Napolitano e il papa: due saggi

| 0 comments

Non è sempre vero che chi è avanti negli anni tende a ricordare soltanto il passato, magari rimpiangendo il tempo trascorso; così come non è sempre vero che i vecchi siano pieni di saggia vitalità in grado di aiutare i più giovani a districarsi nelle difficoltà della vita moderna. Esistono tuttavia persone che ‘dall’alto degli anni’ sono in grado di elargire ai più giovani tratti di alta saggezza. Napolitano e papa Francesco uniscono alla lunga esperienza accumulata negli anni l’amore disinteressato per gli uomini chiamati a servire nelle istituzioni: l’uno la Repubblica italiana e l’altro la Chiesa. Essi hanno dato prova negli ultimi tempi di  una grande saggezza raccomandando il dialogo nelle defatiganti lotte intestine dei partiti ed esortandoli al “dialogo, dialogo, dialogo” (citando il pontefice), e il papa (da parte sua), invitando i fedeli ad aprire il cuore alla generosità, alla misericordia e a “non portare ai figli pane sporco”, dopo averli invitati, a Lampedusa, a superare la “globalizzazione dell’indifferenza”. Pare che si siano messi d’accordo.

Il papa nella visita al capo dello Stato al Quirinale, in restituzione alla precedente visita del secondo in Vaticano, dà l’impressione che ormai il solco che separava i due Stati sia colmato. È vero che ancora esistono dei rigurgiti di laicismo secondo cui la chiesa dovrebbe rientrare dentro i confini che le sono propri e non immischiarsi negli affari dello Stato italiano; così come è altrettanto vero che ci sono dei credenti che continuano a presumere di doversi impicciare nelle cose ‘laiche’, di competenza dello Stato e, magari, pretendere che lo Stato italiano esenti la chiesa dai pagamenti dovuti (IMU) e fornisca a scuole, cliniche, alberghi e altre attività commerciali, contributi che, forse, non sono dovuti. È una storia vecchia che prima o poi troverà una soluzione.

Ciò che non trova risposta è invece la questione politica, tutta da attribuire a una parte di cattolici-credenti, che mal sopportano di essere messi in minoranza e di non potere più dettare leggi, come avveniva molti anni addietro quando le situazione della politica mondiale lo consentiva e quasi lo esigeva. Ora, con la caduta del Muro di Berlino, le cose sono cambiate e le prese di posizioni, pro o contro per motivi preconcetti, non ci sono più: non ci sono posizioni ideologiche da difendere! Non ha più senso che “i cattolici” (non tutti per fortuna!) vogliano raggrupparsi e organizzarsi per dar vita al “partito cattolico”, che a sua volta pensi di poter competere con “gli altri”. Todi 1 e Todi 2, con un annunziato incontro (fallito) di un Todi 3, sono stati dei tentativi abortiti. Forse si sperava che, nel cambio degli eventi, un papa italiano già addentro alle cose italiane (il card. Scola) molto ‘amico’ di una parte cattolica impegnata in politica (Comunione e Liberazione) fosse il nuovo eletto e le cose riprendessero ‘all’italiana’, dopo il tempo lungo di due papi stranieri. Parte della gerarchia delle chiese in Italia (Genova, Milano, Venezia, Bologna, Roma e, forse, altre) pensava di potere riprendere il potere. Ma le cose sono andate diversamente: papa Francesco, venuto dall’altra parte del mondo, non ‘capisce’, ‘non conosce’ , o non gli interessa, la politica italiana e … fa il vescovo di Roma. E allora si riprende da dove ci si era fermati.

Passata la novità del nuovo papa, si sono messe in moto sulle orme precedenti le attività al fine di rimettere in corsa il ‘vecchio-nuovo’ partito desiderato da vescovi (non tutti) e da laici (alcuni). Il papa insiste sulla necessità della evangelizzazione con la predicazione della ‘misericordia’, con l’affermazione della “globalizzazione della solidarietà”. Napolitano torna a insistere sulla necessità di darsi una ‘calmata’, di non aizzare la piazza e di rispettare le sentenze. Ma i ‘nostri’ pastori brigano in politichese per affermare il primato della chiesa. Riuniscono in ‘case protette’ i reduci di Todi (1, 2 e 3) per riprendere il filo del discorso lì dove si era interrotto. Casini si può capire, dato che è rimasto solo e quasi senza partito, Mauro e Olivero in mezzo al guado (e varano la ‘Nave Popolare’) e Lupi, Formigoni, Quagliarello e Alfano, ormai ‘deberlusconizzati’, lontani da Berlusconi (si spera),  si capisce perché cercano nei vescovi (sempre alcuni) la protezione.  Ma fino a quando i “Clarissi” potranno farcela da soli? Il governo delle ‘larghe intese’ è il loro rifugio provvisorio ma dopo cosa avverrà? I vescovi tornino a fare i vescovi (alcuni sono in pensione) e i laici ad occuparsi liberamente di politica. Il papa e il Presidente della Repubblica dall’alto del loro magistero continuano a dare segni di saggezza, forse inascoltati. O, forse, sì.

Salvatore Rizza

Lascia un commento

Required fields are marked *.