Bersani-Renzi. Il “balzo di tigre” di Mario Tronti. Toni diversi da Barbara Spinelli. Poi anche la sinistra per Renzi

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Durissimo, appassionato, bello, ma anche assai discutibile l’intervento che Mario Tronti, filosofo, ingraiano, studioso del movimento operaio, sensibile alle tematiche etiche, ha pubblicato su “l’Unità” del 24 ottobre (Alla sinistra serve un balzo di tigre). Afferma che Bersani deve vincere al primo turno, perché è ormai chiaro il progetto che sta dietro al voto per Renzi: “La rottamazione è l’azzeramento finale di una storia. Non la storia della sinistra, ma la storia delle componenti popolari che hanno fatto civile, e moderno, e avanzato, il Paese”. “Si vuole portare a termine il lavoro sporco che il ventennio berlusconiano, con i suoi fallimenti, non è riuscito a compiere”. Ciò che l’establishment vuole rottamare, sostiene Tronti, sono le conquiste della sinistra negli scorsi decenni, e lo si vuole fare “in continuità tra governi di centro-destra e governi di centro-tecnica”. “Non contenti di comandare su tutto, vogliono comandare a casa nostra…”.

Molto diverso il punto di vista di Barbara Spinelli che, su “la Repubblica”, si sofferma sulla rottamazione ma per denunciare i diversi significati deteriori che questo termine contiene (La mala rottamazione). La Spinelli sembra riconoscere a Renzi una qualche buona fede, e soprattutto la legittimità, di battersi per il rinnovamento. E decisamente a favore di Renzi e contro le regole per le primarie votate dall’Assemblea del Pd le opinioni del prodiano Mario Barbi (Disobbediamo a quelle regole) e Stefano Menichini (Se finisce così ci rimettono tutti) su “Europa” e Paolo Gentiloni intervistato su “l’Unità” (Grazie a Matteo è tornato il partito del ma-anche, cioè il partito di Veltroni).

One Comment

  1. “La vecchia tragedia moderna” e non “contemporanea”, ma storica è la presunzione dell’intellettuale giacobino che parla in nome del popolo o meglio della classe operaia.
    “non la storia della sinistra, ma la storia delle componenti popolari che hanno fatto civile, e moderno, e avanzato, il Paese”?
    E’ tipico della storia dell’Italia “parlare a nome del popolo”. L’etica della non-responsabilità! Chi viene da lontano (scopriamo Tronti togliaittiano) ci ha raccontato la favola del moderno principe, il partito della classe operaia che, questo sì diretto in modo cinico e spregiudicato, ha dimostrato solidarietà o meglio fedeltà al paese del “socialismo reale” e ha perduto il treno di una rivoluzione nazionale, iniziata con la Resistenza antifascista, in nome della libertà. Lo strappo di Berlinguer era uno strappino. Mario Tronti negli anni sessanta sviluppando le teorie dei “Quaderni rossi” contestò la linea del PCI, a nome della classe operaia; peccato che non ha posto in questione la fedeltà all’URSS ! Che ci ha fatto vivere in quarant’anni di democrazia bloccata ragione dell’anomalia dell’Italia. Davvero allora avrebbe rivelato una genialità!
    La reazione della sinistra intellettuale è stato sempre “Oltre le righe”. Nel momento in cui la discriminazione negli anni cinquanta colpiva gli operai che credevano un’idea di giustizia sociale, non si sono posti quali erano i limiti della democrazia italiana: l’assenza di un’alternativa democratica, non classista non corporativa, nazionale. Non si sono accorti che nel dopoguerra la classe operaia italiana tentò un modello di partecipazione all’impresa industriale: I Consigli di Gestione, finiti per l’ offensiva e la controffensiva tra comunismo e anticomunismo. La fedeltà del PCI al modello del comunismo sovietico era indigesta alla borghesia imprenditoriale italiana. Gli intellettuali della sinistra radicale operaisti erano abbagliati dalla presa del “palazzo d’inverno” da parte di una minoranza bolscevica che, instaurata la dittatura del proletariato, invenzione leninista, cui si rifanno gli operaisti, avrebbe sterminato i socialisti rivoluzionari, poi i menscevichi, e poi gli stessi bolscevichi, lo stato maggiore sovietico con i processi del ’36, e i contadini, repressi i dissensi, trasferite in Siberia intere nazionalità dell’impero russo. Il potere dei soviet strutturalmente negava i diritti e la cultura liberale. Non si sono resi conto neanche che la vittoria dell’Armata Rossa sul nazismo veniva dopo il tradimento di Hitler del patto di non aggressione, firmato da Ribbentrop e Molotov nel’39, possibile solo dopo la decimazione dello stato maggiore. Patto che sanciva l’indifferenza sovietica verso un regime illiberale simile a quello sovietico. Non hanno chiesto, nel dopoguerra, a Stalin di rispettare il patto con i paesi di democrazia. Gli intellettuali del novecento italiano non si sono posti il problema dello stato socialista e dello Stato di diritto e di come assumere la cultura liberale in uno stato solidale e socialista per garantire la libertà di tutti, compreso la libertà d’impresa
    Hanno alimentato l’avversione del popolo ai principi e ai valori del liberalismo alimentando l’attesa dell’”assalto al cielo”, e facendo silenzio sull’assistenzialismo, non lavoristico, dello Stato.
    Hanno determinato un danno alla classe operaia al cui nome parlavano di queste teorie. “…..quella storia viene aggredita (da Berlusconi) non per le battaglie che ha perso, ma per quelle che ha vinto, conquistando per i lavoratori salari decenti, sicurezze sociali,diritti intoccabili. (sic) E’ questo che si vuole rottamare..” (Tronti) Intanto, le battaglie vinte dal movimento operaio sono le battaglie vinte dal capitalismo sull’oscurantismo culturale, per lo sviluppo e la civiltà. Proprio quello che ha vinto la classe operaia italiana nel cinquantennio del secolo scorso, grazie al sindacato di Di Vittorio, che ha sopperito la mancanza di un progetto di alternativa democratica e riformista, è stato ben poco rispetto a quello che hanno realizzato i partiti socialdemocratici europei, che come diceva la III internazionale praticavano la “collaborazione di classe”, grazie alla democrazia bloccata.
    Dannazione per gli operai italiani le “mezze calzette” italiane che hanno portato il fascismo e hanno alimentato l’illusione di “lanciare il cuore oltre la siepe”! I partiti europei che sono stati creati dal sindacato hanno con intelligenza rigettato quello che veniva dall’oriente russo e dal mediterraneo cattolico! Erano partiti della classe operaia che hanno rispettato il mandato della rappresentanza. Altro neo della storia italiana è l’assenza di un partito moderato, liberale, della borghesia nella prima metà del secolo scorso capace di frenare le frenesie pericolose del radicalismo di sinistra.
    Siamo ora alla retorica e alla poesia della manifestazione degli operai a S. Giovanni e del benzinaio!
    Quello che ci ha fregato per oltre un secolo!
    Il salto della tigre lo fa il popolo italiano se entra pienamente nello spirito dell’Europa e nei problemi dell’Europa nell’economia globale!

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