Angelo Bertani / Per guardare il futuro e costruirlo (11 ottobre)

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Stiamo vivendo giorni impegnativi. Difficili, ma non privi di speranza. Anzi: se guardiamo indietro e ricordiamo i drammi e le ansie che abbiamo vissuto, non possiamo negare che oggi vediamo qualche luce.

Un ciclo politico sembra aprirsi dopo una stagione segnata da errori, delusioni e pericoli che hanno messo a rischio la stessa democrazia e gli ideali di convivenza civile e solidale.  Anche nella vita ecclesiale, che era divenuta sempre più triste, stagnante e persino attraversata da segni di restaurazione e di mondanizzazione, si è accesa la luce di papa Francesco, che ha ridestato tante energie umane e spirituali che sembravano  scomparse. Persino nel campo dell’economia, sul fronte delle scienze, e nel delicatissimo campo dei rapporti umani, sembra accendersi qualche luce. Forse, ad esempio, sta maturando una nuova  sensibilità in tema di immigrazione e di accoglienza dei profughi. Forse sta nascendo un maggior rispetto per le persone che vivono una condizione di diversità rispetto alla “maggioranza” o alla “normalità”. Cresce e si diffonde, soprattutto, la consapevolezza che viviamo una transizione, una trasformazione che non è né neutrale né indolore, ma che va compresa, guidata, e se possibile amata.

Forse al vecchio e nefasto atteggiamento di chiusura, incomprensione, opposizione a ciò che è nuovo (specialmente se richiede un cambio di abitudini e magari uno sforzo di comprensione e di solidarietà) si sta affiancando e infine sostituendo un atteggiamento di attenzione, impegno, disponibilità a capire, fare, cambiare … Anche se ciò chiede fatica.

Infatti la dialettica vecchio-nuovo (per la quale dobbiamo chiederci innanzitutto se esprime una contrapposizione o uno sviluppo, se è sterile o feconda) è oggetto di crescente attenzione e riflessione sia nella Chiesa che nella società civile e politica. Non a caso nelle prossime settimane si terranno anche due convegni che si propongono di scrutare il futuro affinché ciascuno sia più pronto ad assumere  le proprie responsabilità, personali e collettive.  A Camaldoli dal 31 ottobre al 3 novembre  il gruppo”Oggi la Parola” legato alla figura di padre Calati e alla tradizione fucina invita ad un Colloquio intitolato “Cercatori di futuro”, particolarmente attento all’evoluzione del rapporto tra economia e democrazia. Tra i relatori Gianni Toniolo, Roberto Tamborini, Marcello de Cecco e Italo de Sandre.  Inoltre, il 30 novembre a Bologna, per iniziativa della nostra rete c3dem, è previsto un incontro nazionale su “Il vecchio e il nuovo nella crisi globale”, nel quale confluiranno le riflessioni, preoccupazioni e speranze che da tempo si stanno sviluppando nelle nostre associazioni, e nelle nostre coscienze.

Abbiamo ben compreso, infatti, che non serve a nulla atteggiarsi a profeti di sventura e seminare un pessimismo che diventa l’alibi per la pigrizia e per comportamenti opportunistici assai poco virtuosi. Ma non serve neppure un ottimismo acritico, la convinzione che tutto poi si aggiusta …

Certo, si può pensare e sperare che anche  le difficoltà  possano diventare risorse, le crisi possano provocare rinnovamento … ma ciò non avviene automaticamente, di solito. Bisogna avere la lucidità e il coraggio di riconoscere le novità, affrontarle e guidare lo sviluppo degli avvenimenti (e dei sentimenti). Serve dunque un discernimento attento e profondo: facile capire che non possa essere compiuto individualmente, ma richieda un confronto ed una elaborazione comunitaria, lucida e paziente.

Ecco perché siamo qui, insieme. Nelle nostre associazioni, con le nostre amicizie siamo aiutati a capire quel che c’è e quel che sembra; quel che vale ed esiste davvero e quello che è solo apparenza; quello che costituisce un rischio e ciò che aiuta una speranza. Proprio perciò la cosa più importante è che il nostro stare assieme, lo scrivere e il leggere, il confrontarsi e dibattere, abbia una finalità essenzialmente culturale; anzi, direi proprio “educativa”.

In questa convinzione profonda la tradizione cattolico democratica ha sempre trovato la sua forza e la sua fecondità. L’educazione, la crescita culturale, l’elaborazione di idee e progetti è un lavoro poco visibile; ma i frutti sono poi straordinari. La formazione delle coscienze, l’elaborazione, la diffusione, l’aggiornamento della cultura e di quei valori “per cui vale la pena di vivere e di impegnarsi” è il cuore del futuro, la sorgente anche delle novità che portano speranza.

Torniamo un momento a guardare alla fase di passaggio tra vecchio e nuovo in cui ci troviamo.

