individualismo becero” che ha prodotto disgregazione del tessuto morale e arricchimenti indebiti e ha allontanato i cittadini dallo Stato. L’appello ad una libertà generica, fatto dal berlusconismo, ha prodotto – dice Magatti – la proliferazione di sistemi chiusi, autoreferenziali. Nelle conclusioni Magatti ha osservato che il paese, che ha buttato vent’anni ed oggi è sostanzialmente commissariato dal Presidente, ha desiderio di cambiamento ma al tempo stesso lo teme. La protesta appare cieca, “e va dove tira il vento”. Il cambiamento non può venire per alternanza, ma per un cambio di sistema. Si aspetta “qualcuno che faccia una proposta forte che ripolarizzi la destra e la sinistra”, e questo qualcuno potrà venire da destra o da sinistra. Todi 1 e 2 non sono stati all’altezza di questo compito. Ci vuole, secondo Magatti, “una proposta che sia ‘centrale’, che si misuri con l’indole cattolica del paese”. Centrale, che non vuol dire un partito di centro… Una proposta che venga da chi conosce e ama il paese (“non come il governo Monti”) e sa parlargli. Ma a destra c’è “un cattolicesimo regressivo, e a sinistra “il Pd spera che, con il cambiamento, il cattolicesimo ce lo si tolga dai piedi”…

Alessandro Rosina ha illustrato il “Rapporto Giovani” dell’Istituto Toniolo. Ha raccontato che i giovani se ne vanno dall’Italia per tanti motivi, ma il principale è che “qui non c’è meritocrazia”. I giovani, quelli che hanno compiuto 18 anni dopo il 2000, i “millenials”, sono positivi, fiduciosi in se stessi, aperti al cambiamento. Sanno che il voto serve, ma giudicano male l’offerta politica. Sono disponibili a partecipare, non sono rassegnati. Non c’è antipolitica in loro, ma voglia di buona politica. Però vogliono avere un ruolo.

 

Dopo il PPI e la DC verrà un terzo soggetto cattolico?

Il dibattito successivo ha visto il confronto tra alcune associazioni. Hanno partecipato Claudio Gentili, direttore de “la Società”, Franco Pasquali, di “Retinopera”, Guido Formigoni, della Rete c3dem, Umberto Ronga, dell’Istituto Bachelet e Giuseppe Sangiorgi, dell’Istituto Sturzo. E’ stato un confronto con posizioni in parte divergenti: Giuseppe Sangiorgi è parso auspicare, ma non a breve, vista “la fase di dissolvenza del cattolicesimo politico italiano” (così l’ha chiamata), un ritorno all’unità politica dei cattolici; ma ha dichiarato che oggi non si può sapere quale sarà il “terzo soggetto, dopo il PPI e la DC” a condurre a questo esito. Né quando, né come. Franco Pasquali, di Retinopera, ha puntato sull’importanza di “sintonizzarsi con papa Francesco” e ha detto dell’impegno della sua associazione per un Osservatorio sul bene comune e per un approfondimento del Compendio della dottrina sociale della chiesa. Anche Claudio Gentili, de La Società, ha insistito sulla dimensione sociale dell’impegno dei cattolici (“l’80 per cento degli operatori della Caritas – ha detto – non conosce la dottrina sociale della chiesa”) e ha sostenuto che in questi vent’anni la Cei “ha frenato” e i cattolici “si sono nascosti”, rinunciando a fare politica; anche lui ha parlato di seguire papa Francesco.

Guido Formigoni – presentato come coordinatore della rete c3dem (per altro mai più citata, nel corso del convegno, dai responsabili di Argomenti 2000, che pure ne fa parte) -, pur riconoscendo che c’è una sensibilità specifica dei cattolici democratici, una loro specifica cultura politica, ha detto di non ritenere possibile una terza fase, dopo il PPI di Sturzo e la Dc, di compattezza del cattolicesimo politico in Italia. La sensibilità e la cultura politica dei cattolici vanno certamente coltivate ma senza voler seguire l’idea di “mettere insieme chi insieme non può stare”. Per i cattolici la vera convergenza è quella della comunità cristiana. Secondo Guido Formigoni la metafora della “radice” usata da Magatti è “sapientemente elusiva”, e comunque non va presa nel senso di dire che esista un soggetto politico cattolico. Quello che l’area dei cattolici democratici della rete c3dem persegue, o dovrebbe perseguire, è invece l’impegno a dare un nome alla crisi che il paese sta vivendo, e che sta vivendo il mondo intero. Se si tratta, come Formigoni ritiene, di una crisi strutturale, quale strada bisogna percorrere, quali sfide affrontare? In una direzione non dissimile si è mosso anche l’intervento di Umberto Ronga, dell’Istituto Bachelet, che si è soffermato sull’esigenza di progettare insieme elementi indispensabili di riforma del sistema politico, introducendo anche forme di democrazia diretta.

