Note su i valori cattolici, il Pd, i diritti civili. I due opposti integrismi

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Abbiamo ricevuto un contributo sul rapporto tra politica e questioni etiche. Lo pubblichiamo augurandoci che altri vogliano intervenire

 

Se è vero che il previsto “Todi 3”  romano è saltato per evitare contrasti sui principi non negoziabili e per abbandonare il lancio di un’ Opa cattolica sul centro di Monti, vuol dire che in questa occasione la ragione ha prevalso sulla passione. Impedire conflitti religiosi e divisioni sulla tutela di quei “principi”  che spesso  convincono anche non credenti, così come abbandonare  l’illusione di un ritorno all’unità politica che non convince nessuno, specie l’ormai maturo  pluralismo delle scelte,  vuole anche dire stare con i piedi per terra della storia. Prudenza somma è infine tenere bassa la voce su questioni che interessano l’antropologia dei nostri tempi. La donna e l’uomo. La vita e la morte. La famiglia.

1) Dunque le attese di alcune associazioni cattoliche todine, decise a fare delle leggi “eticamente sensibili” un punto prioritario del programma politico dei partiti di centro nel corso della tornata elettorale – quasi a farne una bandiera identitaria del montismo –  sono andate deluse. E  benché la contrarietà di  Monti alle nozze gay , ribadita anche nei comizi, fosse da tempo nota,  allo stesso Monti e a tutti coloro che hanno suggerito di soprassedere va dunque il merito di avere allentate le possibili tensioni.

Dal fallimento dell’incontro ci rimane però  una lezione. Quella che ci ha fatto ancora una volta capire che esiste un ultracattolicesimo integrista disponibile a sporcare la fede con la politica, sovente con l’aiuto di una parte di gerarchia e di qualche parroco preso dalla sindrome dei manifesti  da affiggere sul portone della chiesa. Più spesso ricorrendo ai farisei e ai mercanti del tempio dei giorni nostri che offrono la loro collaborazione più per opportunismo che per convinzione.

Mentre il cardinale Bagnasco prende ufficialmente le distanze da queste derive  intransigenti, non si sbaglia tuttavia di molto se si pensa che questo integrismo abbia una sua buona base anche dentrola Chiesa. Unabase appoggiata  da associazioni laicali, che nutre nostalgie autoreferenziali e autosufficienti: specie per la dimensione politica per la quale si è discusso da due anni a questa parte a Todi  sull’opportunità di ritornare alla Dc.  In queste isole felici , il misurarsi con i cambiamenti epocali con la crescita del sapere , la globalizzazione, il dialogo col mondo, il confronto delle proprie ragioni con quelle degli altri, la mediazione al male minore, sembra non abbiano dimora.

2) Ad onor del vero , la prudenza e la ragionevolezza sono state però ricompensate. Perché un integrismo simmetrico si fa sentire, questa volta ad alta voce, da un certo radicalismo presente in altre “famiglie culturali”. Con conseguenze non semplici per la  convivenza pacifica del nostro Paese che ha nei prossimi anni altri problemi urgenti da affrontare e risolvere. E’ successo che mentre una Parigi tradizionale,  spinta dalla Chiesa di Francia ma avversata dalla storica laicitè de gauche,  si preparava a scendere in piazza per contestare la decisione di Hollande di permettere le nozze gay, la nostra Corte Costituzionale stabiliva   che una coppia formata da due donne può avere in affido un bambino. Abbiamo letto che in Francia c’è stata molta tolleranza. E la Francia di sinistra,  in maggioranza favorevole al matrimonio gay e pur avendo messo in cantiere una contromanifestazione, si è sorprendentemente divisa sull’adozione e la fecondazione assistita. Anche perché sugli striscioni cattolici lungo la Senna,  poteva leggere molta comprensione:  «Siamo per la famiglia e i bambini, non contro i gay». Forse proprio per questo , e tranne qualche eccezione,  si è  saputo che gli intellettuali  di tutto il fronte laico-non credente,   consapevoli della delicatezza del tema, sono rimasti in rispettoso silenzio. Appartati. E hanno preso le distanze dalla piazza. Mentre addirittura gruppi di socialisti, cattolici e non cattolici di sinistra, atei,  sono stati dalla parte dei manifestanti.

Non così in Italia. Dove invece la sentenza della Consulta, andando al di là del merito del caso specifico, ha scatenato  i media, “lettere ai direttori”, articoli,  l’universo web. Con anticlericalismi e un “basta ai pregiudizi” della Chiesa. Uno “stop al Vaticano”. Le èlite intellettuali hanno poi tirato in ballo in qualche commento l’obiettività della scienza, mai da falsificare e discutere nella sua versione sociale ed etica,la Costituzione e il diritto all’autodeterminazione. Hanno disturbato la scienza democratica dimenticandosi della coscienza democratica.  Arrivando a colpevolizzare la politica e i partiti che si stanno disinteressando della questione. Insomma si sono uditi toni di evviva sulla sentenza, chiamando in causa l’oscurantismo della Chiesa e la laicità dello Stato italiano.

