Ciò che manca al nostro mondo

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I cristiani sono abbastanza credenti? Viene da chiederselo guardando il degrado che colpisce ormai da tempo la nostra politica, ma non solo la nostra. Eppure la novità liberante di cui dovremmo essere portatori è proprio quello che manca in questo mondo che cambia rapidamente, sconvolgendo le nostre vite, e che sta accumulando nuove disuguaglianze e nuove guerre.

 

 

E’ tempo di “rigenerazione della democrazia”, di “rifondazione del Partito Democratico”, di “resilienza”…. Evidentemente si avverte l’assenza di qualcosa che ha lasciato un vuoto, di qualcosa che manca.  Si avverte che nel nostro mondo, sulla nostra terra, è in atto una enorme evoluzione, un cambiamento progressivo che si è fatto sempre più rapido ed ha spiazzato la organizzazione della nostra vita comune, delle nostre relazioni, e anche della nostra politica, le quali fanno fatica a sintonizzarsi con il ritmo del cambiamento, e sono diventate inadeguate alla realtà del tempo che viviamo. Siamo rimasti spiazzati.

La politica, il governo della comunità, in particolare, appare inadeguata alla realtà. Mentre l’ambiente in cui viviamo degrada progressivamente rendendo la terra sempre più difficile da abitare, le distanze fra le nazioni si fanno sempre più brevi fino a rendere i confini deboli e anacronistici e si fa evidente  la necessità che ogni nazione ha delle altre, in un rapporto di solidarietà che si rivela sempre più indispensabile, direi vitale…. La politica, invece, porta a rivendicare la sovranità di uno stato sull’altro, ad esaltare l’interesse ed il profitto di ogni individuo fino a rendere conflittuali i rapporti fra le persone e fra le generazioni,  a provocare differenze profonde fra ricchi, sempre più ricchi, e  poveri sempre più numerosi e più poveri;. L’economia, che guadagna sempre più potere, porta  a consumare oltre il necessario, a spendere oltre le proprie possibilità e quindi ad indebitarsi e impoverirsi, ad utilizzare materie che  inquinano l’atmosfera fino a renderla irrespirabile, a produrre armi sempre più sofisticate e letali destinate esclusivamente a creare dolore, distruzione ed a togliere la vita….

La realtà che stiamo sperimentando è la guerra diffusa nel mondo e giunta addirittura in Europa, dove non esistono motivazioni religiose ed etniche che possano pretenderne una giustificazione  e dove quindi ne risalta tutta la irrazionalità e la illogicità, con la incapacità di porvi fine perché i belligeranti restano schiavi di logiche ritenute insuperabili. Sperimentiamo una politica nazionale e internazionale impotente perché legata alle medesime logiche e spesso, specialmente la politica nazionale, persa in giochi di cortile per la supremazia di uno sull’altro.

Quello che manca a questo mondo è una visione più ampia e soprattutto una speranza che consenta di superare l’angusta realtà quotidiana e si ponga obiettivi liberanti: qui vedo l’apporto che potrebbero portare i cristiani, e in particolare i cattolici, grazie anche alla vitalità di un magistero che oggi è particolarmente presente nell’attualità. Non si tratta di una linea politica, di un programma di governo; i cattolici non si caratterizzano per questo, non costituiscono una parte politica, ma di una ispirazione, di una fede che dà colore all’impegno sociale e politico. I cattolici credono che verrà un tempo in cui “spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Isaia 2,4), e si adoperano perché questo avvenga  attraverso le vicende quotidiane, sono convinti che “il tempo è superiore allo spazio” e quindi che “siamo più fecondi quando ci preoccupiamo di generare processi, piuttosto che di dominare spazi di potere” perché “la grandezza della politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine” (Laudato si’ n. 178), perché “ciascuno di noi è frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno di noi è amato, ciascuno è necessario” (Benedetto XVI) . Non si tratta di inseguire utopie, irrealizzabili ma di illuminare e dare una motivazione nobile alla conduzione della vita pubblica.

Il problema sta allora nella constatazione che i cattolici forse non sono abbastanza credenti. Ma questa deve essere una preoccupazione della Chiesa, che sta compiendo un proprio cammino sinodale per rinnovarsi ed essere più presente nel mondo, non acquistando potere ma rendendosi capace di annunciare la novità liberante propria della fede dei credenti, anche e soprattutto di quelli che fanno politica.