 

Grande cautela nel modificare la Costituzione

Il pomeriggio del sabato ha visto due diversi momenti di confronto. Il primo sulle riforme costituzionali, introdotto da un intervento del costituzionalista Giovanni Tarli Barbieri. Il secondo sul futuro del cattolicesimo politico.

Al primo confronto hanno preso parte Renato Balduzzi, Marina Berlinghieri, Luigi Bobba, Silvia Costa, Emma Fattorini, Savino Pezzotta, Milena Santerini e Giorgio Santini. Interessante l’intervento introduttivo di Tarli Barbieri che ha espresso alcune riserve sul recente disegno di legge costituzionale sull’iter delle riforme approvato dal consiglio dei ministri (in quanto limiterebbe il potere deliberativo dei parlamentari e non aprirebbe a un vero coinvolgimento dell’opinione pubblica) e ha sostenuto che né il modello del “sindaco d’Italia” va bene per l’elezione del presidente della Repubblica né il sistema semipresidenziale, adeguato in Francia ma non da noi, elencando poi quelle misure che invece sarebbe urgente prendere (riforma del regolamento parlamentare, correzione della riforma del Titolo V, valorizzazione e attuazione dell’art. 49 sui partiti tramite una legge ordinaria che ne regoli la democraticità, senato delle regioni). Alcuni degli intervenuti (Santini, ora senatore prima segretario confederale della Cisl, Luigi Bobba, Emma Fattorini) si sono pronunciati per avere meno timori nell’affrontare la riforma delle istituzioni, dal omento che se ne parla da vent’anni senza aver cambiato nulla. Altri, come Savino Pezzotta, Silvia Costa e Renato Balduzzi, hanno mostrato maggiore sintonia con l’impostazione di Tarli Barbieri. Balduzzi ha criticato il ddl costituzionale perché toglie alle Camere la discussione sulla legge elettorale rinviandola a dopo le riforme costituzionali. La Costa ha suggerito di riprendere la vecchia proposta di Castagnetti per riformare i partiti.

Più ampio l’intervento di Savino Pezzotta che ha mostrato una forte insoddisfazione per il senso di impotenza che i cittadini oggi provano di fronte al tema della riforma della politica. Si è chiesto a che cosa serve incontrarsi tra cattolici nei convegni se poi non si costruiscono strumenti di partecipazione e proposte che incidano sulle scelte politiche. “Non dico – ha detto – che si debba fare un nuovo partito dei cattolici, ma almeno una federazione di associazioni di cattolici sociali, a livello pre-partitico, che sia in grado di sfidare i cattolici impegnati nei partiti”. Pezzotta, che si è detto nettamente proporzionalista, ha sostenuto di non chiedere un dibattito sui valori (che sono impliciti) ma sui mezzi concreti per attuarli, sulle proposte di merito.

 

Colpa anche dei cattolici nel cattivo bipolarismo?

Il secondo confronto, che verteva sul futuro del cattolicesimo politico, è stato più vivace e più dialogico. Vi hanno partecipato Giorgio Tonini, Rosy Bindi, Andrea Olivero e Graziano De Rio. Ha cominciato Giorgio Tonini, che ha giudicato positivamente l’avvento di una democrazia bipolare competitiva, dopo l’inevitabile fine dell’unità politica dei cattolici nella Dc, ma ha invitato a riconoscere un errore politico grave dei cattolici (a destra e a sinistra): quello di aver contribuito a dar vita a un “cattivo bipolarismo”, cioè un bipolarismo “divergente e non convergente”, come dovrebbe essere. Per Tonini la presenza di Berlusconi non giustifica questo errore. E il risultato è che, nonostante due buoni governi Prodi, “nell’insieme, nel ventennio, non abbiamo migliorato il paese”. Due obiettivi per il futuro, secondo Tonini: ridurre la spesa pubblica e aumentare la produttività e la qualità della produzione. Due questioni che egli definisce etico-politiche, e che si possono affrontare positivamente solo se si dà vita a una nuova competizione bipolare convergente, costruttiva, in cui non si demonizza l’avversario. I cattolici, conclude Tonini, hanno ampiamente concorso alla cattiva qualità del bipolarismo, anche per responsabilità della Chiesa, e ora sarebbe tempo di correggersi.

