SINODO. Gli inteventi di Claude Dagens, Bruno Forte, Gregoire Laham, Joachim Meisner e p. Adolfo Nicolàs sj

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Marco Ansaldo, su “la Repubblica” del 12 ottobre fa un bel servizio sul Sinodo in corso (Sinodo, i mea culpa dei vescoviin cui cita alcuni dei padri intervenuti che hanno messo l’accento su atteggiamenti di arroganza e di ipocrisia della Chiesa. Viceversa, dal Bollettino della Sala stampa vaticana abbiamo ripreso gli interventi di alcuni padri conciliari che appaiono interessanti per diversi aspetti.

Mons. Claude Dagens, Arcivescovo di Angoulême (Francia), 9 ottobre

Questo Sinodo è un’occasione propizia per rispondere alla domanda decisiva di Gesù ai suoi discepoli: “Che cercate?”.

Noi cerchiamo di essere più numerosi, di riunire più fedeli per l’Eucaristia, di manifestare con più forza la presenza dei cattolici nelle nostre società secolarizzate.

Tuttavia, non ci accontentiamo di queste prospettive quantitative. Siamo chiamati a un lavoro interiore di rinnovamento della nostra vita cristiana, che comporta tre esigenze.

Prima esigenza: un atto di discernimento sui tempi che stiamo vivendo. Sono tempi faticosi per la missione cristiana a causa degli effetti della secolarizzazione. Ma, in mezzo alle fatiche, si manifestano anche aspettative spirituali, che riguardano questioni di vita e di morte. Sta a noi rispondervi.

Seconda esigenza: un impegno a progredire nella conoscenza del Dio vivente purificando la nostra fede da ciò che l’appesantisce e osando parlare a Dio di coloro che incontriamo, prima di parlare loro di Dio.

Terza esigenza: capire che il fine della Chiesa non è la Chiesa, ma l’incontro degli uomini con il Dio vivente. Perciò, non si tratta tanto di essere presenti nel mondo, bensì di essere Cristo per il mondo.

Queste tre esigenze sono state approfondite e praticate da Madeleine Delbrêl, una francese che ha fatto suo l’impegno della nuova evangelizzazione.

P. Adolfo Nicolàs sj, Preposito Generale della Compagnia di Gesù – 12 ottobre

La Nuova Evangelizzazione deve imparare dagli aspetti buoni e meno buoni della Prima Evangelizzazione.

Provengo da una tradizione di Evangelizzazione e di Spiritualità che incoraggia a “Trovare Dio in ogni cosa”. Mi sembra che noi missionari non l’abbiamo fatto con la profondità richiesta e quindi non abbiamo arricchito la Chiesa Universale nella misura in cui la Chiesa era in diritto di attendersi da noi.

Abbiamo cercato le manifestazioni occidentali della Fede e della Santità e non abbiamo scoperto in che maniera Dio ha operato presso altri popoli. E tutti ne siamo impoveriti. Abbiamo perso di vista indizi, prospettive e scoperte importanti.

Il passato ci ammaestra su come comunicare efficacemente il Vangelo: la via dell’umiltà, la consapevolezza delle limitazioni umane quando si tratta di esprimere lo Spirito, la semplicità del messaggio, la generosità e la gioia nel riconoscere la bontà e la santità, la nostra vita come fattore di credibilità, di perdono e di Riconciliazione, il messaggio della Croce nella negazione di noi stessi.

Mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto , 11 ottobre

La Relatio sottolinea il fondamento antropologico, cristologico ed ecclesiologico della nuova evangelizzazione. Sarebbe bene sviluppare la dimensione pneumatologica, anche tenendo conto di quanto afferma IL 41: è lo Spirito l’agente primo della NE. È Lui che fa nuovo il cuore perché canti il cantico nuovo (“Novi novum canamus canticum”: Sant’Agostino). Grazie a Lui la novità non è nell’ordine del nuovo cronologico (“neòs” nel greco del NT), ma in quello della novità escatologica, qualitativa (“kainòs”). Il”mandatum novum” è la “kainé entolé”. Come ha ricordato il Santo Padre commentando l’inno di Terza: “Nunc, Sancte, nobis, Spiritus, unum Patri cum Filio, dignare promptus ingeri nostro refusus pectori”. L’iniziativa è di Dio, nella forza dello Spirito.

