I cattolici democratici e la nuova sinistra

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di Silvio Minnetti*

È ancora possibile l’incontro tra la cultura popolare dei cattolici democratici e quella progressista dopo la svolta a sinistra della segreteria Schlein nel Partito Democratico? Questa domanda ci impone di capire con quale pensiero e visione comune il centro- sinistra plurale potrà uscire da una drammatica crisi dopo la sconfitta storica del 25 settembre.
Il nuovo popolarismo, oltre che in Sturzo, De Gasperi e Moro, trova oggi ispirazione nella Enciclica Fratelli tutti di papa Francesco e nei principi della Evangelii Gaudium. Si tratta di un progetto politico di costruzione di un popolo e di governo della città intesa come casa comune. È la riabilitazione della politica come progettazione, vocazione sacra per il bene comune. Sui temi sensibili Bergoglio invita al dialogo tra concezioni diverse non irrigidendosi come ” principiasti” dei valori non negoziabili. La politica è “orizzonte di sintesi e di unità in una comunità”.  Occorre recuperare il politico come ” espressione simbolica della vita in comune”, per una appartenenza che ” dà identità ad un popolo”. (Papa Francesco). È la ricerca di un pluralismo che si manifesta come armonia multiforme nell’ unità di un poliedro, che ha tante facce. Per vivere in pace, giustizia, fraternità, occorre la convivialità delle differenze. È compito della politica, infatti, armonizzare le visioni in conflitto verso il bene possibile, abitare il futuro con la speranza cristiana e la cura del mondo.

Il Manifesto per una nuova Sinistra dello storico Aldo Schiavone (ed. Einaudi 2023), invita il Partito Democratico ad una rottura radicale con socialismo e marxismo per una visione di un nuovo umanesimo globale. Questo potrebbe essere il luogo di un possibile incontro con la cultura politica dei cattolici popolari, se si avrà cura di evitare forzature su alcuni temi controversi relativi ai diritti civili. Il popolarismo ed il pensiero progressista possono condividere una nuova idea di uguaglianza e di fraternità universale, superando le rovine del socialismo, fondata su un modello universale di cittadinanza del ” comune umano” in un mondo globale guidato non solo dalla tecnica e dai mercati. La crisi del centrosinistra, non solo in Italia, rivela un grande vuoto di idee e di pensiero. Occorre ricostruire pertanto il quadro culturale di una nuova identità. Le società occidentali hanno vissuto una imponente trasformazione a causa di una rivoluzione tecnologica che ha comportato la fine dell’età del lavoro e della grande industria. Le radici di classe della sinistra sono state recise. È urgente allora ricostruire uno spazio politico al di fuori dello scontro di classe. Una strategia riformista e progressista può basarsi su una nuova idea di uguaglianza nella libertà e nella fraternità universale.

Serve pertanto uno sguardo critico sul presente. Non esiste centrosinistra infatti senza pensiero critico.  Il PD si è limitato invece negli ultimi 10 anni a gestire il potere senza visione, senza “testa”. La destra non ha gli strumenti culturali per capire il vortice del cambiamento, il senso e la portata della grande trasformazione. Vince le elezioni con accordi di potere, con una guida rassicurante rivolta al passato, allo slogan “Dio, Patria, famiglia”, alimentando paure, interessi di corporazioni, escludendo il diverso. Si tratta di una visione sostanzialmente regressiva della società e della storia.

