La lettera di don Carròn e i commenti di Franco Monaco, Gad Lerner e Paola Springhetti

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gi.fo

Il primo maggio, sul quotidiano “la Repubblica”, di certo poco amato dal movimento di Comunione e Liberazione, è uscita una lettera al Direttore di don Juliàn Carròn che della Fraternità di Cl, il suo nucleo centrale, è presidente dal 2005, quandò morì don Giussani. La lettera, che ha per titolo “Abbiamo tanta strada da fare”, colpisce per i netti accenti autocritici. Netti e direi sinceri.

Se riceviamo tante critiche, dice inizialmente Carròn, “qualche pretesto dobbiamo aver dato”. Poi aggiunge: “a volte per noi non è bastato il fascino dell’inizio (l’inizio dell’incontro con don Giussani e Cl, ndr) per renderci liberi dalla tentazione di una riuscita puramente umana”. Insiste a stigmatizzare “la nostra presunzione di pensare che quel fascino iniziale bastasse da solo…”. Torna ad ammettere “la nostra superficialità e mancanza di sequela”. E i “tanti sbagli”.

Poi la riflessione di Carròn si volge al futuro. Il passaggio che compie è il seguente: “Tutto il male nostro e dei nostri amici non riesce a cancellare la passione per Cristo che l’incontro con il carisma di don Giussani ci ha inoculato”. Quel “nostro male” don Carròn non lo giustifica, ma esso, dice,  può essere guardato senza esserne frenati nella “tanta strada ancora da fare”. Quel che è accaduto deve però essere “un potente richiamo alla purificazione”. Se questa purificazione avverrà, Cl potrà ancora “essere nel mondo una presenza diversa”. Stando attenti – e qui è l’ultima autocritica di don Carròn – a “continuamente riconoscere che ‘presenza’ non è sinonimo di potere o di egemonia, ma di testimonianza, cioè di una diversità umana che nasce dal ‘potere’ di Cristo di rispondere alle esigenze inesauribili del cuore dell’uomo”.

La lettera di Carròn è stata per lo più assai apprezzata. Franco Monaco, sull’edizione milanese de “la Repubblica” del 3 maggio dà atto a Carròn di aver riconosciuto onestamente gli errori commessi da non pochi membri di Cl. Nel ricordare il “vivace confronto” degli anni Ottanta tra Cl e l’Azione Cattolica, tra “cultura della mediazione” e “cultura della presenza”, Monaco rileva, però, come la mancata distinzione, in Cl, “tra azione apostolica e azione civico-politica” abbia reso meno trasparente la sua testimonianza e abbia favorito “una deriva lobbistica”, deriva che si è “alimentata anche a un modello educativo ove l’enfasi sull’appartenenza al movimento ha fatto premio, da un lato, sull’autonomia personale, e, dall’altro, sulla più larga e comune partecipazione alla vita della Chiesa come variegato popolo di Dio, che trascende le appartenenze di gruppo basate su affinità psicologiche ed emotive”.

Franco Monaco, che dell’Ac milanese negli anni ’80 è stato presidente, critica anche la “interpretazione distorta del principio di sussidiarietà” sempre praticata da Cl, che ha spinto il movimento “a consegnare al privato un potere esorbitante”.

Si potrebbe aggiungere alla riflessione di Monaco un’altra considerazione sulla lettera di don Carròn. Il sacerdote spagnolo, laddove riflette sulla necessità di farsi “più umili”, “più consapevoli – dice – della nostra debolezza”, mostra una forma di autocoscienza che sembra attribuire a Cl, grazie all’“avvenimento” dell’incontro con Cristo, la forza “di ricominciare sempre, dopo qualsiasi errore”, quasi come se questa possibilità di riscatto fosse appannaggio di Cl, proprio come movimento che ha un suo proprio carisma speciale. Non per nulla stupisce che la Chiesa, come comunità di tutti i credenti, nella lettera di Carròn, non sia mai nominata.  

Anche Gad Lerner, sull’edizione nazionale de “la Repubblica” del 3 maggio apprezza senza riserve la lettera di don Carròn e giudica “davvero sconcertante questa assunzione di responsabilità personale e collettiva”. Dice che “non poteva essere più netta la presa di distanze dagli arricchimenti spregiudicati, favoriti in Regione Lombardia dal presidente Formigoni”.  Secondo Lerner la lettera di Carròn “annuncia una svolta significativa nel movimento di Comunione e Liberazione” e la fine irrevocabile del sostegno politico di Cl a Formigoni. Per Lerner anche l’arcivescovo di Milano, Ettore Scola, ha fatto capire di aver preso le distanze da Formigoni. Viceversa, Lerner è convinto, come don Carròn, che Cl abbia ancora molta strada da fare: “Comunione e Liberazione è una vicenda controversa – dice – ma imprescindibile del cristianesimo contemporaneo”.

Paola Springhetti, su vinonuovo.it, legge positivamente l’intervento di Carròn, il suo coraggio nell’ammettere pubblicamente gli errori fatti da alcuni amici di Cl; ma fa un’osservazione interessante. “Una nota a margine”, la chiama. E cioè che “Don Giussani sembra più importante di Cristo stesso, sembra un ingombrante mediatore che rischia di trasformarsi in un’unica porta d’accesso all’incontro col Figlio di Dio”. Paola Springhetti conclude il suo articolo – come già aveva fatto Franco Monaco – augurandosi che la lettera di Carròn “riapra la possibilità di un dibattito leale, senza che i cattolici ‘di potere’ zittiscano sistematicamente gli altri”.

 Abbiamo tanta strada da fare  Julián Carrón, la Repubblica, 1° maggio 2012

http://it.clonline.org/testi-julian-carron/default.asp?id=559&id_n=19550

 

La contaminazione tra Vangelo e potere

Franco Monaco, la Repubblica (Milano) 3 maggio 2012

http://www.italialaica.it/news/rassegnastampa/35991

 

 

La sofferenza di Comunione e Liberazione

Gad Lerner, la Repubblica 3 maggio 2012

http://www.gadlerner.it/2012/05/03/la-sofferenza-di-comunione-e-liberazione.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+gadlerner%2Ffeed+(Gad+Lerner+Blog)

 

 

Carròn, Cl e l’urgenza dell’agorà

Paola Springhetti | 03 maggio 2012

http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=842

 

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