POPOLI E MISSIONE: sulla prepotenza dell’economia speculativa – SERVITIUM: ascoltare-parlare-ascoltare. ADISTA: papa Francesco incontra il vescovo Jacques Gaillot – HOREB: “Il vostro ornamento non sia quello esteriore”.

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Popoli e Missione è un mensile di informazione e di azione missionaria edito dalla Fondazione Missio cioè dalla sezione italiana delle Pontificie Opere Missionarie. Contiene dunque informazioni non solo sull’azione missionaria in senso stretto, ma sulla realtà e i problemi di tutto il mondo, con uno sguardo particolarmente attento ai temi religiosi, educativi e sociali. È interessante ad esempio, sul numero 7 (di agosto) il servizio sulla Libia post-Gheddafi e la riflessione sull’enciclica Laudato sì o sulla beatificazione di mons Romero svoltasi a El Salvador lo scorso 23 maggio. Ma ci sono anche “notizie italiane”, come quella che in provincia di Latina vivono 25 mila persone “spesso impiegate come braccianti nelle aziende pontine e non di rado sfruttate come schiavi”. Sono braccianti indiani, perlopiù Sikh originari del Punjab. Altre comunità Sikh, spiega Ilaria De Bonis, si trovano in Italia (per esempio a Brescia o a Reggio Emilia) ma sono meglio integrate e trattate civilmente. Una notevole attenzione è poi rivolta all’EXPO in corso a Milano e si esprime una motivata preoccupazione sulla prepotenza dell’economia speculativa anche in campo alimentare. Anche il mercato dei cibi, spiega il dossier, è molto più al servizio della speculazione, anche finanziaria, che impegnato a distribuire equamente (pur con un giusto guadagno) il cibo a tutti gli uomini. Come sarebbe possibile.

Parlare e ascoltare. Nella stagione di Papa Francesco abbiamo tutti l’occasione di riflettere e correggere la diffusa abitudine di parlare tantissimo e ascoltare molto poco. Al tema è dedicato il numero220 di Servitium, quaderni di ricerca spirituale che ha la redazione a Sotto il Monte. L’idea centrale, molto importante e vera, sulla quale poco si riflette, è che noi siamo più abituati alla successione di parlare-ascoltare-parlare piuttosto che a quella di ascoltare-parlare-ascoltare. Ciò vale nella vita di fede di fronte alla Parola di Dio, ma vale anche nel rapporto tra le persone e nella vita quotidiana. Ed è molto importante nella vita ecclesiale: basti pensare al Concilio, la cui fecondità è nata in gran parte dalla priorità dell’ascolto (della Parola, dei segni dei tempi, della voce degli ultimi… Tra gli autori delle bellissime riflessioni che compongono il fascicolo (che potrà essere letto in spirito di “ascolto” e con frutti preziosi…): Enrico Peyretti, Franco Mosconi, Luigi Bettazzi, Italo De Sandre, Giovanni Nicolini, Giuseppe Barbaglio, Giancarla Codrignani (che spiega come avremmo una migliore classe politica se essa imparasse ad ascoltare di più…).

“Almeno un poeta ci sia/ per ogni monastero:/ qualcuno che canti/ le follie di Dio./ La città non conosce/ più canti./ Le strade stridono/ di rumore:/ e anche là dove ancora/ pare sopravviva il silenzio/ è solo muta assenza/ Ma in qualche parte/ tu devi esserci, Signore.”. L’invocazione poetica di padre David Turoldo ispira la riflessione di Giuseppe Grampa, direttore del Il Segno, sul numero di settembre del mensile della diocesi di Milano.

Adista (n 30 – notizie) informa che papa Francesco ha ricevuto lo scorso 1 settembre il vescovo francese Jacques Gaillot che vent’anni fa era stato emarginato per le sue opinioni in materia di ordinazione di uomini sposati, uso del preservativo, relazioni omosessuali e per la sua opposizione alla guerra del Golfo. L’incontro ha fatto seguito alla lettera che Gaillot aveva scritto al Papa lo scorso novembre, ringraziandolo per gli sforzi compiuti affinché la Chiesa stia al passo con i tempi.

“Il vostro ornamento non sia quello esteriore … ma piuttosto l’umano nascosto nel cuore, un’anima incorruttibile, piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio…”. Queste parole della prima lettera di Pietro aprono il numero 71 (maggio/agosto 2015) della rivista di spiritualità Horeb. Tutto il fascicolo è attraversato da un’intuizione: bisogna – si può, si deve – riscoprire ciò che è veramente, autenticamente“umano”. Può essere questo il programma della vita personale così come di quella familiare, civile e politica, fino a quella internazionale. Capire, scoprire, credere ciò che è più vero, più essenziale alla nostra vita significa fondare la vita personale e comunitaria su ciò che è davvero umano e dunque vero e prezioso, a cominciare dall’amore. Ecco: riscoprire il progetto di un mondo umanizzato. Creare tra le persone (i vicini, ma anche i lontani) relazioni veramente “umane”. Scoprire che l’ “umano” è valore relazionale, non autoreferenziale, che la speranza (ed anche la fede e la carità) non sono autentiche se non sono davvero “umane”, impastate con la carne, il sangue, la verità e l’amore dell’uomo, cioè quello che l’uomo cerca davvero. Anche la Chiesa, la vita comunitaria e quella liturgica sono strade e occasioni per scoprire e mettere in pratica la nostra migliore umanità, per essere più umani. Ce lo insegnano con l’esempio tante persone, umili e grandi. E come dimenticare papa Giovanni e papa Francesco? Non sono esempi anzitutto di umanità autentica, piena di verità e di amore?

(a.  bert)

 

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