Da Francesco a Leone

| 0 comments

di Lino Prenna

Non solvere, sed adimplere

L’associazione Agire politicamente ha accolto con gioia l’elezione del cardinale Robert Francis Prevost a Successore di Pietro. E, mentre custodisce riconoscente memoria di papa Francesco, saluta papa Leone con l’antico inno augurale: Tempora bona veniant, pax Christi veniat, regnum Christi veniat.

La questione sociale e ambientale
Dono e sorpresa dello Spirito, Leone ha mostrato sin dal primo saluto dalla Loggia delle benedizioni, di voler riprendere i sentieri interrotti del pontificato di Francesco, con particolare attenzione alla questione sociale, avendo voluto evocare, nel nome scelto, il papa della Rerum novarum.
Ma non è un ritorno al passato, anche perché il papa venuto dalle Americhe, ma originario di paesi europei, ha piena consapevolezza dell’avvenuto processo di mondializzazione della questione sociale e dello sviluppo impresso dai papi del Novecento alla dottrina sociale della Chiesa. Francesco stesso, figlio di quel secolo tragico ma uomo di spirito profetico, ha globalizzato la questione sociale, estendendola all’ambiente, riscattato dall’accezione riduttiva di natura e riproposto come culla della vita, abitazione umana, casa comune.

Per generare questa ecologia integrale e sollecitare i cristiani alla conversione ecologica, Francesco ha richiamato la verità biblica della Terra dono di Dio per tutti e il principio della destinazione universale dei beni. Rispetto alla perentoria affermazione di Leone XIII, della proprietà privata, quale diritto di derivazione umana e divina. (Rerum novarum, in Enchiridion delle Encicliche, 3, Leone XIII, 2, 871 ss.), Francesco ne indica la subordinazione alla destinazione comune dei beni e sostiene, sia nella Laudato si’ (93), sia nella Fratelli tutti (120), che il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati.

La Chiesa, lievito di unità

Nell’omelia della celebrazione eucaristica per l’inizio del suo ministero petrino, Leone si è presentato come un fratello che vuole farsi servo della fede e della gioia di camminare insieme sulla via dell’amore di Dio, uniti in un’unica famiglia.

La famiglia da ricomporre in unità è, innanzitutto, la Chiesa di Cristo, perché sia credibile strumento di unità e di pace della famiglia umana. Sulla scorta del pensiero e della vita di Agostino, del quale non perde occasione per dichiararsi figlio spirituale, padre Prevost intende spendersi totalmente per una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato e lievito di pace e di speranza, per un’umanità divisa dall’indifferenza, dalla diffidenza, dalla violenza.

Anche Francesco, come Leone, ha concepito l’unità quale convivenza delle diversità; anzi, con la suggestione di un linguaggio spesso inedito, ha detto che il cammino da compiere è la ricerca della “pluralità di forme dei valori, un’armonia pluriforme nell’unità”.

Nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, manifesto del suo pontificato, Francesco scrive che la ricerca di questa armonia pluriforme coincide con la costruzione di un popolo: un lavoro lento, un processo costante, per la costruzione di una storia comune.

Per procedere in tale costruzione di un popolo in pace, giustizia e fraternità, Francesco propone “quattro principi relazionati a tensioni bipolari proprie di ogni realtà sociale”: il tempo è superiore allo spazio; l’unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell’idea; il tutto è superiore alla parte (220-237).

La suggestione di questi principi non sfugge, certo, a papa Leone, ansioso di costruire tanto l’unità dei popoli quanto l’unità del popolo di Dio e memore del commento di Francesco all’ultimo dei quattro principi: “a noi cristiani questo principio parla della totalità ed integrità del Vangelo che la Chiesa ci trasmette e ci invia a predicare” (237).

Nella tradizione per la missione

Sin dai primi giorni del pontificato di Leone è iniziata la corsa ad appropriarsene, soprattutto da parte di quegli ambienti già severamente critici di Francesco. E non è mancato chi, da una lettura superficiale dei primi discorsi, ha ritenuto che l’ex Priore generale degli agostiniani voglia un ritorno alla Chiesa del passato.
A me sembra che il pontificato di Leone si sia già posto in continuità con quello di Francesco: una continuità complementare, che non sostituisce ma aggiunge. Francesco, fedele al principio che il tempo è superiore allo spazio, ha esercitato il ministero petrino avviando, talvolta con l’impeto del riformatore, dei processi, che ora, per disposizione provvidenziale, Leone è incaricato di riprendere per portarli a compimento.

Anche Leone, parafrasando le parole di Gesù che chiarivano il senso della sua missione, può dire: “non crediate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti: non veni solvere, sed adimplere” (Mt 5, 17).
Trovo qui la premura del nuovo papa di inserirsi nell’alveo della Tradizione, di cui ripropone l’austera solennità liturgica, anche con le antiche cadenze del latino e una rinnovata attenzione alle istituzioni ecclesiastiche.

Di questa attenzione è indicativo il discorso “agli Officiali della Curia romana e Dipendenti della Santa Sede, del Governatorato SCV e del Vicariato di Roma”. Intanto, il

Papa dice che tutte queste istituzioni sono “comunità di lavoro”, non apparati burocratici. E, in particolare, per esaltare la vera natura e il compito della Curia, con sorprendente espressione aggiunge che “i Papi passano, la Curia rimane”! Il riferimento è a tutte le Curie vescovili e, perciò, anche alla Curia del Vescovo di Roma. La loro importanza deriva dal compito proprio di custodire e trasmettere la memoria storica di una Chiesa e del ministero dei suoi Vescovi. E il Papa precisa, quasi a voler chiarire l’idea di tradizione, che la memoria è un elemento essenziale in un organismo vivente, perché non è solo rivolta al passato, ma nutre il presente e orienta al futuro.
Infine, il Papa richiama un altro elemento che considera complementare a quello della memoria, cioè la dimensione missionaria della Chiesa, di cui la Curia e le istituzioni legate al ministero petrino partecipano. E ricorda che su questo ha insistito papa Francesco, che “ha riformato la Curia romana nella prospettiva dell’evangelizzazione con la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium”.
Ma la Curia, come e ancor più della Chiesa, è semper reformanda. E non c’è dubbio, che Leone porterà a termine il processo di sburocratizzazione della Curia e delle istituzioni della Santa Sede, forse rispondendo anche all’esigenza, ormai diffusa, di distinguerla maggiormente dallo Stato della Città del Vaticano.

Lascia un commento

Required fields are marked *.