Andrea Olivero ha puntato su una altro errore dei cattolici democratici: aver perso uno dei capisaldi della propria cultura, la democrazia sociale. Ha osservato che la comparsa del Movimento Cinque Stelle si deve anche alla assenza di una vera partecipazione democratica, alla mancata valorizzazione dei corpi intermedi (di cui è colpevole il Pdl, ma in misura minore anche il Pd), al troppo scarso contatto tra la politica e l’associazionismo di base. Anche Graziano Del Rio ha insistito sulla necessità di rifondare la democrazia, di valorizzare le autonomie e le forme possibili di una “democrazia decidente”. L’impegno prioritario dei cattolici dovrebbe essere quello di far sentire la gente partecipe, di sviluppare tutte le forme di aggregazione comunitaria. Senza intestardirsi a cercare di costruire un unico contenitore del proprio impegno, perché ognuno parla la sua lingua, e, ciononostante, ci si può intendere lo stesso. Un traguardo comune, per Del Rio, dovrebbe essere, ad esempio, la contestazione pratica della “dittatura dell’economia” oggi esistente.

E’ stata Rosy Bindi a riprendere il tema sollevato da Giorgio Tonini. La Bindi ha sostenuto che, se non si è stati capaci di costruire un bipolarismo convergente, la responsabilità è stata della Chiesa e di quei cattolici che, in realtà, il bipolarismo non lo hanno accettato fino in fondo, e hanno sempre pensato all’unico contenitore, che andava ricostruito, o comunque a guadagnare una posizione di centro. L’appoggio a Monti, per la Bindi, è la dimostrazione che la Chiesa, e molti cattolici, non hanno mai creduto veramente al bipolarismo. Non solo. La Chiesa, poi, non ha combattuto i disvalori del berlusconismo (qui mostrandosi d’accordo con Tonini), lasciando soli i cattolici democratici. “La Chiesa – ha detto – non ci ha aperto la porta nelle sue comunità”. Non ha tenuto conto di quanto Moro aveva detto: “Non si difendono i valori con le leggi ma con l’educazione”. Ora, ha proseguito la Bindi, ribadita la pluralità delle scelte politiche dei cattolici e il valore del bipolarismo, due sono le questioni da affrontare (facendo valere la “nostra differenza cristiana”): recuperare la fiducia della gente per la politica e elaborare una nuova teoria economica (perché il sistema economico attuale è fallito). Qui la Bindi si è scostata dalla posizione di Tonini, ed è sembrata riprendere il tema di Del Rio (la dittatura dell’economia), che già prima anche Guido Formigoni aveva posto esortando a cercare strade nuove, alternative al sistema economico che ha fatto fallimento. “La nostra grande responsabilità – ha detto la Bindi – è di non aver capito che la crisi era così profonda, e che era necessario dare vita a uno sviluppo alternativo”. “Vorrei – ha aggiunto – che facessimo come Roosevelt dopo il 1929”. E a Tonini ha, infine, chiesto: quale spesa pubblica tagliamo? Il welfare, la scuola, la sanità? “No – ha concluso – questi sono beni irrinunciabili. Quello che bisogna cambiare è il modello del nostro stare insieme”.