Gli italiani, soprattutto quel 60 per cento circa di astenuti nelle elezioni, attendono un progetto ed un soggetto politico reinventato per il 2027, 2032. Il Paese è molto cambiato con nuovi lavori, precarietà, ceti medi impoveriti, lungo declino, denatalità, aumento delle diseguaglianze di genere, generazionali, tra Nord-Sud e aree interne. È una nazione disorientata che ha visto spegnersi nel tempo gli ideali di un centrosinistra riformista e progressista, affidandosi invece ad una destra illiberale, populista e sovranista. Errore grave è stato lasciare a quest’ ultima la questione di una rinnovata identità nazionale. Una visione non alternativa alla identificazione europea e all’ essere cittadini del mondo ma fiera di un patrimonio culturale unico, accumulato in millenni di storia, da rivivere ogni giorno con intelligenze, saperi, talenti. Si tratta di un cosmopolitismo italiano con identità dinamica e rivolta al futuro, di una apertura ad una maggiore integrazione politica con sovranità popolare europea, sulla scia di De Gasperi, Spinelli, Prodi, Draghi. Urge poi un programma politico comune per combattere le grandi strutture di diseguaglianza che rendono fragile il nostro Paese, che compromettono la vita civile e politica, che mettono in crisi la stessa democrazia repubblicana. Eguaglianza, scuola, sanità, lavoro sono il ponte tra cattolici popolari e sinistra, non solo riferita all’ economia ma anche sul piano antropologico del vivente umano, del superamento di ogni discriminazione.

In conclusione, serve un partito plurale completamente nuovo, con un programma politico preciso, costruito dal basso, capace di adesioni vaste e convinte. Altro terreno di incontro per rispondere alla crisi della democrazia rappresentativa sta nell’ attivare presidi di democrazia partecipativa e deliberativa nelle città. Si tratta infatti di creare maggiore prossimità tra cittadini elettori ed eletti, con fluidità nel discutere e nello scegliere i candidati attraverso una forma più partecipata. Infine è urgente creare una cittadinanza europea forte, aperta al mondo unito in equilibrio multilaterale, ascoltando l’invito di papa Francesco ad essere ” fratelli tutti” con una “buona politica”.

*già presidente nazionale Mppu
Associazione I Popolari

 

2 Comments

  1. “Le radici di classe della sinistra sono state recise. È urgente allora ricostruire uno spazio politico al di fuori dello scontro di classe”.
    La prima di queste due affermazioni mi pare il frutto di una visione di comodo o in alternativa un po’ superficiale. Forse è vero che qualcuno (non la Storia o il Destino) è riuscito o sta tentando di recidere le radici di classe della sinistra ma pur nella odierna maggior difficoltà di distinguere tra classi o raggruppamenti sociali non mi pare azzardato affermare che una minoranza di privilegiati continua a profittare di una grande maggioranza di poveri o anche solo di persone potenzialmente a rischio di diventarlo.
    La seconda affermazione come minimo manca di un “ANCHE”: a mio parere, soprattutto per la sinistra, “è urgente ricostruire uno spazio politico ANCHE al di fuori dello scontro di classe”. Altri conflitti risultano imprescindibili e vanno finalmente riconosciuti e praticati-gestiti: tra i più rilevanti quello ambientale, quello di genere (contro il patriarcato), quello tra il Nord ed il Sud del Pianeta.

  2. Grazie per la prospettiva, mi sembra colga bene le sfide di questa fase, con le sue crisi e le possibili uscite, necessariamente condivise. Certo la cosa è impegnativa, richiede molta testa, cuore e spina dorsale.
    Testa perché alla base della proposta servono analisi critiche onestamente aperte a esiti non previsti, informate dalla voglia di stare sul pezzo (giusto: uguaglianza, lavoro, scuola, sanità), liberate da una certa attitudine a reclamare prima spazi per sé e per le proprie ‘famiglie’.
    Cuore perché gli affetti devono essere rimessi in gioco, perché al di fuori di essi non c’è senso della giustizia, cura dell’umano che è comune, presa di posizione a favore delle persone e delle classi sociali da cui ripartite.
    Spina dorsale perché richiede progettualità concrete e progressive, resistenza all’attrito, tempi lunghi spesi in luoghi pubblici e tra persone reali ma spesso lontano da certi riflettori della cronaca.
    Certo, per questa cosa serve anche una regia riconosciuta, consapevole della posta in gioco. Senza troppi dubbi su quali siano i compagni di squadra.

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