Nella Relatio mi pare poco evidenziato il ruolo fondamentale della parrocchia, cui l’IL dedica importanti riflessioni (IL 81). L’esperienza diretta del ministero episcopale, specialmente la visita pastorale che sto conducendo a tappeto da ormai tre anni e mezzo nelle parrocchie dell’Arcidiocesi, mi ha convinto che senza un nuovo slancio missionario della parrocchia, di cui siano protagonisti gli stessi operatori pastorali in essa operanti, sarà difficile vivere una radicale nuova evangelizzazione. In questa luce – pur apprezzando i doni dello Spirito che sono i nuovi movimenti – ritengo che uno strumento prezioso sia l’Azione Cattolica, cui fa riferimento chiaramente l’IL al n. 117, che sta totalmente nello spirito della cooperazione laicale alla missione dei pastori.Mi pare infine di dover sottolineare la rilevanza dei giovani come destinatari della NE: se il loro allontanamento dalla pratica religiosa è considerato da molti un fatto scontato, questo non vuol dire che il loro cuore non sia assetato di Dio. Incontrandoli a tappeto in università e nelle scuole ne ho la continua riprova. Bisogna scommettere sulla risposta alla cosiddetta “emergenza educativa” di cui parla l’IL al n. 149. Bisogna ascoltarli, dare loro tempo, parlare loro di Dio, e accoglierli nel rispetto della loro esigenza di libertà. Qui si comprende quanto sia decisivo il ruolo della famiglia (cf. IL 110ss), ma anche come sia drammatica la situazione dei figli di divorziati risposati che spesso vengono resi estranei ai sacrmenti dalla non partecipazione dei loro genitori. Occorre qui una decisa svolta nel senso della carità pastorale, come più volte ha affermato Papa Benedetto XVI (ad esempio all’Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano). Sarà anche necessario avviare una riflessione sui modi e i tempi necessari per il riconoscimento della nullità del vincolo matrimoniale: come vescovo e moderatore di un Tribunale Ecclesiastico Regionale devo ammettere che alcune esigenze (ad esempio la necessità della doppia sentenza conforme, anche se non c’è ricorso) appaiono a molte persone ferite, desiderose di sanare la loro situazione, poco comprensibili.

Grégoire III LAHAM, B.S., Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti, Capo del Sinodo della Chiesa Greco-Melkita Cattolica (Siria), 11 ottobre

Nuova evangelizzazione è sinonimo di aggiornamento. Questo concilio è un aggiornamento. I documenti conciliari sono un preludio al nostro sinodo.

Nel mio intervento tratterò tre punti.

1. Formazione o creazione di quadri.

Noi cristiani in Oriente viviamo immersi in un mondo non cristiano: siamo il piccolo gregge, ad extra in rapporto all’Islam, e ad intra a causa della diminuzione della pratica religiosa.La Realpolitik ci impone di lavorare tenendo conto di questa doppia realtà ad extra e ad intra. Ciò significa concentrare il nostro lavoro pastorale della Nuova Evangelizzazione su questo piccolo gregge, senza escludere l’insieme dei nostri fedeli, in diversa misura, meno praticanti.

Questo piccolo gregge deve essere eccellente, per poter formare attraverso di esso quadri di agenti della Nuova Evangelizzazione.

Anche se la Chiesa crescesse fino a raggiungere dimensioni colossali, essa dovrebbe mantenere la strategia del piccolo gregge.

È questo il senso, l’essenza, la motivazione, la ragion d’essere del piccolo gregge in Oriente e ovunque. È la strategia apostolica: formare il piccolo gregge insieme e a favore del grande gregge.

2. Vademecum della fede cristiana.

La nostra fede è bella. Ma il suo contenuto e i suoi enunciati sono davvero difficili.

La proclamazione della fede nell’Islam si riassume con questa doppia testimonianza: “non c’è altro dio al di fuori di Dio, e Maometto è l’inviato di Dio”.

Per gli ebrei l’essenza della fede è espressa dal doppio comandamento: “sono il tuo Dio! Non hai altro Dio al di fuori di me. Amerai il tuo Dio con tutto il cuore, e il tuo prossimo come te stesso!”.

