Ripensare ancora una volta, seriamente, la “questione meridionale”

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Una decina di giorni fa è stato deciso lo scioglimento del comune di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose. L’ex sindaco Demetrio Arena ha difeso la sua amministrazione con queste parole: “Impossibile evitare le infiltrazioni: tutta la società reggina è contigua alla ‘ndrangheta”,

C3dem vuole riaprire un dialogo in seno al cattolicesimo democratico del Sud d’Italia. Un dialogo cui coinvolgersi tutti, a nord e a sud, per contrastare la rassegnazione e incoraggiarci vicendevolmente. Per porre attenzione alle idee, alle denunce, alle proposte di chi nel Sud continua a vivere, a pensare, a cercare le vie del riscatto.

Pubblichiamo un testo singolare, datato 2010, prima delle elezioni regionali. L’autore è anonimo,  appartenente all’ambito del cattolicesmo democratico e residente nel sud Italia. E’ stato mandato a c3dem quasi come avvio di una riflessione da proseguire nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Un piccolo passo indietro, a due anni fa, per riguardare lo scenario in cui si era, e in cui si è, e poi provare a ripartire con l’analisi e la riflessione.  

Il testo  appare come uno sfogo e, insieme, uno sforzo per cercare una fessura di speranza in uno scenario politico sconfortante, quello della Calabria post-elezioni di due anni fa. Un dialogo fantastico, ma non troppo, tra il cittadino Giobbe, elettore del centro-sinistra, e un suo amico prete, di idee progressiste. 

Riletto oggi, il testo ha una nuova attualità, che, in realtà, va oltre il perimetro delle regioni del Sud. Se il consiglio comunale di Reggio Calabria è stato sciolto per contiguità mafiosa, l’assessore alla casa di Roberto Formigoni è stato arrestato per acquisto di voti dalla malavita, e la regione Lazio è risultata divorata dai grassatori.

 

LA CRISI DELLA POLITICA COME “SERVIZIO” (E DEL CENTRO-SINISTRA): DIALOGO EPISTOLARE FRA IL CITTADINO GIOBBE E UN PRETE PROGRESSISTA

(il dialogo si è svolto nel 2010, prima delle elezioni regionali)

di anonimo

 

Parte I

DOPO QUEST’ENNESIMA SCONFITTA ELETTORALE, CHE FARE?

[le possibili domande di Giobbe, cittadino di centro-sinistra]

 

Mi sono chiesto in questi giorni perché sia rimasto così traumatizzato dai risultati elettorali e se in fondo non era esagerato prendersela tanto per questa ulteriore abbagliante conferma del Berlusconi-pensiero, del centro-destra come blocco, della Lega arrogante, della Calabria affarista e clientelare coi suoi politici di sempre, il voto controllato, ecc..

Credo invece di capire il perché.

E’ perché non ci vedo ormai più il pendolo della politica, che in una sana democrazia premia a volte l’uno, a volte l’altro degli schieramenti. Anche nelle aree “sopravvissute”, ossia non toccate dalla débacle elettorale, è questione di tempo. Il mutamento sociale in corso non è politico, è antropologico: un giornalista ha “richiamato” il Pasolini delle Lettere luterane e non mi pare azzardato. Il ventennio del pensiero di massa che sta dietro il fenomeno Berlusconi (e dei suoi cloni locali) sta giungendo a compimento, non ad esaurimento.

L’idea della “politica” come terreno di partecipazione razionale alle scelte del vivere comune, legato a un’idea solidale di bene comune, sopravvive e probabilmente sopravviverà, ma solo nelle nostre piccole tribù degli Istituti diocesani di formazione politica, nei Centri sociali, nei Circoli della vecchia sinistra, nei Seminari universitari: un mondo irenico e innocuo, come la sala lettura di una biblioteca, che poco incide sui rapporti di potere reali.

