L’Europa è la nostra speranza

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Oltre e prima delle pagine di un libro: c’è una scuola di formazione, c’è una campagna di sensibilizzazione e un progetto di incontri sul territorio. Per andare incontro alle prossime elezioni in maniera consapevole. Se n’è parlato nella sede dell’Azione Cattolica il 21 marzo scorso

 

«L’Europa che ci consegna il volume di cui stiamo parlando, è un’Europa con qualcosa in più, con la H maiuscola, un’Europa della speranza», così esordisce Michele D’Avino, giovane direttore dell’Istituto «Giuseppe Toniolo», tra i curatori di EurHope (ed. Ave), insieme a Paolo Beccegato, responsabile dell’Area internazionale di Caritas italiana, Laura Stopponi, responsabile dell’Ufficio Europa di Caritas italiana e Ugo Villani, presidente del consiglio scientifico dell’Istituto Toniolo.

Proprio questo libro, costruito e pensato congiuntamente da Caritas, Missio, Azione Cattolica e Focsiv, è stato al centro della conversazione sull’Europa e sulle speranze di futuro che a essa sono legate, tenutasi mercoledì 21 marzo nella sede storica dell’Azione Cattolica Italiana. La terza e ultima delle tre parti di cui si costituisce il volume, che comprende il manifesto OurEurHope in appendice, è forse la più interessante: è curata dall’EurHope-Lab, un laboratorio sull’integrazione europea dell’Istituto Toniolo, nato da giovani di tutta Italia nel novembre del 2017, dopo i lavori della Summer school Acting EurHope dell’estate precedente. «Questo laboratorio – spiega D’Avino – ha rilanciato un manifesto che racconta la nostra Europa attraverso la capacità di futuro e la prospettiva della speranza». I giovani europei scrivono di sognare un’Europa che sia più giusta, più solidale, più democratica, più responsabile e più unita. EurHope si chiude proprio sulla richiesta insistente di una comunità europea che sia «capace di memoria, coraggio e speranza».

Dal dibattito, che ha visto avvicendarsi le voci dei presidenti e responsabili delle associazioni e degli istituti che hanno contribuito all’edizione del volume, e che hanno curato in prima persona i saggi presenti nelle prime due sezioni, emergono chiaramente alcuni punti fermi condivisi. La conversazione è stata moderata da Vania De Luca, vaticanista di Rainews24 e presidente Ucsi nazionale.

Non c’è futuro senza memoria. «C’è bisogno di ritrovare le ragioni del nostro stare insieme per stare dentro alle situazioni del nostro tempo (…). Si tratta di rilanciare il sogno europeista» sottolinea Matteo Truffelli, presidente dell’Azione Cattolica Italiana, che poi ricorda l’adesione del settore giovani di Ac alla campagna europea di sensibilizzazione alla partecipazione elettorale “#Stavoltavoto”. Queste parole risuonano con’eco amplificata in un luogo come la sala della presidenza nazionale di Azione Cattolica, sotto i sorrisi gentili, nei ritratti alle pareti, degli uomini e delle donne che hanno fatto la storia dell’associazionismo cattolico e hanno sognato l’Italia nuova del dopoguerra. «Il problema – afferma invece padre Giulio Albanese, direttore di Popoli e missione – è che non ci si pensa collettivamente». Da riportare anche le parole di Beatrice Covassi, capo della rappresentanza in Italia della Commissione europea e autrice della prefazione del libro, che ricorda come occorra rendersi conto che «in gioco c’è la costruzione di una nuova Europa che risponda alla sua vocazione originaria, che metta l’uomo al centro». Anche Villani si è espresso in merito ribadendo l’importanza di «recuperare le radici più profonde del progetto europeo, (…) come la solidarietà tra Stati, tra popoli e generazioni».