Piergiorgio Maiardi

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  1. I cristiani possono dare un contributo significativo alla vita pubblica se, in effetti, la loro fede non è soltanto un fatto individuale e personale ma ha implicazioni sul piano dei comportamenti sociali, delle scelte e della testimonianza nella comunità. Da decenni ormai, e ancora più dal Concilio in poi, le realtà ecclesiali più consapevoli e lo stesso magistero della chiesa – vedi gli ultimi Papi e in particolare Papa Francesco – invitano laici e laiche cattolici a occuparsi con passione della “casa comune”, nelle varie forme con cui questo può essere attuato – dall’impegno personale in vari ambiti sociali e lavorativi a quello politico. In realtà sono migliaia i cattolici e i cristiani che quotidianamente – magari non sempre con la visibilità pubblica che ciò meriterebbe – danno un importante contributo per rendere questo mondo più umano, pacifico, solidale; e questo non va mai dimenticato. Nello stesso tempo, comprendo che ci sia un tema più complessivo di “direzione della storia” che ci preoccupa e spesso ci angoscia quando vediamo l’enorme difficoltà a far camminare l’umanità verso orizzonti di concordia, democrazia, libertà e rispetto di ogni persona, quando vediamo persone o persino interi popoli fatti oggetto di violenza sopraffazione, sopruso, sfruttamento. Quello che possiamo fare è sforzarci di condividere come cattolici, assieme agli altri cristiani, ai credenti di altre religioni e ogni persona o gruppo che desidera il bene, alcune direttrici che riteniamo indispensabili e su quelle testimoniare (perchè parlare senza fare quello di cui si parla non serve a nulla, anzi è controproducente), promuovere, proporre, agire. Non è detto che dal piano delle convinzioni di fondo ci sia un passaggio diretto a scelte politiche o sociali perfettamente coerenti. A volte servono passaggi intermedi, mediazioni anche faticose e magari insoddisfacenti, ma almeno si traccia un sentiero nella direzione giusta e si costruisce una prospettiva. Pensiamo ai temi ambientali: diciamoci la verità, non erano esattamente una priorità fino a pochi anni fa nel mondo ecclesiale e tra i cattolici (forse più nel mondo riformato), se non per alcuni gruppi ed esperienze: oggi, certamente anche a causa della gravità della situazione, del magistero del Papa e – riconosciamolo – dalla pressione di mondi non collegati alla nostra esperienza di fede, sono diventati patrimonio di tanti credenti, che anzi se ne stanno facendo a loro volta portatori. Lo Spirito soffia dove vuole… E qualche risultato – seppure tra mille contraddizioni – c’è stato, se non altro nella consapevolezza della gravità del problema (negato o poco considerato fino a poco tempo fa) e dell’urgenza di rispondervi, senza sottovalutare alcuni impegni presi a livello internazionale e dai diversi singoli Paesi. Anche su altri temi, per esempio la pace, ci potrebbe essere qualcosa di simile: riconoscendo torti e ragioni, aiutando chi deve difendersi da ingiuste e ingiustificabili aggressioni ma mai abbandonando lo sforzo per la ricerca della pace e di convivenze possibili. Mi fermo qui, per dire che accanto a un’analisi, doverosa della situazione, che richiama la domanda biblica, ripresa da Dossetti, su quanto manchi ancora alla fine della notte, c’è il riconoscimento che non bisogna stancarsi di lavorare – non per inseguire un’illusione, ma perchè l’esperienza ci dice che è possibile – per avvicinare l’ora dell’alba.

  2. Non so se i cristiani non sono abbastanza credenti. Sta di fatto che il loro – il nostro – modo di credere è molto umano, molto condizionato da fattori sociali, da contingenze storiche, da esperienze educative. I cristiani che ascoltano il patriarca Kyrill vogliono e benedicono la guerra all’Ucraina. Non sono abbastanza credenti? Il patriarca Kyrill non è abbastanza credente? Probabilmente lui lo pensa del vescovo di Roma, “asservito alla cultura libertaria del peccaminoso occidente”. Per quella porzione di cristiani costituita dai cattolici il discorso non cambia. Ci sono tanti cattolici che non condividono le idee di Bergoglio sulla guerra, sul pianeta, sull’economia, sulle migrazioni… Non sono abbastanza credenti?
    Può darsi invece che non siamo abbastanza “umani”. Se è così, sforziamoci di sostenere ogni lotta nonviolenta per la libertà, ogni atto di cura per il pianeta, ogni gesto di giustizia. Ci troveremo insieme a tanti che credono e a molti che non credono.

  3. A che cosa devono credere i cristiani di oggi che possa servire alla casa comune? non se ne trovano due che pensino la stessa cosa..
    Nemmeno tra i Papi.
    Sull’economia, sulla guerra sull’Europa. Biden è cattolici, è cattolica Meloni, è cattolico Draghi, in cosa si differenziano dai non cattolici?

  4. A Carla ed Angela, che ringrazio per l’attenzione dedicata al mio scritto, vorrei chiarire che, in un mondo pieno di contraddizioni create dal nostro comportamento – abbiamo paura della guerra e desideriamo la pace ma non rinunciamo a costruire le armi perchè preferiamo il profitto, ci rendiamo conto che gli stati hanno bisogno vitale uno dell’altro ed affermiamo la sovranità del nostro stato andando magari a difendere i confini da fantomatici nemici dei nostri interessi e della nostra sicurezza, ci rendiamo conto del progressivo degrado del nostro ambiente di vita che minaccia la nostra sopravvivenza e non riusciamo a fare a meno di bruciare i combustibili ammorbando l’atmosfera….- un mondo dalle vedute corte che mostra di non aver speranza, di credere solamente nell’immediato, i cristiani dovrebbero recare l’apporto della loro fede che li aiuta a vedere oltre i confini del quotidiano e della loro speranza che li aiuta a sperare nonostante l’andamento contrario delle cose. E’ questa fede e questa speranza che dovrebbero rendere i credenti capaci di atti coraggiosi e controcorrente, di dare ampio respiro alle loro politiche: non intendo esprimere un giudizio sulle modalità con cui concretamente si esprime oggi la fede dei credenti impegnati nelle questioni politiche, e se quella fede ci sia o meno, se sia troppo debole e sufficientemente coltivata e nutrita, mi limito a osservare l’attualità del nostro tempo.

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