 

La crisi è di sistema, ma la spesa pubblica (forse) va tagliata lo stesso

Il dibattito sul futuro del cattolicesimo politico si è concluso con un altro breve giro di opinioni. Giorgio Tonini ha detto di concordare con la Bindi sul giudizio sulla crisi come crisi di sistema e non nel sistema, ma ha spinto a guardare più in là, e cioè a considerare che la ragione più profonda della crisi è geopolitica, sta nel declino della potenza economica e politica degli Stati Uniti e dell’Europa e della crescita del resto del mondo. Tonini ha invitato a vedere in questo trapasso i segni dei tempi: una parte del mondo prima esclusa ora sta emergendo, e questo grava sull’Occidente. Tonini, pertanto, non ha ripreso il tema di uno sviluppo alternativo, e ha preferito insistere sul tema della spesa pubblica, osservando che l’Italia spende troppo e spreca troppo; si tratta di una spesa né efficiente né solidari sta. Ed è dunque “il vero banco di prova per noi”. Anche Olivero e Del Rio hanno convenuto con Tonini che la spesa pubblica è gravemente inappropriata. La Bindi è tornata a dire che gli errori di questo ventennio non li hanno commessi i cattolici democratici e che i guasti della politica e dell’economia sono nati prima ancora, negli anni di Craxi e dell’alleanza tra Craxi, Andreotti e Forlani. “Per questo – ha ribadito – io non accetto oggi la pacificazione”.

 

Analfabetismo culturale dei cattolici in politica?

Al dialogo tra il gesuita padre Francesco Occhetta, membro della redazione della Civiltà Cattolica, e il neo-parlamentare Michele Nicoletti, docente di Filosofia politica a Trento e segretario del Pd trentino, è riservata la parte finale del convegno, domenica mattina. Tema: cattolici e speranza politica. Apre il dibattito Ernesto Preziosi. Con un’osservazione: oggi si è infinitamente indebolita la cultura della mediazione dei cattolici in politica. Preziosi parla di “analfabetismo culturale” dei cattolici rispetto alla politica. Dice che non si deve congelare la purezza fosse come un seme da mettere in provetta, e si deve invece fecondare la storia. Dice che ora che è parlamentare vorrebbe avere vescovi e preti che gli dessero sostegno ma nel rispetto della laicità. Si chiede come mettere in rete le tante esperienze che fioriscono tra i cattolici. Chiede che la Chiesa faccia animazione e formazione delle coscienze, ma non interferisca. Parla di un percorso virtuoso da costruire. Percorso difficile, perché oggi c’è molta afasia.

 

Dal gesuita padre Occhetta un appello ai laici: “fate strappi, la Chiesa seguirà”

Si è definito “pronipote dei cattolici democratici”, padre Francesco Occhetta, giovane gesuita novarese di 43 anni che su La Civiltà Cattolica da qualche anno si occupa in particolare di politica, storia e diritto, lui che ha avuto una formazione giuridica. E’ stato infatti consigliere comunale in un piccolo paese in provincia di Novara, prima di diventare gesuita; e ora si occupa molto della formazione di giovani cattolici interessati alla politica. La sua, ha detto, è una vera passione per la democrazia. Secondo padre Occhetta, il pensiero cattolico democratico ha sempre fecondato la politica. Egli ha ricordato quando i costituzionalisti cattolici, andando contro il giurisdizionalismo dei padri della Civiltà Cattolica, assunsero i principi del personalismo cristiano di Maritain. Ora, però, i cattolici democratici non riescono più a essere “generativi”. Proprio ora che il terreno della politica è sterile e ne avrebbe molto bisogno. Un terreno che è molto cambiato, e rispetto al quale, però, bisogna mantenere saldi i principi della prima parte della Costituzione e riuscire a declinare con intelligenza i contenuti della dottrina sociale della Chiesa.

