L’alluvione di Genova, una metafora italiana

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Salvatore Vento

L’alluvione ha trasformato la città in un caso nazionale, in una metafora italiana. Davvero difficili e forse vane sono le ricerche di singole responsabilità, pur tuttavia vi sono dei punti fermi dai quali partire per un’analisi senza strumentalizzazioni. E’ il sistema politico-amministrativo nel suo complesso che deve essere messo in discussione: dagli organi di governo elettivi alla tecno struttura formata prevalentemente attraverso processi di legittimazione politica, alla magistratura (il TAR della Liguria considera illegittima la gara d’appalto per i lavori di risistemazione del torrente, il Consiglio di Stato annulla la sentenza del TAR, infine il TAR del Lazio si esprime favorevolmente), ai mezzi di comunicazione (come mai non hanno denunciato questa prassi deleteria?), ai comportamenti di quei cittadini che non rispettano gli spazi pubblici. Agli errori umani (la non chiusura delle scuole nell’alluvione del 2011 e oggi la non proclamazione dello stato d’allerta per errori dell’Arpal). Nell’ottobre del 2010 si commemorarono i quarant’anni della tragica alluvione del 1970 che provocò 44 morti e il 4 novembre dell’anno successivo ne avvenne un’altra con la perdita di sei vite umane.

S’impone la necessità di una riflessione che deve coinvolgere l’intera città. Un partito o una coalizione politica che ha responsabilità deve essere la prima protagonista di questo processo. Il Comune, la Provincia, la Regione da molti anni sono amministrate dal centrosinistra. La problematicità dell’assetto idrogeologico del territorio (città stretta tra il mare e i monti, numerosi rii sotterranei, copertura del torrente Bisagno negli anni ’30, urbanizzazione selvaggia) è ampiamente conosciuta, così come le soluzioni tecniche da adottare. Manca una cultura di manutenzione ordinaria della città. Non possiamo neanche trascurare l’analisi del contesto storico dell’evoluzione della città. Nel ventennio successivo al dopoguerra si sono costruite oltre centomila abitazioni in maniera fortemente speculativa senza tener conto della sostenibilità ambientale e della necessità di adeguati servizi sociali. Negli ultimi trent’anni la popolazione è progressivamente diminuita passando dagli oltre 800mila abitanti del 1971 ai quasi 600 mila di oggi. Il saldo della popolazione è costantemente negativo (ogni anno i morti superano i nati), gli over 65enni rappresentano il 27% dei residenti, il saldo migratorio l’anno scorso è stato negativo (gli emigrati superano gli immigrati). A fronte di questi oggettivi mutamenti non abbiamo assistito, se non in particolari momenti, a un ripensamento del modo di far politica e alla definizione d’idee forza in grado di creare fiducia collettiva e un’idea di futuro.

Nell’attuale discussione sul PUC (Piano Urbanistico Comunale), è assente la ricerca sociale finalizzata e qualsiasi considerazione sulle persone, sui mutamenti socio culturali. Certo, non sono mancati momenti alti di elaborazione e anche positivi processi di trasformazione (a partire dalle celebrazioni colombiane del 1992 con la centralità della ristrutturazione del porto antico, ruolo culturale di Palazzo Ducale, capitale europea della cultura 2004, risanamento di aree ex industriali, porto commerciale), ma oggi si percepisce un marcato appiattimento al presente, un senso di smarrimento, quasi una paura a ragionare pensando al prossimo decennio. Ma nei momenti più drammatici emerge uno straordinario coinvolgimento giovanile, di ragazzi e ragazze: non è retorica definirli “angeli del fango”, una bella realtà, una speranza.

 

Gli aiuti possono essere inviati a:

ARCID GE CARITAS DIOCESANA – B. CARIGE ALLUVIONE 2014.

IBAN IT 74 M 06175014 0000000 7168480

 

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