Su “la Repubblica” del 9 ottobre lo storico e politologo Guido Crainz offre una riflessione interessante: I nodi del dopo-Monti. Parte dalla constatazione che la sinistra parla troppo poco di Europa (mentre ne parla la destra ma per criticarla) e poi fa tre osservazioni: (1) che “francamente stride la parola d’ordine che si sente sempre più spesso nel dibattito tra i partiti: ‘Monti ha salvato il Paese, ora tocca alla politica’. Per fare che viene purtroppo da chiedere, dato che essa è stata sin qui incapace di riformare se stessa”; (2) che “mai forse l’assenza di una laternativa riformatrice chiara e riconoscibile è apparsa così chiara e riconoscibile” e che “alla base del relativo successo del sindaco di Firenze vi è soprattutto l’insofferenza esasperata e diffusa per un’oligarchia inamovibile, incapace di fare i conti con le proprie sconfitte e con le proprie inadeguatezze”; (3) che c’è da chiedersi se “ha davvero senso accogliere nella coalizione e nelle primarie chi, come Nichi Vendola, si dichiara oppositore deciso del governo Monti e ha rafforzato in questi mesi il proprio legame con Antonio Di Pietro, del tutto estraneo a una logica riformatrice?”.
Il perché del superamento di Monti cerca di spiegarlo, per il Pd, Stefano Fassina su “il foglio” (Rottamare l’agenda Monti), il quale sostiene che siamo in un’altra fase politico-economica rispetto a quella del governo Monti e della sua politica. Mentre su “Europa” Marco Follini prova a dire dove hanno sbagliato Bersani e Casini a non cercare, adesso, seriamente un accordo (La prigione di Casini), e Stefano Menichini prova a dire i rimproveri che Renzi merita e quelli che invece non merita e che sono i più numerosi in seno al Pd (Come non criticare Matteo Renzi). Di Renzi e degli aspetti “cattolici” della sua biografia, su “La Stampa“, Andrea Tornielli fa una sorta di rapido profilo: Matteo il cattolico liquido tra gli scout e l’arcivescovado