Sono cambiate molte cose, ha insistito padre Occhetta. E’ cambiato il linguaggio: prima razionale, poi istintivo-affettivo, oggi narrativo (come quello di papa Francesco). E oggi il politico che si fa ascoltare è quello che si relaziona, che condivide la sua esperienza, che si mette in gioco, che sa stare sul web. E’ cambiata l’etica antropologica. Prima era tutto più semplice, era più facile sapere da che parte stare, c’erano idee forti e delle elites pensanti a cui riferirsi. Oggi non è più chiara un’etica d’insieme. E per questo sono perse tutte le battaglie etiche e bioetiche. C’è bisogno di riapprofondire contenuti e valori, e formare le persone. E’ cambiata l’identità del mondo cattolico. Oggi non si può più usare questa espressione, mondo cattolico. Oggi la cultura politica cattolica è spalmata su tutti gli schieramenti politici, e vale semmai la distinzione tra cultura della presenza e cultura della mediazione. E poi c’è il problema delle gerarchie ecclesiastiche che negli ultimi vent’anni, invece di ispirare i cattolici in politica, sono intervenute direttamente. E qui padre Occhetta ha detto una cosa importante: ha ricordato che nella storia del Novecento si è andati vanti con successivi “strappi” fatti dai laici; poi la Chiesa ha seguito, e ha consolidato le nuove posizioni acquisite. “Voi laici – ha detto il padre gesuita alla platea – avete più paura di quanto non dovreste. Voi dovete dare segnali forti. Invece oggi vedo sterilità in voi”. E, per rendere ancora più concreto il discorso, ha aggiunto: “Io, come scrittore della Civiltà Cattolica, ho bisogno di sapere chi siete, che cosa volete fare, perché possa contribuire ad elaborare culturalmente le vostre proposte…”.

 

Le deleghe in bianco lasciate dai cattolici

Un’altra cosa che è cambiata, secondo padre Occhetta, è che i cattolici democratici hanno lasciato troppe deleghe in bianco: sul sistema elettorale, sulla tecnicizzazione della politica, sulla verticalizzazione del potere, sulla politica come professione. E una delle conseguenze è il fenomeno del Movimento 5 Stelle, che vede scomparire gli enti intermedi – quegli enti in cui “l’uomo entra uomo ed esce persona” – in una dinamica peronista che vede solo due soggetti: il popolo e il potere. Così come è cambiato il rapporto tra il diritto naturale e le libertà dei singoli: un rapporto divenuto molto problematico (che Occhetta ha vissuto da vicino nella Spagna di Zapatero, assistendo a una società profondamente lacerata). E si è rovesciato il rapporto tra libertà religiosa e laicità: si crede che venga prima la laicità, e che sia la laicità a fondare la libertà religiosa, mentre è vero il contrario. Partire dalla laicità significa avere una visione fondamentalista, come è evidente in Francia.

 

Esser durissimi con tutto ciò che umilia l’uomo

In conclusione, padre Occhetta, che in passato è stato collaboratore di padre Sorge nella rivista “Aggiornamenti sociali”, ha posto il tema di una sorta di conversione culturale (la “generatività della politica” l’ha chiamata) che rimetta al centro la cultura dei territori, delle diversità, degli enti intermedi, della mediazione, del “centro” politico, contro una visione schematicamente bipolare della politica, e che si rifaccia alla prospettiva britannica della big society, incentrata sulla partecipazione dei cittadini e sulla sussidiarietà. E ha riferito le tre indicazione che i gesuiti della Civiltà Cattolica hanno ricevuto recentemente da papa Francesco: essere durissimi contro tutto ciò che umilia l’umano; dialogare con i non credenti e con chi critica la chiesa, senza bisogno di rivendicare i valori non negoziabili e recuperando categorie antropologiche inclusive; discernere sempre, setacciare, vagliare, e solo poi scegliere. E sempre distinguendo le scelte politiche contingenti dai valori cristiani di prospettiva.

 

Nicoletti: per tornare ad essere lievito per tutti più teologia della storia e dell’incarnazione

Al convegno di Todi, fin dal titolo, gli organizzatori hanno scelto di parlare di “cattolicesimo politico”. Michele Nicoletti ha osservato che si tratta di “un’espressione un po’ equivoca”, che al tempo del Manzoni e di Rosmini indicava l’alleanza tra religione e potere, ed era invece il “cattolicesimo liberale” che riconosceva il primato della coscienza. Oggi, però, ha aggiunto il leader del Pd trentino e docente di filosofia politica, quell’espressione può avere un senso positivo, se interpretata come risposta alla sfida di riportare l’azione politica dei credenti in capo ai laici. In ogni caso, ha proseguito, l’impegno politico dei credenti è solo uno dei tanti modi, per un cristiano, di impegnarsi nella storia. E non il più importante. Del resto, se i politici cattolici alla Costituente hanno fatto cose buone lo si deve anche ai tanti percorsi culturali e spirituali che avevano alle spalle. Per Nicoletti la sfida da affrontare oggi è quella di ricostruire una società organizzata in senso pluralistico, con un rapporto corretto tra partiti e Stato, in cui i cattolici possano tornare ad essere lievito per tutti. E per farlo ha insistito su tre nodi: ci vuole una ripresa della teologia della storia, un’analoga ripresa della teologia dell’incarnazione, e il rafforzamento della consapevolezza che la Costituzione è il bene comune più importante.

