Voci incrociate sull’atteggiamento della Chiesa nei confronti di Monti (mons. Negri, Rosy Bindi, Spinelli, Luigino Bruni…)

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Per verificare un qualche passo indietro della gerarchia della Chiesa rispetto a Monti, La Stampa del 2 gennaio intervista il neo vescovo di Ferrara, mons. Luigi Negri (“Dal Vaticano più prudenza nell’appoggio al Professore”), da sempre vicino a Comunione e Liberazione, che, dopo aver detto dei vescovi “noi educhiamo i fedeli, non li telecomandiamo nell’urna”, osserva: “Non c’è traccia di temi etici nella sua Agenda e quindi mi chiedo come si possa parlare di appoggio della Chiesa” e conclude: “E anche l’enfasi posta sul cambiamento di stile nella vita pubblica mi sembra superficiale. I libri sono pieni di dittatori assolutamente sobri” (!). Con tutt’altro, un po’ criptico discorso, Barbara Spinelli su la Repubblica teme anch’ella una sorta di dittatori (“Quando arrivano i guidatori”), ma l’accusa va anche proprio a Comunione e Liberazione 8e anche a Ingroia). Su il Giornale Laura Cesaretti raccoglie un po’ di voci (tra cui Monaco e Ceccanti) per sostenere che “l’endorsement dei vescovi non spaventa destra e sinistra”. Intervistata su Il Messaggero, Rosy Bindi sostiene che quello della Chiesa con Monti in questi giorni è stato “un atteggiamento abbastanza inusuale, soprattutto dopo il Concilio”, “non lo si vedeva da tempo”. Poi rileva che da tutti i sondaggi emerge che “la forza politica che allo stato raccoglie di più il voto dei cattolici è il Pd” e aggiunge che “in questo momento c’è bisogno che le indicazioni della dottrina sociale della Chiesa siano messe al servizio di un cambiamento vero di paradigma economico” e che “il mondo cattolico, nell’affacciarsi alla vita politica, dovrebbe in questa fase schierarsi su posizioni molto avanzate e non su posizioni moderate, liberiste, con qualche rischio di venatura tecnocratica (…)” (“Bindi: il partito con più voti cattolici è il Pd”). In un certo senso a un cambio di paradigma allude anche l’economista (vicino ai Movimento dei Focolari) Luigino Bruni che, in un editoriale sull’Avvenire (“La parola dell’anno”), scrive che, dopo l’anno della Economia, il 2013 deve essere l’anno della Politica: “il pan-mercatismo di questi decenni” – scrive – ha finito per convincere “tanti di noi che la logica degli interessi sia la sola vera e realistica”; mentre “gli uomini, e ancor più le donne, sono capaci di agire anche per interessi più grandi di quelli privati; negarlo significherebbe negare l’umanità e la dignità della persona”. Bruni conclude proponendo di ridare “forza profetica e fiducia in se stessa alla politica” e rilanciando la “Economia Civile, fondata sulla reciprocità e la pubblica felicità” di cui fu alfiere Antonio Genovesi (l’Avvenire se ne occuperà più avanti, dice Bruni, poiché il 2013 è il 300° anniversario della sua nascita).

 

 

 

 

 

 

 

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