Spiritualità e politica

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di Pier Giorgio Maiardi

Considerazioni in margine al “tavolo di confronto” svoltosi a Roma, presso la Libreria S.Paolo, il 28 giugno scorso, per la presentazione del libro di Lino Prenna “La società interiore. Una spiritualità politica”

Parlare di spiritualità nella politica sembra una fuga dalla realtà concreta ma una politica senza spiritualità non ha la possibilità di modificare una realtà imprigionata in logiche ristrette e ottuse. La politica è un’arte nobile, “la più alta forma di carità” (Pio XI 1927), e deve avere una dimensione spirituale che le dia motivazione, le consenta di individuare obiettivi validi e i modi più appropriati per perseguirli.

La politica che stiamo vivendo e subendo pare priva di questa dimensione: si tratta di una politica che vive di scelte contingenti, di brevissimo periodo, dettate dalla ricerca del consenso e del potere e quindi da una costante contesa preconcetta fra i leaders e i loro fans. Una politica che, enfatizzandoli o denigrandoli, parla di personaggi e delle loro parole più che di cose da fare e progetti da realizzare. Purtroppo questa politica contagia la mentalità dei  cittadini che perdono stima e fiducia nelle istituzioni e quindi nella democrazia, causandone il progressivo degrado, una politica diseducativa per la comunità sociale che, al contrario, dovrebbe trovarvi una guida affidabile.

Questa politica che, sul piano internazionale, in questo tempo sta producendo situazioni di paura e di guerra, senza alcuna prospettiva di una convivenza pacifica e affidabile, può essere mutata solamente da politici di buon senso, che conoscano la storia e si pongano l’obiettivo di interpretare il presente,  che non cedano alla tentazione di fare della politica lo strumento ideale per il proprio successo personale e che invece facciano della convivenza pacifica e rispettosa dei diritti di ognuno lo scopo del loro impegno pubblico.

Si tratta di educare la politica, di illuminarla, un compito che riguarda tutte le componenti della comunità civile, a cominciare dalla scuola e prima ancora dalla famiglia, ma è indubbia la speciale influenza delle fedi religiose e quindi, per quanto ci riguarda, della fede cristiana: i cattolici, in specie quelli che si qualificano democratici, sono interpellati in modo specifico dalla politica, che è “una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri” (Paolo VI, Octogesima adveniens). E’ la fede personale che identifica un cristiano, non l’appartenenza ad un gruppo politico che, in nome della fede, si distingue dagli altri gruppi e cerca di prevalere su di essi; è la fede che ispira la vita e il modo di viverla, le priorità che la guidano, che danno motivazione e colore all’impegno di servizio politico del cristiano. Non si tratta di una novità: già nel secondo secolo, nella lettera a Diogneto, si diceva che “i cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini ma,  a dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani”.  E’ per questa ragione che i cristiani devono saper individuare il “buono” ed il “giusto” esistente nel mondo e farlo emergere, devono saper convivere e dialogare con tutti senza volersi distinguere, emergere e prevalere.

E questo mondo, la politica che ne governa la vita, ha bisogno di un’anima, di uno spirito che ne guidi le scelte non a favore di uno a danno degli altri, non privilegiando il profitto economico a costo dei diritti vitali di tutti e di ciascuno,  non cedendo alla logica dell’inevitabilità della guerra perché non c’è “ragione politica” che la giustifichi ignorando la giustizia, non è la prevalenza ed il potere di pochi su molti che può garantire la convivenza pacifica.   Per i cristiani queste considerazioni non possono rappresentare solamente pie esortazioni estranee alla realtà, ma piuttosto la ragione stessa della loro presenza nel mondo degli uomini, e il mondo ne attende i frutti!

 

 

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