Recuperare il senso teologico della storia significa considerare che è nella secolarità, nello spazio del nostro tempo, che irrompe la speranza; è nell’oggi della nostra quotidiana secolarità che la salvezza è possibile. Acquisire una teologia dell’incarnazione significa pensare la dignità della persona dentro il rapporto con la corporeità. Il cristianesimo è religione dell’incarnazione. Dunque della corporeità. Il nasce e il morire sono temi su cui pensare più a fondo. E forse – ha osservato Nicoletti – noi siamo stati insensibili rispetto a temi come quelli portati avanti dal movimento delle donne e dal movimento degli omosessuali. Quasi rispondendo a Occhetta che aveva sollevato la questione in modo problematico, Nicoletti ha detto che certo il diritto naturale è tema fondamentale, ma di esso va sviluppata una comprensione di natura storica. Dobbiamo imparare a dialogare con le storie di vita, perché in questo modo, dialogando con le persone concrete, che si capiscono tante cose. Poi, certo, si deve bilanciare questo con il piano giuridico. Si deve affrontare la sfida dell’ascolto e, al tempo stesso, restare fedeli al principio della dignità della persona. Dobbiamo sviluppare un’antropologia più ricca di relazionalità.

 

Perché la Chiesa non ringrazia il Partito Democratico?

E poi la Costituzione. Le forme giuridiche della nostra convivenza che lì vi sono stabilite sono il nostro bene comune. Nella Costituzione c’è il principio che ogni potere deve rendere conto ad altri. Già Rosmini parlava di costituzionalizzare il potere. Oggi, per Nicoletti, il modo più compiuto di costituzionalizzare il pitere è la democrazia dell’alternanza. In questo, il filosofo trentino è sembrato distanziarsi dall’Occhetta polemico con il bipolarismo. Per Nicoletti i cattolici devono stare dentro i due schieramenti, come avviene in Germania; e ha ricordato che Ratzinger ha sempre avuto contatti con gli esperti cattolici sia della Cdu sia dell’Spd. E alla Chiesa italiana Nicoletti, con evidente polemica, chiede che cosa essa voglia di più in un paese in cui la sinistra ( e dunque lo stesso pensiero di derivazione marxista) ha preso la fisionomia del Partito Democratico. “Mi piacerebbe – ha osservato a questo proposito – che la Civiltà Cattolica riflettesse nelle sue pagine su questo elemento della storia italiana, sul cammino che è stato compiuto”.

 

Cattolici democratici: quanta ricchezza e quanto spreco!

A questi due ampi interventi della mattinata conclusiva del convegno è seguito un breve dibattito in cui è spiccata la voce di Emma Fattorini, romagnola, studiosa di storia della Chiesa, docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza, dal 2013 senatrice del Pd. Ha detto, a proposito dell’esperienza del cattolicesimo politico, di percepire una grande ricchezza non valorizzata. Ha detto di provare un senso forte di spreco. Ha osservato che bisognerebbe fare, in particolare, un bilancio del cattolicesimo democratico. Che si è fatto in questi anni? Si sono valorizzati gli aspetti sociali, ha detto, ma su molti altri temi pur essenziali, come il rapporto tra diritto naturale e coscienza soggettiva, come la corporeità e la svolta antropologica che è in corso, che si è fatto? Molto poco. Del resto sono proprio questi due temi messi in rilievo, criticamente, da padre Occhetta e da Michele Nicoletti. Infine, la Fattorini ha affermato che, a suo dire, sia l’elettorato del Pd come anche gli eletti sono largamente cattolici, eppure la confluenza delle diverse anime nel Partito Democratico ha portato a una spartizione degli spazi e dei posti, e la componente culturale dei cattolici è rimasta silente. Il suo richiamo è a valorizzare di più questa anima del Pd, questa particolare “postura” con cui si guarda alla storia, e a trovare le parole in cui possa esprimersi.

