Democrazie illiberali e Unione Europea

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Quanto ancora deve imparare Giorgia Meloni su quello che è la democrazia! Altrimenti non direbbe che il regime di Orbàn è del tutto democratico solo perché ha vinto le elezioni… L’autrice prova a spiegarlo, rinviando anche ad alcuni testi dell’Unione europea

 

 

    Com’è noto, dopo il voto del Parlamento europeo che ha condannato l’Ungheria retta da Vicktor Orban per i suoi interventi sistematici contro i valori dell’Unione, la coalizione di centro destra si è spaccata. Lega e Fratelli d’Italia hanno infatti votato a sostegno del regime ungherese contro il documento proposto dall’organo dell’Unione mentre Forza Italia lo ha approvato in modo coerente con la posizione assunta dal Partito Popolare Europeo.

Quello che desta più interesse, nella vicenda, è la motivazione addotta dalla leader di Fratelli d’Italia sul suo sostegno al governo Ungherese. Interrogata infatti sulle ragioni del suo dissenso sul documento del Parlamento europeo, Giorgia Meloni ha asserito: «Orbán ha vinto le elezioni, più volte anche con ampio margine, con tutto il resto dell’arco costituzionale schierato contro di lui: è un sistema democratico». Per il Parlamento europeo, viceversa, la prolungata inazione dell’Unione contro il deterioramento dei valori europei prodotta dal regime di Orban, ha progressivamente dato vita ad un ibrido rappresentato da un’autocrazia elettorale

Dunque per la leader di Fratelli d’Italia la democrazia si esaurisce nel perimetro dell’esercizio del diritto di voto e non vi sono altri indicatori per decretarne la vitalità e la sussistenza. Per l’Unione invece la vitalità della democrazia si nutre e salda con il rispetto dei diritti fondamentali di cui all’art. 2 del Trattato UE e la fedeltà alle tradizioni costituzionali comuni dei Paesi europei.

Per comprendere quanto poco sia condivisibile l’identificazione assoluta ed esclusiva della forma democratica con il momento elettorale è utile partire dai precedenti della posizione assunta di recente dal Parlamento europeo. Già nel 2018, infatti, l’organo aveva adottato una relazione per delineare 12 aree di preoccupazione sulla tenuta democratica del regime ungherese e avviare la procedura di attivazione dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea– Si trattava infatti di determinare l’esistenza o meno di un chiaro rischio di grave violazione dei valori dell’UE in Ungheria.

L’inazione del Consiglio d’Europa ha prodotto in quattro anni un ulteriore deterioramento degli standard democratici del governo ungherese e molti segnali di violazione dello Stato di diritto destano forte preoccupazione: il funzionamento del sistema costituzionale ed elettorale, l’indipendenza della magistratura, la corruzione e i conflitti di interesse e la libertà di espressione, compreso il pluralismo dei media. Altri ambiti che suscitano allarme sono la libertà accademica, la libertà di religione, la libertà di associazione, il diritto alla parità di trattamento, i diritti delle persone LGBTIQ, i diritti delle minoranze, dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati.

La relatrice del documento Gwendoline Delbos-Corfield (Verdi/ALE, Fr) ha asserito che «le conclusioni di questa relazione sono chiare e irrevocabili: l’Ungheria non è una democrazia». La posizione del Parlamento europeo è  stata dunque salda nel collocare l’autenticità della democrazia nel fondamento e nel rispetto delle tradizioni costituzionali comuni dei Paesi europei.

L’elevata percentuale di voti con cui tale posizione è stata assunta dovrebbe inoltre costituire un serio campanello d’allarme per il Consiglio e la Commissione nel determinarli ad avviare la procedura di cui all’art. 7 del Trattato ed escludere l’Ungheria dall’erogazione dei finanziamenti del Recovery Found fino a che non abbia ottemperato alle Raccomandazioni contenute nel documento del Parlamento.

Anche il nostro Paese dovrebbe restare saldo nell’alleanza con il nucleo dei Paesi fondatori della Comunità europea e coeso nel decretare una ferma condanna dei regimi che violino i valori fondamentali dello Stato di diritto e si allontanino dalle tradizioni

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  1. Oggi, per noi italiani, è il giorno in cui si vota. O almeno si dovrebbe. E’ un momento importante per il nostro Paese, ci ricorda che siamo in una democrazia vera, che la partecipazione delle cittadine e dei cittadini è essenziale per custodirla e per evitare derive rischiose in un’Europa e in un mondo che sembra tornino a perdere equilibrio come cent’anni fa.
    In questo mondo sempre più piccolo, nel quale la contrapposizione tra le democrazie e le autocrazie è da molti considerata la linea di frattura fondamentale dei prossimi anni, i governi democratici sono chiamati a mostrare quella saggezza che dicono di incarnare, affermando, nella realtà, il principio che la democrazia si diffonde per contagio e per attrazione, non per intimazione e presunzione.
    Questa idea della “contagiosità” della democrazia, di cui ne parla anche Mauro Magatti nel suo editoriale su Avvenire di oggi, non contraddice la decisione assunta dal Parlamento europeo di condanna dell’Ungheria di Vicktor Orban per le continue violazioni dei valori e dei principi dello stato di diritto e la sistematica contrapposizione alle regole dell’Unione Europea.
    Il fatto che Fratelli d’Italia della Meloni e la Lega di Salvini, abbiano votato contro il documento di condanna dell’Unione Europea e che la Meloni ritenga “democratico” il sistema di Orban, rende evidente e preoccupante la divaricazione che esiste, e che investe pesantemente la politica italiana, sul principio di “democrazia”.
    Vero è che la democrazia è sicuramente un sistema politico estremamente complesso che si afferma solo in presenza di ben precise basi culturali (partecipazione, libertà di espressione, libertà di voto, separazione dei poteri, ecc.), ma è anche vero che, nonostante i molti suoi limiti resta ancora il miglior sistema di governo: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora.” (Winston Churchill),
    Convenire che la democrazia “si diffonde per contagio e per attrazione, non per intimazione e presunzione”, significa certo guardare a ciò che avviene fuori dal nostro Paese, ma anzitutto ad avere grande attenzione a ciò che avviene al suo interno e rischia di metterla in discussione.
    E’ questo il compito fondamentale a cui sono chiamate tutte le forze politiche e sociali che si richiamano alla democrazia indicata dalla nostra Costituzione.

  2. “Anche il nostro Paese dovrebbe restare saldo nell’alleanza con il nucleo dei Paesi fondatori della Comunità europea e coeso nel decretare una ferma condanna dei regimi che violino i valori fondamentali dello Stato di diritto”: giuste e sacrosante parole, ancora più attuali all’indomani del voto!

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