La nostra bella fede cristiana è troppo complicata: i termini, il loro contenuto e la loro spiegazione. Siamo sommersi da una serie di dogmi, di misteri: la Santa Trinità, l’Incarnazione, la Redenzione, i Sacramenti (che in greco sono detti misteri).

È necessario che i dogmi siano interpretati in una forma capace di toccare la vita quotidiana, le aspirazioni umane, la felicità e la prosperità, le realtà quotidiane dei nostri fedeli.

Per questo, è imprescindibile, per la Nuova Evangelizzazione, redigere un testo conciso, preciso e chiaro della nostra fede. Ciò è importante per i nostri fedeli ad intra, ma anche per i nostri concittadini non cristiani ad extra.

Mi auguro che la mia proposta possa compiere il proprio cammino e che qualche teologo se ne faccia carico in seguito a una risoluzione del nostro sinodo.

3. Programma pratico.

La Nuova Evangelizzazione è necessariamente condizionata dalla specificità della Chiesa locale, dai tempi, dal contesto della tradizione, dai costumi, dalla cultura, dai bisogni. Per questo ho cercato di presentare la visione orientale, greco-melkita cattolica, araba, della Nuova Evangelizzazione, con proposte pratiche.

L’elenco è presente nel testo integrale del mio intervento.

Card. Joachim Meisner, Arcivescovo di Köln (Germania), 11 ottobre

È nella natura della fede, che essa si diffonda e che voglia essere trasmessa. Gli Atti degli Apostoli ce lo mostrano nella persona di Filippo, che lo Spirito di Dio conduce da Gerusalemme sulla via di Gaza (cfr. At 8, 26-40). Egli incontra un funzionario della regina di Etiopia, che seduto su un carro, studia un testo di Isaia, avuto da un commerciante di materiale religioso nei pressi del tempio. Filippo chiede al distinto signore se egli capisca ciò che sta leggendo. La risposta la conosciamo: “E come potrei capire, se nessuno mi guida?” (At 8, 31). Filippo sale sul carro, gli spiega la scrittura e dopo un po’ il funzionario ferma il carro e si fa battezzare in un ruscello che scorre lì vicino. Qui si fa evidente una Chiesa in cammino, che va lungo le strade e pone interrogativi agli uomini.

Oggi la maggior parte dei cristiani è felice se nessuno pone loro degli interrogativi. Su cinque uomini, che possiamo incontrare nella nostra vita quotidiana, tre stanno percorrendo lo stesso cammino del funzionario etiopico, ovvero stanno rientrando dopo aver vissuto un momento di socializzazione religiosa nella loro vita presente. Portano con sé informazioni sul senso della propria vita dal loro passato, limitandosi a leggerle tristemente, senza comprendere cosa abbiano a che vedere con la loro vita. Hanno anche comprato un frammento di messaggio biblico, proprio come il viaggiatore aveva acquistato il passo di Isaia, ma non hanno nessuno a guidarli, nessuno che getti un ponte tra la parola della fede e la loro vita quotidiana. Per molti contemporanei, evidentemente, fa parte della modernità il non essere affatto interessati alle questioni religiose.

Ma in verità, almeno in Europa, gran parte degli uomini sono alle prese con interrogativi e non sanno o non ammettono che si tratta di interrogativi religiosi. Perciò è la strada delle nostre città e dei nostri villaggi il luogo della diffusione della fede. E non è necessario l’impegno di un cristianesimo di professione per ubbidire alla chiamata di Dio. Percorrere un piccolo tratto di strada insieme può significare tanto; può addirittura significare tutto, come vediamo con Filippo. Spesso non ci lasciamo coinvolgere dai problemi di un’altra persona, perché temiamo di doverli risolvere al posto suo. Forse però essa ha solo bisogno di ascolto, di condivisione dei propri pensieri e di un atto benefico di qualcuno che si mette nei suoi panni, che sale sul carro della sua vita e prende sul serio i suoi interrogativi. Ciò significa partire e riflettere dal luogo in cui si trova l’altro. Per testimoniare Gesù Cristo non serve in primo luogo una cristologia completa e approvata dalla Chiesa, bensì qualcosa di molto più importante: una corrispondenza nella propria esistenza anche se una sola e piccolissima. È comunque importante!

In molte comunità spirituali esistono questi testimoni della fede. Essi sono necessari per portare il Vangelo nel presente.

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