Elly Schlein, segretaria nazionale del Partito Democratico.  

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di Carla Mantelli

Elly Schlein è la nuova Segretaria nazionale Partito Democratico.  È un sollievo potere finalmente pronunciare al femminile il nome della guida del maggiore partito del centrosinistra italiano. Sempre di più, benché con eccessiva lentezza, si frantuma l’immaginario e la realtà che vede sulla scena politica quasi sempre uomini. Dopo la nomina di Giorgia Meloni alla Presidenza del Consiglio, un altro tabù viene polverizzato. È molto importante superare nei fatti la cultura patriarcale. È un vantaggio per tutti. Ma ovviamente non è abbastanza. Il Pd ha bisogno di una leadership non solo innovativa e autorevole ma anche capace di dare messaggi chiari e comprensibili, di stare con fermezza nell’alveo di un pensiero che sostiene concretamente la libertà, l’uguaglianza e la “frasororità” (termine che vuole unire fraternità e sororità). Ha bisogno di un gruppo dirigente che sappia valorizzare e portare a mediazione le diverse sensibilità culturali che non si basano principalmente sulle tradizioni che hanno fondato il partito quanto, soprattutto, su diversi modi di affrontare le drammatiche sfide dell’oggi: un modo più pragmatico, attento al “buon governo”, un altro più “radicale” con l’ambizione di inserire il “buon governo” in una visione profondamente innovativa e di lungo periodo, capace di prendere di petto le questioni del cambiamento climatico, delle guerre, delle migrazioni, dei nuovi scenari antropologici.

Il Pd ha inoltre bisogno di un gruppo dirigente che metta mano a un’organizzazione interna oggi assai traballante, pena essere schiacciato sulle uscite più o meno brillanti della sua leader o, peggio, percepirsi in base all’immagine che del Pd danno i mass media. I quali, per dirla con un eufemismo, di solito non sono molto interessati a sostenere la dignità e il valore dei partiti politici.

Elly Schlein, quindi, ha sulle spalle una grande responsabilità e non sarà facile assumerla con efficacia. Dal Pd guidato da Matteo Renzi è uscita sbattendo la porta. Sarà in grado ora di restare e non fare fuggire nessuno? Perché la pluralità delle posizioni, nel Pd, c’era ai tempi di Renzi… ma c’è ancora!

Ed è una pluralità che attraversa anche quella tradizione cattolico democratica che è tra le fondatrici del Pd. Infatti, tra chi si riconosce in questa tradizione c’è chi guarda con diffidenza Elly Schlein e chi invece l’ha votata con convinzione. Chi teme una radicalità incapace di mediazione e concretezza, chi invece non vedeva l’ora di appartenere a un partito finalmente capace di “visione”.

La sensazione che si è avuta ai cosiddetti “gazebo” è che il successo di Schlein sia dovuto in buona parte a persone piuttosto lontane dal Pd che però sono venute a votare per lei. Il fenomeno si può leggere in modi opposti. Alcuni ribadiscono che fare eleggere la massima carica del partito a chi non ha in tasca la tessera è un’assurdità, anche perché il dubbio è che poi chi ha votato Schlein non abbia alcuna intenzione di votare Pd alle elezioni. È una lettura legittima. Un altro modo di vedere le cose è che la candidatura di Schlein, così innovativa e per certi aspetti “dirompente” abbia riavvicinato al Pd un popolo che se ne era allontanato e che ha visto in lei una speranza, la possibilità di riconoscersi in un progetto politico finalmente attrattivo. Sarà da capire se questa attrattività si trasformerà per altri nel contrario. Chi ha fatto prevalere Elly Schlein su Stefano Bonaccini avrà fatto un favore al Terzo Polo? L’accoppiata Renzi Calenda saprà sfruttare la svolta del Pd a proprio vantaggio attirando chi si sente politicamente lontano dalla nuova Segretaria? Io ne dubito. Innanzitutto, mi pare che il progetto politico del Terzo Polo mostri una certa fragilità soprattutto da quando si è realizzata l’unione di Italia Viva e Azione, i quali erano due soggetti politici fortemente ancorati al rispettivo leader.  Se in soggetti politici come questi il leader fa un passo indietro, la proposta politica sbiadisce. Ecco perché i partiti “personali” sono molto problematici. In secondo luogo, una volta sbolliti gli entusiasmi di chi “ha vinto” e la delusione di chi “ha perso”, si capirà, credo, che le proposte politiche di Elly Schlein non tradiscono affatto i principi fondativi del Pd. La sua mozione, che costituisce il suo manifesto programmatico, semplicemente colloca e concretizza quei principi nel contesto attuale che ovviamente è diverso dal contesto in cui il Pd è nato un quarto di secolo fa.

In ogni caso mi pare che ancora una volta, grazie alle “primarie” del Pd, abbiamo assistito a una bella dimostrazione di democrazia partecipata. Migliaia di volontarie e volontari hanno reso possibile l’apertura dei seggi, centinaia di migliaia di persone vi si sono recate per esprimere la propria preferenza sulla guida di un partito politico. In un tempo di grave preoccupazione per l’altissimo grado di astensione dal diritto-dovere al voto, questa mobilitazione spontanea induce a non disperarsi.

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