Cronache ed emozioni, al di là della zona rossa

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di Laura Rozza Giuntella

Al di là della prima linea degli ospedali, delle rianimazioni, dei ricoveri per anziani, dei campi nomadi, delle carceri, degli homeless; cronaca al di là del dolore…

 

Mi colloco nella fascia dei beni non di prima necessità, mi metto tra i giacinti, i tulipani, le roselline appassite nei vivai chiusi.
Oggi sono di cattivo umore, non so se sia sufficiente definire così questo miscuglio di rabbia, rivoltosa malinconia, senso di impotenza, dolore empatico, ma privo di possibilità di esprimersi, impotente. Mi aggiro come un leone in gabbia, cerco di fare quello che tutti consigliano: mantenere abitudini, fare vita normale, truccarsi vestirsi bagnare i fiori, che fortunatamente ho sul balcone, leggere i quotidiani che ho on-line, seguire la messa del Papa da santa Marta. Però penso di dover fare oggi qualcosa in più, dare libero sfogo ai miei sentimenti negativi, altrimenti mi resterebbe quel magone pesante come un mattone gassoso che grava sullo stomaco, che toglie fiato, preme sul cuore…

Prima di tutto con una manata vorrei sgombrare il campo levando dal tavolo tutti gli oggetti inutili: andrà tutto bene, saremo meglio di prima, approfittiamo di questo momento, ecc…
Come direbbero le mie amiche, proprio tu? Tu che sei passata attraverso le fiamme della perdita, del dolore senza perdere il sorriso cercando di vedere sempre il lato positivo, trovando mille sotterfugi e scappatoie per sottrarti all’angoscia, alla depressione, all’immobilismo vittimista…

Me ne dà lo spunto la grande Liliana Segre: “Ai figli e ai nipoti ho vietato di vedermi, ma la grande paura è morire soli”. Perché proprio adesso dovremmo morire da sole se restiamo chiuse in casa? Mi domando. Ma perché questo stare chiusa senza vedere figli e nipoti senza stringerli abbracciarli godere delle loro scoperte, senza sentirsi utili a nessuno è già un po’ morire.

“Non posso dire”, dice al giornalista, questa campionessa dell’antiretorica “quello che vorrebbe sentirsi dire: che mi sono buttata nella lettura, che approfitto di queste giornate, come ho letto fanno in molti, per mettere in ordine la casa, per ritrovare fotografie. Siccome lo faccio da tutta la vita, di ritrovare fotografie, di frugare nei cassetti della memoria, io ora non lo faccio”. Ecco una sana ribellione al buonismo consolatorio che ci rovesciano a scodellate in questi giorni.
Io resto a casa, l’ho promesso ai figli soprattutto a quelli più lontani, esco di nascosto da loro, per buttare la spazzatura in queste magnifiche giornate di primavera. E mi domando come sarà il dopo, il ricominciare a camminare, a parlare con le persone, solo attraversare la strada e sento già i muscoli dolenti, di fronte a 50 metri passa una tizia che abbassa lo sguardo…non è contagioso guardarsi e anche forse sorridersi…

È una situazione strana, diversa e quelli che inneggiano alla ricostruzione, al boom, al secondo dopoguerra, ai piani Marshall, al dopo sarà diverso e quindi meglio, non mi convincono, anzi mi danno ai nervi.

Perché dovremo, purtroppo, muoverci come i pedoni della dama, a uno a uno distanziati, e questo sarà una situazione nuova e strana. Non ci sarà un unico giorno di Liberazione, come del resto anche alla fine dell’occupazione fascio/nazista.

Adesso, dopo questo sfogo, sento risalire in superficie il mio demonietto ottimista… La lezione ci avrà insegnato qualcosa? Bisogna concretizzare subito cosa riteniamo che debba insegnarci la lezione. Ora a caldo. La politica non è solo propaganda, salvarsi da soli in una epidemia come questa non esiste. Chi evade le tasse danneggia anche te. Anzi si danneggia da solo. Chi non dà soldi alla ricerca idem. Mafia, Camorra, Ndrangheta fanno affari sulla tua pelle. Il lavoro flessibile serve solo ai padroni. Gli interventi dovranno avere come obiettivo la riduzione della precarietà. I piccoli negozi di vicinato ci hanno salvato, mentre le grandi catene che fanno affari enormi in questi giorni consegnano dopo quindici giorni, anzi non prendono nemmeno le ordinazioni. I medici gli infermieri le suore i preti gli insegnanti, tutte quelle categorie bistrattate ridicolizzate oppresse, sfruttate, avranno mantenuto viva l’idea di Paese, di generosità, di gratuità, tutto quel bagaglio buttato alle ortiche negli ultimi 40 anni. E l’elenco è lunghissimo…

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