Al contrario, il normale cittadino di oggi non perde tempo e non pensa, ma è essenzialmente un consumatore, costruito come tale e contento di esserlo. Gli hanno insegnato che non contano niente i programmi elettorali e che la politica è fatta di chiacchiere. Tutti, in fondo, rubano e – a questo punto – il potere è meglio darlo al più furbo, che – s’intende – mostra di stare dalla nostra parte. Premiato politicamente, ormai, è solo il prodotto più pubblicizzato e conveniente a livello “individuale”. In questo contesto, gli strati sociali appaiono semplificati e unificati.

Un primo blocco sociale enorme, quello degli adulti-anziani – lo si è visto –  chiude un occhio facilmente sulla moralità individuale: sembra strano, ma è così. Gli hanno insegnato che, in fondo, tutti i politici rubano e “vanno a puttane”; che, anzi, è simpatico spiarli dal buco della serratura nei programmi di intrattenimento della televisione del pomeriggio. L’importante è che la Chiesa (grande colpevole in Italia per tutto questo…) sia onorata e rispettata come istituzione gerarchica e che le tasse – quelle che si vedono (e non vengono “riciclicate” dagli enti locali) – non siano aumentate come di solito fa la sinistra. L’idea di “re-distribuire il reddito” a favore dei più deboli in nome della giustizia sociale o di privarsi di qualcosa “per le future generazioni”? Tutte balle: al massimo torniamo alla vecchia e buona “beneficenza” di un tempo, sempre se il nero o il piccolo rom fa il bravo e non rompe  i coglioni.

Un secondo grande blocco sociale, i cosiddetti giovani, “leggono” la politica come scelta del personaggio vincente; il modello è ancora una volta la competizione, l’apparire; anni di programmi come “Amici”, “Grande Fratello”, ecc. hanno funzionato e facilitato il cambiamento antropologico-culturale. Insomma: bisogna arrivare al sabato sera esibendo la “tessera di riconoscimento” del sistema: l’uguaglianza del vestire come una velina, il conformismo del bere e del look. Così pure: il lavoro me lo darà l’amico, voto chi mi assicura qualcosa, altrimenti nulla. Per carità anche in questo caso la Chiesa (che successo, caro Ruini…!) si presta bene a coprire tutto: i politici in giro per le parrocchie a distribuire prebende; ogni tanto la cena di beneficenza; s’intende: Pasqua e Natale di precetto; no all’aborto, a fecondazioni varie, all’eutanasia, ecc. (tanto che cavolo me ne frega di queste cose? Sono problemi di qualche sfigato nella vita…).

Ora, proviamo a unire idealmente insieme i due blocchi sociali, ormai pienamente convergenti, e facciamoci una giornata di verifica davanti al televisore: che Minzolini o Vespa ci facciano la predica fluidificante nell’ora di massimo ascolto conta poco. E’ come la predica, quando già conosco il parroco. In realtà, tutto il “contenitore televisivo” li promuove: come diceva Mac Luhan, quel che conta è il mezzo (contenitore), non il contenuto. In breve: in questa situazione, Santoro o Floris fanno semplicemente divertire “la tribù dei perdenti”.

Emerge il “che fare?” di leniniana memoria, qui adesso, soprattutto nella nostra realtà locale. Bella questione.

Emigrare? E’ un’ipotesi, per noi privilegiati, anche se le aree indenni sono sempre più ridotte.

Vademecum per chi resta per la politica (quella, nuda e cruda, dei “posti” nei Consigli comunali, regionali e al Parlamento) dei prossimi anni. Rassegnati o determinati a rimanere per sempre, diciamo per lungo tempo (così sembra che resta l’ottimismo), “minoranza”, piantiamola per favore, ogni volta che un’elezione è alle porte, con appelli al voto pulito, conferenze buoniste e candidati pudichi! Se la scelta “religiosa” – quella del “lievito” evangelico – resta l’unica praticabile e deve resistere nel lavoro quotidiano, bisogna in questi momenti cambiare modo di fare.

