ELEZIONI STORICHE, E TANTO BISOGNO DI EDUCAZIONE POLITICA

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Istituto Cattaneo, “Elezioni 2022: la nuova geografia del voto” e “I divari territoriali nella partecipazione”. Roberto D’Alimonte, “Sono state elezioni storiche, ma fare opposizione continua a dare dividendi” (Sole 24 ore). Marco Valbruzzi, “Le ragioni strutturali del non voto” (Manifesto). Marco Tarquinio, “Scosse chiare e da frenare” (Avvenire). Antonio Polito, “Governo Meloni, quei punti cruciali” (Corriere). Maurizio Molinari, “Il sovranismo italiano” (Repubblica).  Dario Di Vico, “E’ di nuovo Nord vs Sud” (Foglio). Mauro Calise, “La debacle annunciata che il Pd non ha saputo evitare” (Mattino). Federico Fubini, “Per chi suona la campana del debito pubblico” (Corriere). Andrea Manzella, “Il diritto europeo e la Costituzione” (Corriere). Annalisa Camilli, “L’egoismo ideologico nelle posizioni sulla guerra in Ucraina” (Domani).

 

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  1. La peggior campagna elettorale

    Nella peggior campagna elettorale dal dopoguerra e con la peggiore legge elettorale di tutti i Paesi democratici, la destra ha vinto e, sebbene non abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, ha la maggioranza dei posti in Parlamento.
    Risultato ampiamente previsto dopo che è stato fatto di tutto per farla vincere, dal grande sostegno che la destra ha ricevuto dai mass media, ad una sinistra e centro sinistra che non ha voluto ritrovarsi sul terreno comune di una coalizione per ragioni di incompatibilità personali e incrostazioni ideologiche ampiamente superate e sepolte dalla storia.
    Prescindendo da considerazioni sulla legge elettorale, che per come è congeniata premia nei collegi maggioritari chi prende un solo voto in più, risultati elettorali alla mano dimostrano che la coalizione di centrodestra ha ottenuto, il 43,9% dei voti mentre il centrosinistra, da Conte a Calenda, non fa coalizione e perde con il 53,9% dei voti (dati della Camera).
    La destra ha vinto, ha il diritto di governare. Nessun pregiudizio da parte mia.
    La sinistra e il centrosinistra hanno perso, svolgano seriamente il ruolo di opposizione che in democrazia è essenziale.
    Ripeto quanto ha detto nei giorni scorsi Marco Bentivogli: “La campagna elettorale è solo un primo appuntamento per ricostruire tutto”.
    Bene, sinistra e centrosinistra hanno perso, questo è il momento da cui partire per ricostruire tutto, iniziando dall’esigenza di riflettere sui molti limiti che questi risultati evidenziano, quelli che hanno impedito la formazione di una coalizione alternativa alla destra, e quelli dell’assenza di una proposta politica innovativa e credibile.
    Ma questo è anche il momento di fare ciò che hanno fatto i socialdemocratici tedeschi al Congresso di Bad Godesberg nel 1959: hanno buttato a mare tutte le anticagli che non servivano più (marxismo, lotta di classe, dittatura del proletariato, ecc.) e hanno definito un programma durato fino al crollo del Muro di Berlino.
    In termini metodologici questa esperienza ha, sicuramente, qualcosa da insegnarci.
    Se la sinistra e il centrosinistra non colgono questa occasione per ripensare sè stessi e costruire qualcosa di nuovo, diventano strumenti inutili scartati dalla storia.

  2. A margine delle elezioni politiche

    Da cattolico impegnato nel sociale, tra le molte possibili, propongo due considerazioni e due domande sui risultati delle elezioni:
    1) in termini generali vengono confermate le tendenze in atto ormai da anni: sono saltati i criteri ideali di appartenenza che caratterizzavano i partiti della prima repubblica, si è raggiunto il record delle astensioni e un ulteriore ribaltamento dei consensi.
    Ecco allora la prima domanda: Il divorzio tra l’italiano e la politica si è ormai consumato?
    2) In termini particolari, cioè di appartenenza al mondo cattolico, fa riflettere quanto afferma Nando Pagnoncelli, Presidente dell’IPSOS: il rapporto con la politica è figlio dello scisma tra “io” e “noi”, della crescente asimmetria, largamente diffusa, tra diritti e doveri.
    La lettera della Cei e i messaggi del Papa hanno inquadrato perfettamente il problema: in quanto cattolici non crediamo più in qualcosa né in qualcuno che trascenda l’immediato bisogno personale e alla politica chiediamo di rispondere a quel bisogno.
    Fatalmente, la politica non ce la fa e di volta in volta genera ondate di scontenti che travolgono la maggioranza in carica.
    Ed ecco allora la seconda domanda: constatato che in molte realtà comunali, più del 50% dei voti (e molti di questi voti sono di cattolici) sono andati a forze politiche che, tra altro, propongono la chiusura dei porti per bloccare gli immigrati e negano a loro il soccorso in mare, la Chiesa e il Clero che risiede in queste realtà non hanno nulla su cui meditare e da dire, a loro va bene così?

    Immagino già la risposta: la Chiesa locale e il Clero non devono fare politica. Qui però non si tratta di politica, ma di umanità, essendo i soggetti in causa “persone” fatte a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 26).

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