GIORGIO NAPOLITANO. Discorso del 17 dicembre 2012

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Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella cerimonia per lo scambio degli auguri con le alte cariche dello Stato, ha rivolto loro un ampio discorso. Un discorso che non ha nascosto elementi di critica alle forze politiche e, in parte, allo stesso governo. Il primo rimprovero è andato allo scioglimento anticipato delle camere: “brusca – ha detto Napolitano – è stata di certo l’accelerazione impressa dall’annuncio, l’8 dicembre scorso, delle dimissioni del Presidente del Consiglio Monti”. Ha poi definito “imperdonabilmente grave” la mancata riforma della legge elettorale. E ha aggiunto: “Diffidenza reciproca, ambiguità di posizioni continuamente mutevoli, tatticismo esasperato : nessuno potrà fare a meno di darne conto ai cittadini-elettori, e la politica nel suo insieme rischia di pagare un prezzo pesante per questa sordità”.

Ma è sull’insieme delle questioni riguardanti l’evoluzione del sistema politico che Napolitano ha espresso “amarezza e preoccupazione”. “Per le più che mature riforme della seconda parte della Costituzione – ha detto -, quella ora giunta al termine è stata purtroppo un’altra legislatura perduta: anche modeste modifiche mirate, frutto di un’intesa minima, sono naufragate”.  Napolitano ha evidenziato in particolare due “decisivi nodi politico-istituzionali venuti al pettine più che mai nel corso dell’ultimo anno”: “il capitolo di norme più efficaci contro la corruzione, fonte di ormai insopportabile discredito e danno per il nostro paese” e il “faticoso esercizio di revisione del pletorico retaggio storico delle Province”. E a questi due punti lasciati irrisolti ha voluto aggiungere, in materia di giustizia,  la questione delle carceri, osservando che è messa in forse “la legge già approvata alla Camera per l’introduzione di pene alternative alla detenzione in carcere”. “Sta per scadere – ha soggiunto – il tempo utile per approvarla al Senato : ma con quale senso di responsabilità, di umanità e di civiltà costituzionale ci si può sottrarre a un serio, minimo sforzo per alleggerire la vergognosa realtà carceraria che marchia l’Italia?

Sulla “fatica sociale” che vive il Paese e sulla maggiore sensibilità che governo e istituzioni dovrebbero avere, ha avuto parole ferme: “La fatica cui sono sottoposte, per la durezza degli obbiettivi di bilancio da realizzare nel 2013-2014, le nostre strutture pubbliche e le fasce più deboli della popolazione, non sempre si calcola nello scrivere i numeri quando si preparano le leggi da votare. Ma la dobbiamo sentire come nostra, ed è una condivisione che è importante si esprima da parte di tutti noi che abbiamo la responsabilità di guidare le istituzioni”. “Parlo – ha detto – della fatica di chi amministra a più diretto contatto con i cittadini e i loro bisogni; della fatica di chi si sforza di salvaguardare l’impresa che ha costruito e che vede vacillare; della fatica sociale, che percorre l’ampio universo di quanti reggono la famiglia con redditi insufficienti, e in misura crescente scivolano nella povertà; di quanti si dibattono nell’insicurezza del lavoro se non l’hanno già perduto; di quanti, soprattutto giovani, sono bloccati in uno stato di disoccupazione senza vedere come uscirne”.

Sulla tormentata fase elettorale che si apre ora ha osservato che “non c’è chi non veda come si stia ora per tornare a una naturale riassunzione da parte delle forze politiche del proprio ruolo, sulla base del consenso che gli elettori accorderanno a ciascuna di esse. E sarà quella la base su cui poggeranno anche le valutazioni del Capo dello Stato”.

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