Basti pensare che a Reggio, poche ore dopo la vittoria di Scopelliti, già si sta preparando nelle stanze degli “altri” la spartizione della città con il nuovo Sindaco che verrà fuori da questa “macchina” elettorale micidiale che è stata costruita nel tempo. Mentre tutti diciamo «no, grazie» all’impegno elettorale, chi per una ragione chi per l’altra, i giochi già si stanno facendo e la linea è quella che sappiamo.

Siamo ancora in grado di fare qualcosa, fosse anche quella di entrare tutti nel centrodestra ed appoggiare veramente, ma veramente, una “persona perbene”? E qualcuno di noi ha un’idea di chi a Reggio potrebbe avere questo ruolo? Vogliamo parlarne in qualche luogo? Non vorrei prepararmi tra qualche mese a una nuova mazzata….

Ciao,

Giobbe (laico)

 

Parte II

LA SITUAZIONE NON E’ POI COSI’ NERA, GIOBBE….

[le possibili risposte del prete progressista]

Caro Giobbe, ti propongo una risposta in pillole. Medita su ogni punto:

1)      Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, chi ha Dio nulla gli manca, solo Dio basta (Nada te turbe, nada te espante, quien a Dios tiene, nada le falta, solo Dios basta: S. Teresa d’Avila) ;

2)      Nulla è eterno (anche il centro destra finirà, ma non mi chiedere quando…);

3)      Anni fa si diceva: ma moriremo democristiani? Beh, no, come s’è visto. E – n.b. – non tutto ciò che è statola DCera male: nel “sistema di potere” democristiano, che comunque ha garantito (insieme a ruberie varie) decenni di crescita economica e democratica, c’erano minoranze illuminate: gli ex uomini della Resistenza, Zaccagnini, i cattolici democratici, ecc. Anche nell’attuale centro-destra ci sono persone per bene (saranno poche, ma ci sono);

4)      Mai dimenticare che al male non c’è limite: i regimi totalitari sono peggio di quelli autoritari. Quelli autoritari (dittature) sono peggio dei regimi populistici. Fondamentalmente il berlusconismo è una forma di populismo pericoloso, ma non ancora illiberale, che si è innestata in un Paese di per sé caratterizzato da molto individualismo (alla latina), da sempre con scarso senso della cosa pubblica, che ha rigettato il terrorismo BR, ma ha dimenticato il Concilio Vaticano II, ed è ormai immerso “nel privato” [non va dimenticato che sia il Risorgimento che la Resistenza – quali uniche, vere rivoluzioni italiane – sono fenomeni sì di popolo, ma più precisamente di minoranze popolari, con un ossimoro: di élites popolari];

5)      Emigrare non serve proprio a nulla, come non servì granché emigrare durante il fascismo: sarebbe fuggire la realtà o rinviare il problema, che invece va affrontato subito, qui e ora, sapendo che presumibilmente ci vorranno tempi lunghi per modificare l’esistente;

6)      Mai dimenticare le cose buone, perché sopraffatti dalle brutte: per esempio, l’esistenza di una significativa parte della Chiesa, soprattutto di base, non compromessa col potere e il fatto che una gran parte del laicato cattolico è ben più avanzato della gerarchia. Inoltre, il centro-sinistra non è sparito; non solo comunque ancora governa la maggioranza delle Regioni (e soprattutto dei Comuni, almeno di quelli maggiori), ma il PD tiene rispetto a un PDL che retrocede rispetto alle ultime politiche;

