40 anni di «Repubblica»

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E’ giusto ricordare con partecipazione e simpatia il quarantennio di  un giornale che ha accompagnato le nostre vite. Ma anche nelle celebrazioni va introdotta un po’ di critica storica. E’ giusto sottolineare che «Repubblica» ha rappresentato, nella contorta e contradditoria storia italiana, un elemento forte di continuità costituzionale, antifascista e repubblicana. Ma non si possono nemmeno cancellare le parzialità che ci sono state.

In quel decennio decisivo, gli anni Ottanta del Novecento, che ha visto l’arretramento dello spirito pubblico, il definitivo arretramento della Dc degasperiana e morotea, «la Repubblica» non si è quasi mai accorta che nel paese c’era ancora un cattolicesimo democratico, intellettuale e popolare, in grado di raccoglierne ancora la funzione, di farlo apparire vivo, anche se via via ne morivano, dopo Moro, Bachelet, Mattarella, Ruffilli. Il giornale citava certo alcuni personaggi di spicco, come Andreatta o Scoppola, ma sempre totalmente ignorando lo sforzo della Lega democratica di essere riconosciuta come un protagonista potenziale, non clericale, eticamente corretto, non privo né di idee, né di  soggettività.  Noi per Repubblica non siamo mai esistiti.  Eravamo cattolici.

Quando chiesi a Scalfari di pubblicarmi un ricordo del mio maestro universitario, di cui ero stata assistente, e cioè Carlo Antoni, autorevole laico crociano, nel decennale della sua morte, essendo anche parlamentare europea della sua città di Trieste, mi rispose attraverso Andreatta che non poteva perché ero cattolica. Antoni non l’avrebbe mai detto.

Nel decennio posteriore fu anche dalla nostra comune esperienza degli anni Ottanta che poté nascere l’Ulivo e ridimensionarsi il disastro berlusconiano, ma gli italiani non lo  hanno mai saputo.  Spero che lo riprenderà la storia.

 

Paola Gaiotti

 

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