Enzo Bianchi e Alberto Melloni. Due giudizi sul Sinodo appena concluso. E la sintesi di p. Salvador Pie I Ninot

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“Ho potuto essere testimone di questa assemblea di respiro mondiale e imparare ad assumere uno sguardo più informato e più attento sulle situazioni diverse e sui differenti problemi che attraversano la Chiesa”, ha scritto Enzo Bianchi su “la Stampa” del 28 ottobre (La speranza che arriva dal Sinodo). “La Chiesa – ha aggiunto – è veramente mutata in questi ultimi cinquant’anni: non più ostilità verso gli «infedeli», ma dialogo, comune responsabilità per il bene della società, ricerca di pace tra le religioni, libertà di coscienza, affermazione della necessaria «ragione umana» in ogni dottrina religiosa…”. Più critico Alberto Melloni, sul “Corriere della Sera” del 29 ottobre: “Ancora una volta il sinodo ha mostrato le potenzialità e i limiti di questo strumento. Da un lato esso delude la collegialità definita al Vaticano II: quella che dà a ogni vescovo un potere sulla Chiesa universale da esercitare in comunione con Pietro e di cui in un sinodo meramente consultivo non c’è traccia. Dall’altro proprio perché è l’unico surrogato disponibile di quella collegialità, il sinodo finisce per compensarne la mancanza e per dare il senso di cosa la Chiesa pensa sui suoi grandi problemi” (Potenzialità e limiti del Sinodo. Il balzo in avanti resta da fare).

Il Sinodo si è concluso con un Messaggio al popolo di Dio (vedi qui, con un nostro commento), con le Propositiones (per ora solo in inglese; vedi qui il commento che ne ha fatto, in lingua spagnola, Salvador Pie I Ninot, sacerdote diocesano della diocesi di Barcellona, già assistente del Muec, la Fuci Catalana, era esperto al Sinodo, uno tra i più noti ecclesiologi in campo internazionale) e l’omelia tenuta dal papa domenica 28, a conclusione del Sinodo (Omelia di Benedetto XVI a conclusione del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione).

 

 

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