Solo pochi mesi fa nella Chiesa era diffuso un senso di scoraggiamento e di delusione. C’era una inquietudine diffusa e, peggio ancora, quasi un’accettazione del venir meno di una forte e visibile presenza evangelica nel mondo. Il Concilio sembrava via via dimenticato. Molti credenti erano “perplessi”. C’erano libri che denunciavano “la fuga delle quarantenni” e l’arrivo della “prima generazione incredula”. Papa Benedetto in piazza san Pietro esclamava “forse Dio si dimenticato di noi!”. E molti dati obbiettivi confermavano una crisi di visibilità della fede … E oggi papa Francesco, venuto dalla fine del mondo, è un segno di consolazione e speranza per tutti, credenti e perfino increduli!

Naturalmente ciò non basta; una vera ripresa della presenza religiosa ed ecclesiale chiederà tempo, coraggio, lungimiranza;  richiederà fede, preghiera e azione coerente. E, soprattutto, una ripresa di fiducia sulla possibilità di comunicare (e ancor prima di elaborare e approfondire ogni giorno) una visione evangelica del mondo e dell’uomo e di Dio. Ma è un segno di novità straordinario.

I segni di novità e di rinascita si concentrano certo nell’immagine e nel messaggio del Papa: nella coscienza di milioni di persone, e nella loro vita di ogni giorno, ha fatto irruzione l’immagine e l’idea di umiltà, amicizia, fraternità, speranza, amore.  Parole, concetti che rischiavano di essere ignorati o profanati da chi si era arreso al paganesimo del consumismo e rischiava di dimenticare ogni speranza.

Anche nella vita culturale e civile c’è qualcosa di analogo, pur in misura e su di un piano ovviamente diversi. Ci sono segni di novità, di rinascita. Certo: bisogna cercarli, leggerli con attenzione, analizzarli. E soprattutto incoraggiarli, contribuire a  costruirli. Oggi addirittura, a differenza di poche settimane fa, sembra possibile il superamento del berlusconismo (come sistema politico e, diciamo così, etico-culturale).  Intendiamoci: si tratta soltanto di segnali, di possibilità che si aprono. Ma non è cosa di poco conto perché si tratta di superare una delle più radicali e mascherate tentazioni di  secolarismo e di paganesimo  “in veste clericale e perbenista”.

Certo, per vederli, apprezzarli, coglierli e svilupparli, questi segni, occorre una strategia di attenzione e di speranza. Mi sembra che i profeti di sventura abbiano già fatto abbastanza danno, ma infine abbiano torto; e che valga la pena di riscoprire il valore della speranza e dunque la voglia e la capacità di costruire. La speranza infatti implica l’idea di qualcosa di diverso, e migliore;  e  la fiducia di poterlo raggiungere!

Si può forse profilare e costruire un rinnovato ruolo storico del cattolicesimo democratico, il quale non è mai stato dei piagnoni,o dei laudatores temporis acti (cioè i nostalgici e antimoderni). Noi abbiamo fiducia.

Come dicevo, per contribuire alla rinascita servono anche scelte concrete, opere visibili, ma soprattutto bisogna  pensare, dialogare, educare, testimoniare la speranza. Noi sappiamo che non c’è il successo dietro l’angolo. E perciò bisogna riprendere a seminare idee, a coltivare progetti e coscienze. La vera urgenza del momento presente è riprendere a riflettere, dialogare, diffondere idee positive e voglia di realizzarle. È un’opera essenzialmente educativa e di testimonianza, com’è del resto nella storia del cattolicesimo democratico. Questo è anche il senso della nostra presenza ed anche di quella piccola realtà che è questo portale c3dem, che è espresso ed è al servizio anzitutto delle realtà associative che lo hanno voluto, ma che si rivolge anche a tutti gli uomini e donne di buona volontà per dialogare e sperare insieme.

Mi permetto di insistere: le vicende di questi giorni, nella chiesa e nella società, ci permettono di sperare che questo impegno per “ricostruire” possa avere successo. Ma certo non ci si può illudere che sarà una cosa breve, senza ambiguità né ostacoli. Sarà un lavoro lungo anni, non privo di fatiche e di sconfitte. Ma potrà essere un cammino positivo e dovrà essere condiviso perché non si tratta soltanto di applicare ricette o di eseguire progetti già definiti.

Quello che serve è un grande impegno collettivo per immaginare il futuro, fiducia reciproca nel condividere alcuni grandi valori, declinarli nella concretezza dell’”oggi” attraverso il dialogo. Costruire un progetto di società realizzandolo per gradi secondo le possibilità e le occasioni; sempre pronti a valutare e riflettere e confrontarsi.

Lo spirito è questo: che tra vecchio e nuovo noi non sappiamo bene come sarà il passaggio; sappiamo solo che sarà realizzato, guidato dalle persone e col loro discernimento. Il problema è aiutare le persone (aiutare noi stessi) ad essere in grado di compierlo bene…. Non formule o fanatismi, ma nutrimento sostanzioso educazione alla responsabilità.

La spina dorsale di tutto ciò non può che essere un grande impegno “educativo” (nel senso ampio e forte di lavoro collettivo per elaborare insieme un progetto culturale, morale e politico; e realizzarlo).