3) E’ dopo aver letto e sentito tutto ciò,  che mi sono ricordato di un incontro, sul finire del novembre scorso, in un Circolo Pd di Roma. Si doveva discutere di primarie e della scelta del premier. Che era ristretta, come si ricorderà,  tra Bersani e Renzi. Nel corso degli interventi un giovane se ne è uscito invocando proprio il matrimonio tra gay e il loro diritto di adottare bambini: “…che  il Pd non dovrebbe delegare   a Vendola…su cui i candidati tacciono  …per colpa della Chiesa che invece  parla molto”.  Subito dopo si è intromessa una signora col dente avvelenato contro  i preti, l’Imu degli enti ecclesiastici, l’ora di religione, il Vaticano e quant’altro. Alcuni presenti hanno annuito. Altri hanno preferito il silenzio abbassando la testa. Che ci sia crisi nel modello di famiglia  tradizionale ormai lo percepiamo. E bisogna in qualche modo dare risposte. Ma devo ammettere che in quell’occasione  questi interventi mi sono sembrati sintomi di alcuni convincimenti carsici sotto forma di anatemi laicisti ottocenteschi, ancora vivi e vegeti in certi segmenti della sinistra italiana. Non solo intellettuale. Certamente memori e pronti a fare pagare alla Chiesa Centrale la, ahimè,  quasi ventennale sponsorizzazione del berlusconismo. Ma evidentemente  ignari  della Carta d’Intenti del Pd dove il gruppo dirigente ha inserito la tutela dei diritti civili accanto a quelli politici e sociali.

Detto ciò non è a mio avviso ancora chiaro, specie ad alcune frange del  massimalismo nostrano,  che la Chiesafa il suo “mestiere”. Forse ne fa poco nell’annuncio del Vangelo e della pastorale sociale.  Pochissimo nel trasmettere e promuovere spiritualità che potrebbe  recuperare nell’Anno della fede. . Anche perché preferisce spesso la scorciatoia costantiniana del collateralismo politico per la tutela dei propri diritti e per l’annuncio dei suoi valori e principi, al posto del suo apostolato e del suo pieno diritto di parola. Ritengo poi persuasa di lasciare allo Stato laico, nella sua piena “indipendenza e sovranità” , qualunque decisione definitiva. Cose che dovrebbero essere note.

Con un particolare non secondario. E cioè che in questi reciproci spazi di indipendenza, la giustizia sociale e le diseguaglianze, il lavoro, la famiglia di seconda settimana, i carcerati, i disoccupati, i poveri e gli esclusi, insomma le fonti evangeliche della dottrina sociale della Chiesa,  una volta declinate e presenti nello spazio pubblico vengono sovente condivise anche  da certo anticlericalismo e laicismo agnostico. Credenti e non credenti. Cattolici e non cattolici.

Sopportando a malincuore le opzioni politiche ormai plurali del suo laicato, spero che la gerarchia sia allora consapevole delle critiche a cui espone se stessa e la sua base cattolica quando “prende partito politico” per tutelare i suoi valori. Peraltro nella errata convinzione che le parrocchie e le diocesi, associazioni e gruppi, seguano i suoi endorsement.

4) Sebbene immersi in quella cultura del dialogo avviata col Concilio e arrivata ai nostri giorni sin nei “Cortili dei Gentili” e nelle “Cattedre dei non credenti”, riaffiorano dunque,  specie nelle avanguardie della sinistra intellettuale italiana e del radicalismo, alcuni segnali di incomunicabilità e insofferenza. Contro le ingerenze e tutto ciò che sa di Chiesa. E a difesa del soggetto fai-da-te, monade sociale,  tanto caro a certa filosofia neoliberista innamorata dell’”individualismo metodologico” da utilizzare  in ogni settore di ricerca sociale, e base “razionale” dell’ultrarelativismo e dei diritti civili. Se facciamo bene attenzione si tratta di avanguardie che remano contro la filosofia personalistica cristiana, e dunque forse contro la nostra stessa Costituzione. Distanti dalla fede cristiana la quale quando  non è solo storia è, per una sinistra d’antan, sovrastruttura della base economica e della borghesia padronale che dopo il Concilio e Giovanni XXIII,  il dialogo epistolare tra Enrico Berlinguer e mons. Bettazzi aveva già dai miei tempi definitivamente accantonato.

5) Concludo. Il progresso possibile avanza a colpi di prove ed errori non solo nella scienza ma anche nella storia dell’uomo. Il riformismo sottende invece quel gradualismo  temperato e realistico estraneo dalle “rivoluzioni”,  e si accontenta di fare passi successivi scegliendo di volta in volta nelle sintesi il male minore nel rispetto di un humus condiviso e dei sentimenti profondi del Paese.

La secolarizzazione dei costumi e il disincanto del mondo della tarda modernità nascondono spesso un desiderio di famiglia come luogo di socializzazione primaria dove il legame affettivo gioca un ruolo duraturo e insostituibile per la successiva  socializzazione secondaria più orientata alla conoscenza e ai rapporti sociali diversificati. Un desiderio che nessun progresso, nessuna scienza positiva,  nessun sondaggio, nessuna statistica sui divorzi e le convivenze sarà in grado di portare alla luce.  Mentre nella  più ampia sfera  sociale rimane invece vivo  un bisogno di trascendenza e una domanda di religioso, che, come suggerisce Bauman, nella nostra società liquefatta rimangono inespressi, ma che lievitano nei dubbi e nei rivoli più profondi della nostra coscienza secolarizzata.

Pensare al tutto per ottenere il tutto è solo massimalismo autoreferenziale, che non fa i conti con la realtà. Qualche volta con un seguito di conflitti culturali e religiosi , di cui non ne avvertiamo il bisogno.

Qualche altra volta con ingiustificabile indifferenza su questioni che per la loro serietà meritano invece risposte ponderate.

Nino Labate -Roma

 

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