Il soccorso della chiesa europea ad un continente in crisi

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Maria Teresa Pontara Pederivain “Vatican Insider” del 19 marzo, dopo aver dato una stoccata ai vescovi statunitensi – ora critici con Obama, dopo essere stati ossequienti con Bush nonostante le non poche pecche -, anticipa i temi in discussione alla prossima Assemblea plenaria della Commissione dei vescovi accreditati presso l’Unione Europea (COMECE), prevista dal 21 al 23 marzo a Bruxelles, e in particolare la presentazione che il presidente uscente, il vescovo di Rotterdam Adrianus van Luyin farà del documento recentemente approvato: “Una Comunità europea di solidarietà e responsabilità. Una dichiarazione dei vescovi COMECE su uno degli obiettivi del trattato europeo di Lisbona riguardo a un’economia sociale di mercato competitiva”. I vescovi COMECE – dice van Luyin – non condannano il mondo, ma offrono, umilmente, suggerimenti, perché ci è chiesto di trasformare questa crisi, una grave crisi economica e morale, in occasione di conversione, opportunità di discernimento”.

 

Decisamente un altro stile, e un altro impatto mediatico, rispetto ai loro “colleghi” americani, ma non si può dire che i vescovi del Vecchio Continente si limitino ad una pastorale di conservazione, mentre i loro fedeli sono impantanati in una crisi non solo economica Evidente la differenza: mentre negli Stati Uniti i contrasti sono iniziati con l’amministrazione del democratico Obama (con le scelte di guerra del predecessore repubblicano Bush, la sua corsa agli armamenti, il divario sempre più crescente fra ricchi e poveri, l’incremento delle esecuzioni capitali, nulla si era mosso), in Europa i vescovi hanno a che fare con governi diversificati come colore e come politiche, ma unico è l’obiettivo: una ricostruzione del tessuto sociale, sempre più frammentato, soprattutto in termini di valori, senza imposizioni, né stroncature, bensì proposte organiche e, quel che più conta, condivise.

Così è comprensibile l’attesa per la prossima Assemblea plenaria della Commissione dei vescovi accreditati presso l’Unione Europea – COMECE – prevista dal 21 al 23 marzo a Bruxelles. All’ordine del giorno “la solidarietà come principio dell’Unione Europea” – con una relazione di Michel Camdessus, già direttore del Fondo Monetario Internazionale e attuale presidente delle Settimane Sociali di Francia – e l’Anno Europeo dedicato all’invecchiamento e alla solidarietà intergenerazionale, un problema avvertito,se pure con diversi numeri, in ogni regione del continente e che sta rapidamente modificando equilibri sociali consolidati e gli stessi sistemi di welfare. Se l’innalzamento della vita media è comunque da ritenersi un fatto positivo e frutto della migliorata qualità della vita e dei progressi della medicina, dall’altra i vescovi hanno espresso a più riprese le loro preoccupazioni per il cambiamento demografico in atto in Europa che rappresenta una sfida per tutti. Tra i relatori l’italiano Gian Carlo Blangiardo, dell’università Milano-Bicocca (la crisi demografica e il ruolo della famiglia).

Ma esiste un altro motivo di attesa per la Plenaria: l’elezione, prevista nella mattinata di venerdì 23 marzo, del nuovo Comitato Permanente, la designazione dei quattro vicepresidenti e del Presidente COMECE per il prossimo mandato.

Così, a poco più di 2 mesi dalla pubblicazione del documento European Community of Solidarity and Responsibility. A Statement of the COMECE bishops on the EU Treaty objective of a Competitive Social Market Economy (Una Comunità europea di solidarietà e responsabilità. Una dichiarazione dei vescovi COMECE su uno degli obiettivi del trattato europeo di Lisbona riguardo a un’economia sociale di mercato competitiva), toccherà al presidente uscente, Adrianus van Luyin, vescovo di Rotterdam, tenere la relazione sull’attività della Commissione e presentare il Rapporto 2011, reso pubblico ad inizio marzo.

Un documento snello di venti pagine dove van Luyin affronta nella presentazione il tema della differenza fra “management” e “leadership”, termini “talvolta utilizzati come intercambiabili, ma in realtà non sinonimi”. Management è la gestione, lo stabilire regole per governare, utilizzando le risorse disponibili e dove le persone sono una delle risorse necessarie; ma le risorse sono sacrificabili alla produzione e ai suoi processi. L’accento è solo posto sul “come”. La leadership invece si basa su un progetto, economico o politico, da realizzare attraverso il coinvolgimento di altre persone che ne condividono gli obiettivi. Le persone sono importanti perché sono in gioco le loro capacità e i loro limiti. “I Padri dell’Europa – scrive il vescovo di Rotterdam – avevano una visione d’Europa, non si limitavano a gestire dei processi di integrazione”. E, ricordando l’enciclica Quadragesimo Anno di Pio XI, in risposta alla crisi economica di quegli anni, suggerisce la necessità di un riallineamento a quello stile di lavoro, vale a dire l’urgenza di una ridefinizione dei princìpi e valori cui ispirarsi per individuare le modalità concrete – che rinvia poi alle scelte politiche autonome – per uscire dalla crisi attuale.

E’ questo, del resto, la base della dottrina sociale della Chiesa, ricorda van Luyin, com’è vero che la crisi affonda le sue radici in una distorsione di valori che ha condotto a mutamenti sostanziali di priorità: interesse e ambizione personale, profitto rapido, guadagno materiale, edonismo, avidità, a scapito di solidarietà e sostenibilità, ma soprattutto, e troppo spesso, a scapito della dignità umana.

“Non tutto è perduto – e qui si ritrova ancora una volta la propositività dei vescovi COMECE che non condannano il mondo, ma offrono, umilmente, suggerimenti – perché ci è chiesto di trasformare questa crisi, una grave crisi economica e morale, in occasione di conversione, opportunità di discernimento” (cfr. il vangelo di Luca 12, 56-57). Discernere, cioè, cosa rappresenta un valore autentico e cosa non lo è, il falso dal vero, il buono dal cattivo. In ultima analisi le scelte fondamentali che le popolazioni d’Europa dovranno compiere al fine di promuovere e garantire ovunque la dignità umana e cercare costantemente il bene comune in spirito di solidarietà e sussidiarietà.

“Sulla base della dottrina sociale della Chiesa, conclude van Lyuin, abbiamo il compito di ‘monitorare’ la situazione europea e mantenere un occhio vigile e critico sulle decisioni e sui processi in atto”. Il termine deriva dal latino “ricordare”, inteso come avvertire se c’è qualcosa che non va, se la direzione è quella di una crescita squilibrata, di una gerarchia di valori che si fermi a quelli contingenti, dimenticando quelli essenziali. “Ogni autentico rinnovamento richiede sempre una seria autocritica, a partire da ciascuno di noi”.

Nessun trionfalismo, nessuna pretesa di verità: i vescovi europei si tengono su una strada di realismo e concretezza. L’attesa per la prossima Assemblea sembra rivelarci anche la considerazione dei governi europei per una certa qual autorevolezza della loro parola. E non è poco.

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