Non c’è futuro senza corresponsabilità. Per far posto ad uno sguardo di speranza è proprio l’individualismo a dover essere scardinato, l’ottusa volontà di volercela fare da soli ad ogni costo, per prevalere sull’altro e schiacciarlo. Ancora Truffelli, ribadendo l’attenzione che da sempre l’Ac dedica al tema dell’europeismo, non smette di portare in primo piano la necessità di essere presenti come cattolici nel dibattito pubblico «senza lasciarci travolgere, ma ragionando, discutendo, informando, dando un’idea di ciò che è l’Europa, (…) non semplificando le cose e senza negare le difficoltà». Gli fa eco don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana: «Per amore dell’Europa non si può tacere (…). Occorre partecipare al dibattito pubblico per un’Europa più responsabile e più inclusiva». Poi continua mettendo la solidarietà tra i valori fondanti della comunità europea, in una società globale che ha potentemente bisogno di recuperare il senso originale, e cristiano, di bene comune. Il progetto, da cui nasce EurHope non vuole fermarsi alla pubblicazione del volume, come sottolineano gli stessi curatori nell’introduzione, perché EurHope ci “costringe”, come cittadini cristiani attivi ad essere presenti nei luoghi in cui si fa opinione e cultura, portatori di inclusione e di attenzione all’uomo: «È per questo che EurHope è un sogno, e al contempo un impegno concreto (…). Un’infusione di coraggio per il presente e per il futuro del nostro Paese e per le generazioni a venire».

 

Non c’è futuro senza sogno. È il Papa venuto dall’altro capo della Terra ad affidare a noi europei il sogno di «un’Europa giovane», nel discorso per il Premio Carlo Magno, ricordato nella tavola rotonda da don Soddu. Ecco, forse il destino dell’Europa sarà legato anche al modo in cui gli adulti di oggi sapranno fidarsi e affidarsi alle nuove generazioni. Non è facile risolversi ad accettare una concezione nuova di comunità europea, progetti entusiasti legati profondamente ad un’identità ben conosciuta, ma proiettati in una contingenza storica che non è più quella dei padri fondatori dell’Unione. Si domanda ancora Soddu, parlando di alleanze tra chi vive il valore dell’integrazione europee: «Qual è il sogno di adesso? I giovani europei non hanno memoria della guerra, per loro pace e stabilità, ma anche il benessere, non sono più in grado da soli di legittimare la costruzione europea, a meno che non le decliniamo in modo attuale e concreto». Insomma per chi è nato e cresciuto nei decenni finali del vecchio millennio, o addirittura alle soglie del nuovo, a ogni “vecchio sogno” occorre dare necessariamente una veste nuova. Continua, infatti, don Soddu: «Pace è costruzione dell’avvenire, non solo liquidazione delle guerre». I giovani, lo si legge chiaramente dal documento finale del Sinodo, ma forse con maggiore impatto lo si può osservare nelle recentissime manifestazioni globali per l’ambiente di “Fridayforfuture”, hanno a cuore seriamente lo sviluppo e la crescita comune, in una collaborazione intergenerazionale. Gianfranco Cattai, presidente Focsiv, si esprime sul bisogno di collettività: «Un solo futuro o senza futuro». Ai giovani è affidata la ricostruzione di quell’Europa che don Giuseppe Pizzoli, direttore di Missio, definisce come: «paradigma di comunità», «un sogno che sia di tutto il mondo, un luogo di pace, solidarietà e felicità».

Da qui si torna facilmente all’esperienza di EurHope-Lab, citato in apertura. Il sogno dei giovani credenti è, conclude D’Avino, quello di «leggere l’Europa attraverso gli occhi di chi condivide un percorso di fede (…), per vedere un progetto di futuro, di bene comune condiviso». PaoloBeccegato ricorda a questo proposito come ci sia infatti «un’Europa ecclesiale da costruire al nostro interno, mettendo insieme sogni e idee». È responsabilità di tutti, dunque, afferma Stopponi: «promuovere la conoscenza della ricchezza dei valori dell’Europa e dell’Unione Europea». Questa idea di comunità è già in campo a partire dalla fruttuosa collaborazione tra le quattro associazioni già operanti nel progetto EurHope: nelle prossime settimane infatti sono previsti in tutta Italia incontri di riflessione in vista delle elezioni europee del prossimi 25-26 maggio. Perché quello che c’è in gioco, concludono coralmente i curatori, non è solo la preminenza di programmi politici particolari, ma piuttosto «una certa idea di Europa».

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