Cari fratelli uomini, questa lettera è per voi!

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di Francesca Rosellini*

Richiedo la vostra attenzione non a mio nome, ma a nome di tutte le donne che ho conosciuto nella mia vita, privata e professionale, donne che hanno in me lasciato custodite le loro storie.
Richiedo uno spazio lento, di ascolto e chiedo, se possibile, al vostro giudizio su di noi e su voi stessi, un passo indietro.
Il sangue di chi è morta per mano di altri uomini inonda i miei occhi, carminio sono le lacrime che rigano il mio volto.
Vi chiedo l’opportunità di mettervi in discussione e quella di immedesimarvi per un attimo soltanto, uno solo, in cosa significhi essere una donna.
Vi chiedo di chiudere gli occhi e immaginare che per come siete nati, per il “solo” vostro corpo, fuori e dentro casa vostra, ci possa essere – e spesso c’è – qualcuno che pensa che non sia il caso che vi muoviate da soli, che parliate in pubblico, che decidiate del vostro lavoro, che decidiate per voi stessi…
Immaginate solo per un istante, che in alcune parti del mondo, le persone che hanno il vostro stesso corpo, per il solo fatto di essere nati con il vostro stesso corpo, siano imprigionati, oppressi, mutilati, violentati, messi a tacere e privati di ogni libertà. Immaginate che a causa della vostra identità di corpi maschili qualcuno pensi che siate come oggetti di proprietà e che non possiate dire mai di no, mai, ad alcuna richiesta, pena l’aggressione fisica o verbale continua. Immaginate che vostri fratelli uomini nel vostro condominio, nella vostra città, nel vostro paese ogni giorno muoiano per aver detto dei “no”. E immaginate se non fosse solo oggi e in alcuni Stati del mondo, ma se fosse avvenuto per secoli e secoli, ovunque, ripetutamente e irrimediabilmente a tutti i vostri antenati.
Fa paura, eh? Uomini del mio tempo, sentite l’angoscia che ci prende come morsa allo stomaco e la rabbia che attanaglia la nostra gola!
E lottate con noi, amate con noi, soffrite con noi, indignatevi con noi!
Uomo del mio tempo, parlo a te: che effetto ti fa sentire un millesimo di quella paura che fa tornare milioni di donne alla sera tardi con il telefono in mano e il cuore in gola? E quella di chi si trova con un carnefice in casa senza via d’uscita? Quella di chi si chiede, nel silenzio della sua testa, se è davvero “colpa sua”, se davvero può aver causato una reazione tanto violenta in chi ha amato?
Ma io sento anche te, uomo del mio tempo: secoli di storia mi hanno allenata a osservare, a sentire, ad ascoltare e mai, mai a dire la mia.

Ma da tempo il Vento soffia ancora più forte e io, oggi, posso parlare e con coraggio dirti che ti sento.
Sento la tua incapacità di gestire il rifiuto, sento l’insicurezza dietro il machismo, sento la disperazione di fronte al dover essere sempre qualcosa di solido e mai fragile, sento il tuo terrore di avere a fianco donne che non siano sotto il tuo controllo.
Sento le scuse che la società ti fornisce per l’incapacità che hai di gestire la tristezza dei rifiuti e dei conflitti con le donne che non la pensano come te. E sento come quella tristezza che non puoi esprimere – perché sei maschio, ed i maschi non parlano di tristezza! – si trasforma in rabbia che nessuno ti ha insegnato a gestire.
Ma, uomo del mio tempo, io sento ancora più nel profondo e sento quanto avresti bisogno di piangere. Sento quante volte vorresti parlare ma nessuno ti ha mai insegnato le parole per dire quello che hai dentro, so che nessuno ti ha mai guardato aspettandosi da te primariamente empatia e accoglienza, cura degli altri e dolcezza. Sento che nessuno ti ha insegnato a chiedere “come stai” e ascoltare la risposta, approfondendola, così come pochi hanno osato chiederlo a te in profondità.
Sento quanto avresti bisogno di crollare in un abbraccio, sento quanto ti manca lasciarti accarezzare, sento la fatica di parlare di quello che hai dentro, di quel mondo interno, emotivo e personale che è la tua intimità.

Sento tutto questo ma mai, mai giustificherò le tue azioni perché non sei animale o bestia, sei uomo pensante. Non giustifico le tue azioni e ti chiedo responsabilità: ti chiedo di rispondere di te stesso.

E non solo, uomo del mio tempo, io ti chiedo un’alleanza per realizzare un mondo che liberi me e te, che liberi tutti gli uomini e le donne dalla violenza creata della disparità di potere, dagli stereotipi che non permettono la vera pace, dal pregiudizio che condanna senza conoscere, dal patriarcato che non ammette l’equità, dall’abuso di potere che non permette la piena comunione tra i fratelli e le sorelle.

Non saremo soli in questa impresa, te lo prometto: saremo insieme, guidati e protetti dall’unica e vera brezza che crea: in ebraico è un nome al femminile, la רוח (Ruah), ossia lo Spirito Santo, vento leggero che soffia su di noi e che unisce profondamente.

* vicepresidente giovani Azione Cattolica ambrosiana

L’articolo è stato pubblicato su Il Sicomoro

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