Riforme. Dai costituzionalisti un no chiaro e sereno

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Il documento sulle riforme costituzionali sottoscritto da 56 costituzionalisti che si conclude con un no chiaro ma sereno alla riforma Boschi si segnala per due ragioni. La prima: la qualità e la quantità delle firme. Vi figura indiscutibilmente il meglio della nostra cultura costituzionalista. Quasi tutti ex giudici della Consulta. Undici presidenti emeriti di essa. Molti di loro avevano già espresso pubblicamente le loro riserve, più o meno marcate, lungo l’iter parlamentare della riforma. Sarebbe stato saggio dare loro ascolto, anziché fare grossolana ironia sui professoroni. Il contributo di competenza e di esperienza di studiosi e operatori del diritto di quel livello meritava ben altra attenzione nel mentre ci si applicava a riscrivere un terzo della nostra Carta fondamentale. Su tale materia, fare corrispondere buono e cattivo alla polarità innovatori-conservatori è una pura sciocchezza. Seconda ragione: la misura, l’equilibrio nel giudizio. Nel documento si dà atto delle buone intenzioni e delle luci della riforma. Si dà mostra di non indulgere al feticismo costituzionale e di non muovere da un pregiudizio. Più concretamente e analiticamente, si mettono in fila apprezzamenti e critiche e, solo a modo di conclusione, in vista del referendum costituzionale, ci si esprime per il no. Con robusti argomenti di merito e, più ancora, di metodo (l’improprio attivismo del governo su materia eminentemente parlamentare; la stretta maggioranza di governo; la politicizzazione sino allo snaturamento del referendum confermativo).

In particolare, le critiche dei costituzionalisti si possono riassumere così: 1) pur condividendo l’esigenza di superare il bicameralismo e di ridisegnare il rapporto tra Stato e regioni, le soluzioni adottate non convincono neppure sotto il profilo della semplificazione e dell’efficienza del sistema istituzionale, cioè della funzionalità sulla quale hanno posto l’accento i promotori del ddl Boschi; 2) l’impianto complessivo della riforma difetta di equilibrio e armonia (tra i poteri dello Stato, tra rappresentanza, governabilità e garanzie dei cittadini, tra Stato centrale e autonomie territoriali), di cui si nutrono le buone Costituzioni; 3) le forzature nel metodo che si è seguito e che ancora si profilano nel prossimo referendum costituzionale caricato impropriamente e a dismisura di una valenza politica ultimativa (una sorta di ordalia) contraddicono lo spirito della Costituzione, intesa come patto di convivenza, come regola fondamentale che unisce nell’avvicendarsi delle maggioranze politiche e di governo. Come notano i firmatari, a conferire al prossimo referendum una intonazione plebiscitaria concorre il carattere disomogeneo e non limitato del quesito e dunque il prendere o lasciare l’intero pacchetto di una riforma che invece avrebbe dovuto articolarsi in titoli distinti, con leggi costituzionali e referendum a loro volta distinti. Come chiedono i Radicali e come invocava nel 1994 il vecchio Dossetti.

È da sperare che questo qualificato contributo al confronto referendario possa contribuire a correggere l’impostazione data ad esso dal governo. Nel senso cioè di un sereno e argomentato giudizio sul merito della riforma. Non su altro. Non sul premier, non sul governo. Non sarà facile considerato il clima esasperatamente divisivo e polemico nel quale si è giunti al varo parlamentare della riforma. In ogni caso, la cura di distinguere, come si dovrebbe, la sorte del governo (e dell’avventura renziana) dal quesito referendario va coniugata con la consapevolezza – questa la mia opinione, ma penso oggettivamente – che è più importante la Costituzione che non la sorte di un governo, fosse anche il migliore dei governi.

 

Franco Monaco

 

2 Comments

  1. Caro Franco,
    come spesso oramai mi capita, dissento con te. salvo ovviamente sull’ultimo punto, anche se – diciamolo – ogni referendum ha sempre una valenza politica. In quelli costituzionali del 2001 e del 2006 il centro sinistra si schierò per i l SI’ nel primo caso (riforma D’Alema Amato del titolo V) e per il NO nel secondo caso (riforma Berlusconi), e viceversa i l centro destra: anche a prescindere dal testo, ed i ltitolo V del 2001 non fu certo un esempio di chiarezza giuridica…
    Quanto al parere dei costituzionalisti, li seguirei se tutti costoro avessere in comune UNA SOLA UNIVOCA PROPOSTA DI RIFORMA CONDIVISA: temo invece che ce ne siano 59…
    Per fare un esempio.
    Si contesta da parte di molti (esempio 5 stelle) il fatto che al senato andranno i consiglieri regionali, espressione di una clase politica corrotta (tutta corotta?).
    Anche per evitare di avere senatori tutti “nominati” (Bersani docebat) è stato dunque deciso che siano i cittadini, de facto, ad eleggerli – proposta della sinistra dem in Senato.
    Ma i consigleiri regionali attuali, presenti passati e futuri, mica li ha nominato il segretario dell’ONU. Tranne che in Toscana, sono tutti stati eletti con le preferenze! E – diciamocelo . le preferenze sono semrpe state fonte di corruzione…
    Onida, invece, sul Corriere ha proposto il modello tedesco, dove sono i governi regionali (dunque solo le maggioranze regionali) a nominare, con vincolo di mandati, i membri del bundesrat.
    Vogliamo un senato elettivo – come vuole Bersani? oppure un senato di nominati, come vuole Onida? Chi si oppne alla riforma Boschi vuole una cosa o vuoe l’altra? Aspetto dai 59 una risposta, il compromesso attuale mi sembra un buon punto di partenza per eventuli futuri ritocchi.
    Aggiungo infine: se chi è per il NO vuole mantenre il bicameralismo perfetto attuale, la posizione è legittima, anche se credo poco condivisa e condivisibile.
    Ma se chi è per il NO ritiene che il bicameralism vada superato, ma che la legge Boschi vada perfezionata, allora voti SI. Superiamo il biìcameralismo e procediamo .- anche sulla base dell’esperienza – a nuovi ritocchi.
    credo francamente che se vincessero i NO, caro Monaco, difficilmente nei prossimi 10 anni un Senato ed una Camera (oltretutto probabilmente eletti con la vecchia proporzionale) si metteranno ad abolire/riformare nuovamente il Senato dopo un voto popolare che lascia le cose come stanno.
    Ha ragione “re Giorgio”: ora o mai pià, hic Rodhus hic salta
    Guido Campanini
    (tesi ampiamente discusse e condivise … dalle famiglie Campanini, sappi che sono già nonno)

  2. Sono un ignorante,come tanti….e quindi mi sto interessando presso di voi Costituzionalisti di lungo corso e mi domando: come pensa si potrà migliorare la legge,una volta confermata con i tempi ETERNI del nosro Paese?
    : quali sono i “contrappesi ” istituzionali da opporre ad un governo super potente quale potrà venir fuori dal sistema elettorale partorito dall’Italicum ?
    Non mi sento tranquillo con l’ossessione per il potere che si respira oggi tanto più che siamo in tempo di milioni di scontenti per loro buone ragioni !Grazie

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