Donna: priorità nella Chiesa di oggi

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Nelle ultime settimane, prima e durante il conclave, tanti, credenti e non, si sono cimentati con le analisi  e i consigli sui problemi che sono prioritari nella Chiesa di oggi. A maggior ragione, subito dopo la nomina del Papa Francesco, le indicazioni sono diventate più precise e varie, sempre più vicine alle idee, più che alle esigenze, di chi le formula: il ritorno allo spirito delle prime comunità cristiane, la scelta di povertà della Chiesa, la riforma della curia pontificia, l’abolizione dello IOR, l’essenzialità della scelta evangelica, la necessità del dialogo ecumenico e interreligioso. È abbastanza difficile indicare quali siano le cose da fare subito e quelle da rimandare al dopo, anche perché spesso sono i contesti storici e gli avvenimenti che imbrigliano le attività degli individui, soprattutto di coloro che hanno maggiori responsabilità.

Ritengo che uno dei problemi più urgenti sia il confronto con le conseguenze della postmodernità con cui la Chiesa si deve confrontare se vuole annunciare il Vangelo alle donne e agli uomini di oggi; è la necessità di leggere i “segni dei tempi”, come aveva già intuito Giovanni XXIII e che lo condusse a convocare il Concilio Vaticano II. Sono passati sessant’anni da quell’evento e la Chiesa si ritrova a confrontarsi con problemi ed eventi ai quali lo stesso Concilio aveva dato delle risposte oppure aveva avviato un cammino, che è stato  interrotto negli anni successivi.

Mi riferisco al ruolo della donna nella Chiesa, problema vivo negli anni del Concilio, sia durante la sua preparazione che nel corso dello stesso e ancora presente nella Chiesa di oggi. Ci sono tanti segnali che evidenziano come la partecipazione della donna nella società sia carente e minoritaria, sotto molti punti di vista, rispetto a quella degli uomini. In tutte le parti del mondo e in molti campi si riscontrano situazioni di disuguaglianze, ingiustizie, in una parola di disconoscimento dei diritti delle donne. È un problema che coinvolge il mondo nella sua globalità ma nella Chiesa lo si vive con maggiore difficoltà per la sua lentezza ad adeguarsi ai cambiamenti culturali esigiti dalla postmodernità.  

Ma le donne ci sono nella Chiesa cattolica? Eccome! Esse sono presenti in maniera rilevante rispetto agli uomini: ci sono le suore e le donne consacrate, in maggior numero rispetto ai sacerdoti; e le catechiste, che trasmettono la fede ai bambini e ai ragazzi che si preparano ai sacramenti della prima comunione e della cresima; le mamme che educano i propri figli alla fede; e tutte coloro, laiche e non, che svolgono il lavoro di cura nelle istituzioni di solidarietà (ospedali, carceri, .….); ci sono le ‘donne teologhe’; sono le più ‘solerti’ nella pratica religiosa, ecc. In breve, anche le donne oggi sono “Chiesa”.

Eppure sono “invisibili” nei momenti più importanti e decisivi della vita della Chiesa. Dove erano le donne quando il Conclave decideva l’elezione del nuovo Pontefice? Che cosa pensano le donne “impegnate” delle necessità della Chiesa? Dove erano (e dove sono) nei dibattiti pubblici del pre e post Conclave? Chi ha chiesto (e chiede) la loro opinione? Nei mass media, dove si celebrano tutte le liturgie, laiche e non, della comunicazione, solo qualche donna è stata ascoltata e, naturalmente, sempre in posizione minoritaria o ‘ancillare’. Come sarebbe la Chiesa se non ci fossero le donne? Proviamo ad immaginarla. È facile rispondere che esse sono essenziali e che senza di loro molte attività non potrebbero continuare; in molti contesti dell’America Latina dove tante parrocchie non potrebbero sopravvivere, eppure…….continuano a vivere nell’ombra o, ancora peggio, in una situazione di minorità.  

“Ma dov’è qui l’altra metà del genere umano”? chiese il cardinale Suenens il 22 ottobre 1963, a Concilio iniziato, manifestando il suo disappunto per la mancata presenza femminile. “Sono invitate anche le donne?”, domandò provocatoriamente J. Teresa Münch alla conferenza stampa dei giornalisti tedeschi alla vigilia di apertura del Concilio Vaticano II. Queste domanda gettarono un seme e lanciarono segnali forti di un’esigenza di partecipazione espressa non solo dalle donne ma anche dai padri del Concilio.

Già in quegli anni, anzi soprattutto in quegli anni, erano molte le donne rappresentanti di associazioni e movimenti femminili cattolici nazionali e internazionali, in grado di parlare nella Chiesa. Erano donne attive in molti campi, impegnate nel sociale ma anche studiose ed esperte delle “cose di Dio”. Ma sono state soprattutto le donne tedesche, come Josefa Teresia Münch e Gertrude Heinzelmann, le più attive e desiderose di far parte a pieno titolo del popolo di Dio. Le medesime che nel 1964 scrivono un libro ‘Wir schweigen nicht länger‘ (Noi non taceremo più a lungo). Non è stato casuale che le due donne fossero una svizzera e l’altra tedesca, perché in Germania, in Svizzera e in Austria le donne studiavano nelle facoltà teologiche già prima del Concilio. In queste sedi accademiche (in Germania la teologia si insegnava nelle università statali) si approfondiscono e si fanno ricerche su temi che riguardano le donne e il loro posto nella Chiesa.

Sebbene a Concilio iniziato, nel settembre del 1964, Paolo VI, poco prima dell’apertura della terza sessione,  ha compiuto il primo passo, chiamando 23 “uditrici” (10 religiose e 13 laiche). Esse potevano “ascoltare” ma “tacere”. E fu così che le donne, come da sempre sono abituate, ‘inventarono’ modi per ‘parlare tacendo’, dentro e fuori le aule conciliari. ‘Dentro’, per citarne alcune, Rosemary Goldie, Alda Miceli, Pilar Bellosillo, M. Louise Monnet, Luz Maria Alvarez Icaza, Suor Costantina Baldinucci, Cristina Estrada, Suzanne Guillemin, ed altre.  ‘Fuori’ ma ugualmente ‘dentro’, per citarne altre, erano Adriana Zarri, Maria Zambrano, Maria Vingiani, Mary Daly, E. Shussler Fiorenza, Redford Ruether, ed altre. Furono ‘uditrici…ma non silenziose’. Alla fine del Concilio, arriva il messaggio anche per le donne, che parla alla “metà dell’immensa famiglia umana”. Da questo momento il femminile è entrato come categoria nella Chiesa e non può essere più ignorata.

È maturo il tempo che le donne, oggi competenti nella teologia, nella pastorale, nella fede, continuino questo cammino, che in forma mite e soft hanno proseguito, ricordando ai ‘fratres’ che sono anch’esse Popolo di Dio ed esprimendo al Papa Francesco il desiderio di accoglierle e riconoscerle come ‘sorores’.Se non ora quando?”.      

 

One Comment

  1. L’uguaglianza solo a parole da coloro che invece dovrebbero mettere l’accento…La donna merita più rispetto e soprattutto ha diritto anche ad un ruolo da protagonista e comunque non da comparsa…Se la Chiesa va avanti è merito dell’operato delle suore e di tutte le altre donne…Mi chiedo come mai loro stesse non siano mai riuscite a rivendicare completamante i loro diritti…Trovo vergognoso e mi si passi il termini che ad un Conclave la donna non abbia il diritto di manifestare la propria opinione…LIBERTA’ E’ LIBERTA’ PER TUTTI UOMINI E DONNE INDISTINTAMENTE

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