7)      Naturalmente il centro-sinistra – accanto a contingenti e minori errori: Loiero in Calabria, la Bonino in Lazio… – ha fatto tre gravissimi (ma non irrimediabili) errori fondamentali, almeno nel recente passato: a) dimenticare che una “buona società” non può essere ispirata solo da esigenze solidali di condivisione (giustizia sociale) contrapposte a quelle capitalistiche di competizione (vince il più forte), in tutti i campi occorrendo anche severi processi di selezione (vince il migliore: meritocrazia); b) abolire l’Ulivo: l’Italia è un Paese di centro-destra. Per vincere bisogna coalizzare tutte, ma dico tutte, le forze alternative; c) parlare di Berlusconi, invece di presentare un programma concreto, semplice e di sinistra nonché – n.b.! – popolare, che significa derivante dal “contatto diretto” con la gente e con il territorio;

8)      Il mutamento antropologico della società italiana negli ultimi vent’anni è reale ed ha coinciso con il crollo del muro di Berlino (fatto globale che, in Italia, ha fatto sparire i comunisti) e con la crisi della cultura del c.d. “cattolicesimo democratico-sociale” (che ha lasciato spazio a un più amorfo “cattolicesimo liberale”). Ciò è dovuto essenzialmente alla crisi del post-concilio e ai rigurgiti pre-conciliari degli ultimi venti/trent’anni della Chiesa italiana. Proprio per questo, tutte le attività formative e culturali in atto (del centro-sinistra e del cattolicesimo democratico, che – pur minoritario – resta vivissimo) sono, contrariamente a quanto tu pensi, assolutamente fondamentali, anzi indispensabili, perché se non cambia la mentalità della gente non cambia nulla. Per quanto possa sembrare strano, io “scorgo” i segni – sul piano mondiale/globale – di una parabola discendente della migliore cultura (c.d. capitalismo compassionevole) del centro-destra: la vittoria di Obama negli USA e, fatto storico mai verificatosi prima (dunque sconvolgente e di cui si parla troppo poco, pur essendola II potenza economica del globo), la vittoria dei democratici in Giappone, ne sono un segno ancora iniziale, ma eloquente;

9)      È vero che nel “villaggio globale”, più del contenuto (per esempio: il messaggio del papa), conta il contenitore (la TV), che tutto assorbe, fluidifica e appiattisce. Ma è in atto, ormai da tempo, una decisiva rivoluzione proprio del contenitore: se una volta – per avere successo in politica – bastava avere soldi e controllare la stampa e i giornali, e se poi occorreva pure controllare le televisioni, il consenso sociale/elettorale prossimo-futuro – soprattutto dei più giovani – si conquisterà largamente su internet, che è un “contenitore” molto meno governabile di giornali e TV. Non si può sottovalutare il fatto che una delle chiavi del successo di Obama, oltre ai movimenti di base, è l’uso intelligente e di massa di internet, che – attraverso reti diffuse di collegamento e mailing list di piccolissimi donatori – gli ha permesso persino di rifiutare il finanziamento elettorale (condizionante) delle grandi industrie americane;

10)   Ma in fondo, sì, hai ragione: non basta più quel che s’è fatto finora. In Italia adesso, dopo una lunga e spietata riflessione auto-critica del centro-sinistra, bisognerà scendere in campo e “sporcarsi le mani”. Occorrerà, credo, il sacrificio “diretto” di molti di noi: proprio di quelli che sono nelle Università, nei Centri sociali, nelle Cooperative, nei Circoli di sinistra, negli Istituti diocesani di formazione politica, ecc. Sarà la nuova, per noi ultima, forma di “resistenza”: non violenta, totale, integrale, coraggiosa, piena di fantasia istituzionale-economica (forse persino di profezia).

Questo ora instaurato è un dialogo da coltivare, bada: non conta che si vinca o si perda, come pure tu brami. Ricordati che siamo servi inutili e che, solo se Dio vuole, tutto è possibile. Inoltre, come diceva il protagonista in un bel film di F. Capra: «le uniche cause per cui vale davvero la pena battersi sono le cause perse».

Perché, dunque, non cominciare a fare circolare queste nostre riflessioni nel “popolo delle formiche” (come la catena di Sant’Antonio) e realizzare di qui a un mese una sede di confronto?

Ciao, il tuo amico prete

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