“Cittadinanza attiva e rinnovamento della politica nel Sud” (Paestum, 25-27 settembre). Le ragioni e i percorsi di un lavoro condiviso

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Tre sono le parole-chiave su cui si è fin dall’inizio fondata l’aggregazione delle associazioni di cattolici democratici (o anche di cattolici e democratici) che costituiscono la rete c3dem: la Costituzione italiana, il Concilio Vaticano II e la crescita della Cittadinanza. Di qui le 3 “c” del nome della rete (“c3-dem”).

Quest’anno abbiamo deciso di confrontarci sulla cittadinanza, e di farlo nel contesto del Sud d’Italia. Il Sud: in primo luogo, perché consideriamo grave che si sia allentata così tanto la tensione politica verso la “questione meridionale” (sebbene ora, con l’ultimo Rapporto della Svimez, l’attenzione sembra si sia riaccesa), e vorremmo dunque dare un pur piccolissimo contributo alla sua ripresa; in secondo luogo, perché nella nostra rete sono presenti solo due gruppi radicati nel meridione (“Paideia” a Salerno, “Comunità e Democrazia 3.0” a Cosenza), mentre sappiamo bene quante realtà, piccole o meno piccole, che vivono un impegno evangelicamente ispirato siano attive anche nelle regioni meridionali, e vorremmo che, collegandoci e facendo realmente percorsi condivisi di Rete, si prendesse tutti più fiducia e più forza.

“Cittadinanza” è una parola ricca di significati. Dal nostro punto di vista la questione della cittadinanza è al centro, in particolare, di tre scenari: quello dell’immigrazione e dei criteri di inclusione di nuovi cittadini, quello della estensione dei diritti sociali e della riduzione delle disuguaglianze, e quello del ruolo pieno e attivo dei cittadini nella vita democratica del Paese.

Il convegno di Paestum è dedicato particolarmente al terzo di questi scenari: la cittadinanza attiva. Cittadinanza intesa come complesso delle attività e dei comportamenti responsabili che ci rendono cittadini attivi verso la polis, anche senza fare direttamente politica. Affrontiamo questo tema da un’angolatura particolare: quella della preoccupazione per una crisi sempre più acuta della politica (tema che riguarda purtroppo tutto il Paese), non solo per l’immagine pessima della “casta” chiusa in sé stessa e dei ricorrenti episodi di corruzione. Ma per l’indebolimento di una politica intesa come presenza attiva di partiti in cui si esprima e si organizzi la volontà popolare e come sistema di democrazia rappresentativa basato sul voto elettorale e su una dinamica virtuosa e permanente di rapporti tra cittadini ed eletti. Di qui il titolo: “Cittadinanza attiva e rinnovamento della politica nel Sud”. E non solo nel Sud.

Il titolo sottintende un problema. Pensiamo esista nel paese una riserva nascosta di passione, sapere, volontà, capacità aggregativa, che si esprime in mille rivoli di impegno, volontariato, mobilitazione partecipata, presa di coscienza sulle potenzialità e il valore del bene e dei beni comuni: una riserva positiva, che però occorre chiedersi come mai sia riuscita troppo poco a cambiare il mondo civile e politico, in questo nostro tempo. L’unico modo di uscire dalla crisi attuale è mettere in comunicazione questi due mondi. Non basta sperare in un miglioramento dell’offerta politica, non vale illudersi che una moltiplicazione di iniziative dal basso risolva i problemi. Occorre integrare i due percorsi. C’è ancora la possibilità di una interlocuzione virtuosa tra la parte migliore della società civile organizzata e la parte migliore della politica, intesa nel senso più ampio di impresa comune di persone che si mettono insieme per dare risposte alle sfide del mondo?

Il convegno vuol dare lo spazio maggiore alle esperienze, di cui il Sud è ricco, di reazione ai tanti aspetti di emarginazione sociale ed economica che contraddistinguono la vita nel Mezzogiorno. Siamo consapevoli che si tratta di esperienze coraggiose e contro-corrente, che spesso sfidano i pregiudizi e le resistenze, le passività e le paure che danno forza alla criminalità organizzata. Sono le esperienze di gruppi e comunità che hanno tentato di prendere in mano il proprio futuro, e che racconteranno con il loro vissuto il significato, le potenzialità, i percorsi della cittadinanza attiva; e certo anche gli ostacoli, i limiti. Cuore del convegno sarà, dunque, l’ascolto reciproco, il confronto tra le diverse esperienze, la riflessione sui cammini che si stanno aprendo o che possono aprirsi. E alla fine – se riusciremo – l’elaborazione di un pacchetto di proposte concrete per attivare le condizioni che rendano percorribile questa interlocuzione virtuosa.

E, però, uno spazio sarà anche dato al problema degli sbocchi politici di questa grande concentrazione di energie e di intelligenze che la società civile (e in essa la comunità ecclesiale) ha prodotto negli ultimi trenta-quaranta anni. Con un interrogativo: non è che si è stati troppo prudenti, spesso non andando oltre la candidatura di qualcuno ad assessore ai servizi sociali, per un malinteso senso della società che si auto-organizza (vecchia tesi, questa, di parte cattolica, che nutriva diffidenza e sospetto per la politica)?

E’ assolutamente un bene che la società civile, il capitale sociale, diano ancora un minimo di senso di appartenenza e incanalino energie e idee positive: ma in che direzione camminano? Puntano a ravvivare la politica (la rappresentanza), o non ci credono e pensano di poter essere in qualche modo alternativi, sostitutivi di essa? E, nel primo o nel secondo caso, che risultati si ottengono? La gente partecipa? Si producono cambiamenti significativi? E come mai, se pure la società civile sembra forte, qua o là, poi non produce nuova coscienza politica, e la popolazione col voto premia persone che non sono invece in grado di dare corpo a quegli ideali e obiettivi di fondo?

Sono tutti interrogativi ai quali si tenterà di dare qualche risposta.

 

(leggi qui il programma del convegno)

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