Poi un prete è intervenuto dicendo che in questi venti anni la Cei ha delegittimato i laici e gli stessi preti che volevano fare formazione sociopolitica ai laici. Occhetta ha ripetuto l’invito ai cattolici democratici a farsi sentire, “poi la Chiesa seguirà”. Nicoletti ha detto che il cattolicesimo democratico ha avuto un ruolo storico, quello di democratizzare la cultura cattolica, e ora è possibile ricercare le strade verso il futuro, ma nella libertà; e senza presumere più di tanto dalla dottrina sociale della Chiesa, visto che lo stesso Benedetto XVI, nella Caritas in veritate, ha detto che serve un ripensamento radicale del modello di sviluppo capitalistico. Dunque si deve andare oltre.

 

Fare rete. Un impegno?

Ernesto Preziosi, colui che ha voluto e guidato il convegno, ha chiuso dicendo una cosa indiscutibile: che si fa fatica a fare rete nell’associazionismo del cattolicesimo democratico, perché ognuno va per la sua strada (“Il mosaico e le reti” era una parte del titolo della mattinata conclusiva). “Argomenti 2000”, ha aggiunto Preziosi, cerca, però, di fare posto anche agli altri. Bene, c’è davvero da augurarsi che questo convegno sia di stimolo per l’ancor ricco tessuto cattolico democratico per evitare l’afasia, come qualcuno l’ha chiamata (padre Occhetta) e lo spreco (Emma Fattorini), e per sollecitare tra i tanti gruppi un confronto autentico, senza primazie, una maggiore capacità di ascolto reciproco e anche di iniziativa comune, per tornare ad essere, come suggeriva Michele Nicoletti, “lievito per tutti”.

 

Giampiero Forcesi

4 Comments

  1. Grazie all’autore della preziosa sintesi. Mi auguro che ora ci sia chi riesce a trovare alcuni spunti quale “minimo comun denominatore” tra le tante proposte e posizioni. Realizzare quella rete di “associazioni cattolico-sociali” suggerita da Pezzotta. Altrimenti si continuerà a parlare, magari intendendosi su tante cose, ma non avendo strumenti per concretizzare. Infine diffondere e rendere più capillare il collegamento tra cattolici democratici

  2. Mi pare che la rete “Costituzione, Concilio, Cittadinanza – per una rete fra cattolici e democratici” sia nata per essere quella rete di cui si auspica la costituzione, nell’intento di rendere presente e visibile la realtà del cattolicesimo democratico, e che questo portale c3dem voglia essere uno strumento per dare visibilità e voce a quella realtà!

  3. Grazie del resoconto puntale e interessante.
    Finalmente l’auspicatissima “rete” di collaborazione e sinergia tra realtà “cattolico-democratiche” pare muovere i primi passi: non era possibile lasciare intristire il patrimonio enorme del cattolicesimo democratico, dentro gli angutsi confini di pur nobili associazioni.

    Enrico Artioli
    Modena

  4. L’incontro di Todi è il segno della richezza di idee e di prospettive del Cattolicesimo Democratico. Bisogna continuare a confrontarsi lasciandosi contaminare positivamente da questo dialogo affrontando i nodi che hanno reso irrilevante la presenza dei cattolici nei 2 schieramenti. Quali voci si sentono rispettivemente nello schieramento di dx e di sx? In questi 20 anni di berlusconismo si è avvallato di tutto senza neanche vergonarsi. ( Spesso connivente la Chiesa). Lo stesso si può dire nello schieramento opposto. Forse gli egoismi e le ambizioni personali hanno avuto il sopravvento e quasi tutto si è immolato alla propria ” visibilità ” e ad un posto al sole. Allora dobbiamo lavorare per ricostruire una credibilità prima di tutto sul piano etico, culturale e politico. Lovoriamo allora per formare nuove generazioni affinche possano creare una nuova stagione di novità ed impegno. Un’ultima osservazione a proposito della necessità di un ripensamento radicale del modello di sviluppo capitalistico, ma le riflessioni e le “teorie” di Zamagni e Luigino Bruni, supportate dalla Caritas in Veritate, non vanno in questo senso? Non le ho mai viste particolarmente citate e seguite dai nostri nei vari programmi sia dei partiti che dei vari governi. Perchè? Leopoldo Rogante di Agire Politicamente

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