Il fenomeno crescente delle liste civiche

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Certamente nell’esperienza delle liste civiche ci sono tanti limiti e anche tanti sfogatoi non esemplari, però è presente anche un potenziale positivo che merita di essere valutato. I cattolici democratici dovrebbero investire in questo campo, se si intende dare un contributo alla politica

 

 

Dopo il bell’articolo di Sandro Campanini sull’esperienza di Parma, mi sembra utile continuare la riflessione sulle recenti elezioni comunali.

Un fatto che appare emergere sempre di più, e che meriterebbe un esame e un dibattito approfonditi, è rappresentato dall’estensione raggiunta dalle liste civiche, spesso determinanti nel raggiungere il risultato e, in alcuni casi, in grado di conquistare il primo posto.

L’agenzia YouTrend fornisce dei dati generali cumulativi dei risultati delle elezioni comunali divisi per partiti e per liste civiche.

IL centro sinistra e la sinistra hanno preso il 42,1% dei voti, di cui il 22% è andato alle liste civiche e il 20,9% ai partiti.

Non diverso è il risultato del centrodestra: 21,8% i voti presi dalle liste civiche, mentre i partiti si fermano al 19,2%.

A questi dati vanno aggiunti altri voti andati a “Liste civiche ed altri”, cioè liste civiche non apparentate e candidati di partiti minori (per esempio, a Milano nelle ultime elezioni si sono presentati tre partiti comunisti, nessuno dei quali ha raggiunto il quorum).

Anche la “performance” dei partiti merita di essere registrata: se si toglie il Partito Democratico che ottiene il 15,7% dei voti, nessun altro partito raggiunge il 10%.

Certamente l’attuale sistema elettorale per i municipi favorisce la presentazione di una pluralità di liste, dai più svariati obiettivi.

Un dato che ormai è diventato una prassi scontata è la lista civica pro-sindaco che, a seconda della notorietà del soggetto, può portare un gruzzolo di voti anche importante.

Nelle città maggiori (si veda il caso di Verona), in appoggio a uno schieramento, si presentano anche più liste civiche rivolte a target di elettori differenti (giovani, donne, ambientalisti, oppure quelli più a sinistra o più a destra, o ancora per conquistare i voti di centro, ecc.).

Poi vi sono liste personali, espressione di persone in grado di raccogliere un certo numero di voti che poi usano o per uno scopo autonomo (es. avere un seggio in Consiglio) oppure per appoggiare, in seconda battuta, uno degli schieramenti.

Sarebbe bello poter analizzare una pluralità di esperienze, per capire rappresentanza, partecipazione, continuità dell’esperienza, apporto innovativo, ciò che potrebbe realizzarsi se altri amici riportassero ciò che è avvenuto nella loro città.

In attesa di avere un maggior numero di analisi, mi limito qui a qualche considerazione generale.

Innanzitutto, il grado di adesione/identificazione coi partiti è decisamente a un livello molto modesto: scegliere un partito appare come un segno di identificazione troppo forte per molti cittadini; diversi tra loro preferirebbero esprimersi in modo meno caratterizzato.

Le varie liste civiche – sotto nomi variegati, titoli di richiamo, sigle tendenzialmente anonime – consentono in proposito un’operazione di mimesi; il voto diventa più sfumato, meno marcato: voto a sinistra (o a destra), ma attraverso simboli così generici e aleatori che mi permettono di non qualificarmi.

In secondo luogo, chiaramente rispetto alle elezioni nazionali dove si è obbligati a scegliere un partito (grazie al sistema totalitario in auge, che non consente di scegliere tra i candidati), a livello comunale si può ben dire che prevalgano le persone.

Già il fatto che il sindaco venga scelto dai cittadini sposta l’asse delle elezioni in questa direzione, perché anche chi non ha la possibilità di vincere ha però la possibilità di candidarsi, di apparire sulle schede, di farsi conoscere.

E poi si possono esprimere le candidature, ci si può dare da fare per presentare liste per i propri obiettivi, chi non riesce in un partito può avere delle alternative.

Certamente in questa esperienza delle liste civiche ci sono tanti limiti e anche tanti sfogatoi non esemplari, però è presente anche un potenziale positivo che merita di essere valutato.

A livello locale è naturalmente più attuabile la partecipazione: le liste civiche esprimono questo e poiché la partecipazione alle elezioni sta diventando una questione sempre più grave, da qui risalta l’importanza di queste liste.

Il problema diventa allora la qualità di queste liste: o liste personali, strumentali, occasionali oppure liste costruite con la partecipazione, dotate di un programma pensato, intenzionate a essere stabili.

I cattolici democratici dovrebbero investire in questo campo, se si intende dare un contributo alla politica.

Da tante esperienze locali – genuine, partecipate, costruite con cura – può nascere una base preparata e critica, capace di rappresentare un solido fondamento per un’innovazione politica possibile.

 

Sandro Antoniazzi

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