Un’analisi politica de il Regno, con un quid di cinismo

Sull’ultimo numero de il Regno Attualità (n. 2, 2012) Gianfranco Brunelli firma un editoriale intitolato “Il tripartito? Dal governo Monti alla prossima legislatura” (www.ilregno.it).  Il direttore de il Regno sostiene che con la bocciatura, da parte della Corte costituzionale, dei due quesiti referendari abrogativi della legge elettorale, si chiude un’intera stagione politica e si segna la fine di un ciclo di riforme istituzionali. Si allontana, pertanto, la possibilità di avere un sistema maggioritario che consenta – scrive – ai cittadini di decidere”. Secondo Brunelli sarebbe in atto un tentativo di ritorno al multipartitismo polarizzato, a quella che chiama “una partitocrazia senza partiti”. Nella sua analisi Brunelli offre una lettura impietosa del Pd (“ha mancato all’appuntamento storico con la cultura liberal-democratica”), rimasto attaccato alla forma partito e alla sua unità a tutti i costi. Non riserva un giudizio positivo neppure al Pdl, incerto tra l’alleanza con la Lega o con l’Udc, né alla Lega, divisa tra Bossi e Maroni. L’aspetto più interessante della sua analisi è la riflessione condotta sulla politica neocentrista dell’Udc di Casini. Politica che Brunelli vede contrastata, paradossalmente, dalla Conferenza episcopale italiana e persino dalla Santa Sede, che su questo punto sembrano – dice – sostanzialmente concordare. Per la gerarchia ecclesiastica l’esperimento neocentrista di Casini non avrebbe i numeri, e dunque non può essere quello l’approdo. Piuttosto, “le gerarchie ecclesiastiche guardano a un modello europeo, al Partito popolare europeo”, il che significa, oggi, mettere insieme Pdl e Udc (ma senza più Berlusconi, che appare del tutto bruciato). Questo sarebbe l’approdo desiderato. Il Partito popolare europeo sarebbe in grado di “riprendere quasi per intero lo spazio politico elettorale che fu della Dc” e lasciare stabilmente all’opposizione il Pd, nel quale, del resto, la presenza dei cattolici “è ricondotta – sostiene Brunelli – nel migliore dei casi a un ruolo testimoniale”. Brunelli riconosce che il Partito popolare europeo (Pdl + Udc) è culturalmente un’altra cosa rispetto alla Dc, ma osserva l’esperienza storica della Dc; ma quella Dc, “un’intera generazione cresciuta in Azione cattolica” è “finita con Moro” e, nel decennio successivo alla morte del leader Dc era venuta fuori “una Dc diversa, pienamente secolarizzata, nei pensieri e nelle abitudini, nei comportamenti e nei valori”. Una Dc che “non tematizzava più il confronto filosofico e teologico tra morale e politica”. E il tentativo successivo di raccogliere i resti di quella felice stagione politica – avvenuta sotto la definizione di “cattolicesimo democratico” – è naufragato nell’esperienza dell’Ulivo. In conclusione, per Brunelli, “in una compagine di centro-destra moderato, la gerarchia vede non la possibilità di una condivisione generalizzata di valori, ma la possibilità pratica che vi trovi spazio in maniera nuovamente influente una quota di classe dirigente cattolica, tale da salvaguardare alcune posizioni”. Dunque non la linea di Todi, che è “un pasticcio”, non più lo strumento dell’unità politica dei cattolici. Piuttosto i valori non negoziabili e l’affermazione del diritto di intervenire pubblicamente sui temi che maggiormente riguardano la gerarchia.

Ecco il testo integrale della’articolo di Gianfranco Brunelli Il tripartito?

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