Non ci sarebbe papa Bergoglio senza la fatica, il pensiero, l’esperienza, la passione per l’uomo delle Chiese latinoamericane e, insieme, senza la tradizione fedele della Compagnia di Gesù.

Non ci sarebbe stato Aldo Moro e non ci sarebbe oggi Enrico Letta e non ci sarebbero stati tanti uomini politici, anche in Italia, oggi e in passato, che hanno saputo costruire e poi difendere la democrazia, senza il lavoro silenzioso di tanti gruppi, associazioni, educatori religiosi e laici che già durante il fascismo e poi nella Resistenza, nella Ricostruzione e poi nelle tentazioni del consumismo…. Né ci sarebbero tanti cittadini onesti e coraggiosi, né i volontari per i mille servizi di cui la società ha bisogno, né quelli che stanno con  gli ultimi, che aiutano i profughi o i malati o i bambini … non ci sarebbero se qualcuno non gli avesse fatto intendere che non c’è solo il danaro, il successo, il potere… Che la vita civile non è solo scontro ma anche e soprattutto incontro, servizio. Che “la politica può essere amore e progetto” come diceva Arturo Paoli….

Insomma: non ci sarà un futuro migliore senza una nuova generazione di “educatori”, cioè quelli che ci tirano fuori dal tran tran quotidiano e ci fanno scoprire quanto è bello conoscere, rispettare, aiutare, amare, stare accanto a chi ha bisogno, guardare con serenità e generosità verso il futuro, insieme…  E sono educatori anche coloro che aiutano a leggere la realtà con attenzione, scrupolo e fiducia perché la realtà, quella quotidiana e quella”storica”, è voce di Dio che interpella, insegna molte cose, offre alla meditazione  vicende terribili e scandalose, insieme ad esempi positivi. E bisogna imparare a discernere, a scegliere, a impegnarsi con generosità, che può diventare talora eroica. Ma anch’essa è possibile se c’è una speranza.

Io penso sempre alle vicende dell’ultima guerra mondiale, al sacrificio di militari e civili; e soprattutto al coraggio di quelli che, in circostanze difficilissime e con pochissime prospettive di successo, seppero tuttavia resistere, in tanti e diversi modi, ma sempre sorretti dal coraggio e dalla speranza. Poterono far così perché avevano intuito, e soprattutto qualcuno glielo aveva spiegato in maniera credibile, che si può e si deve riconoscere ciò che è male, resistergli, contrastarlo, correggerlo e vincerlo. Ciò è possibile solo se si è animati da una grande speranza. Senza questa speranza la resistenza e la lotta avviene solo per difendersi e contrastare il male; è “contro qualcosa o qualcuno” più che “per un ideale possibile”. E dunque è assai più debole e forse ambigua; e non sempre giunge a costruire qualcosa di meglio di quel che si riesce a distruggere.

Ecco, credo che noi oggi dobbiamo cercare (e cercare di essere) anzitutto educatori (e specialmente educatori alla speranza). Naturalmente non si tratta di salire in cattedra. L’educazione tra uomini liberi e adulti avviene nello stare assieme,  nel dialogo, nella collaborazione, anche nel dibattito. Solo così si “trae fuori” da ciascuno il meglio; e lo si condivide. Per questo, nonostante tutte le nostre debolezze ed errori e pigrizie, io credo fermamente che dobbiamo prender coscienza che già quel che facciamo ogni giorno, in famiglia, parlando, scrivendo, lavorando, esprimendo con calore e verità le nostre convinzioni (la nostra lettura della realtà, i valori in cui crediamo, le luci che vediamo all’orizzonte…) tutto ciò non è soltanto educare-educarci, ma è seminare speranza e fare veramente  politica. Solo così potrà nascere una nuova “classe politica” che non sia un ceto chiuso di arrivisti, e nel Paese,  in treno o al bar, si potrà parlare della politica come del nostro impegno comune, della speranza di un clima nuovo in cui tutti abbiano pane, spazio, serenità e fiducia nei concittadini e nel futuro.

Certo, per continuare a sperare che tutto ciò possa avvenire ci vuole una convinzione che sfiora la testardaggine. Eppure AndreaTrebeschi, educatore e resistente, poco prima di esser deportato e di morire a Gusen di Mauthausen, scrisse queste parole che mi risuonano spesso nella coscienza; e qualche volta me le ripeto come se fossero una preghiera: «Se il mondo fosse monopolio dei pessimisti, sarebbe da tempo sommerso da un nuovo diluvio; e se oggi la tragedia sembra inghiottirci, si deve alla malvagità di alcuni, ma soprattutto all’indifferenza della maggioranza. Il “credo” di troppa gente non ebbe, fin qui, che due articoli: “non vi è nulla da fare”, “tutto ciò che si fa non serve a nulla”. Quel che importa è che ognuno, secondo le proprie possibilità e facoltà, contribuisca di persona alle molte iniziative di bene, spirituale, intellettuale e morale. Un mondo nuovo si elabora. Che sia migliore o ancor peggio, dipende da noi» .

Angelo Bertani

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