Riformismo laburista comunitario 

| 1 Comment

 

Il confronto Lib-Lab di questi ultimi decenni ha generato azioni politiche divergenti nel tentativo di rinnovare la Politica dei progressisti. In questa fase post ideologica, la visione neoliberista e laburista della società non è solo un dibattito teorico, ma un tentativo di ritrovare un quadro ideale a cui ispirare la nuova politica riformista di sinistra.

Ricordiamo qui brevemente il tentativo di trovare una “terza via” a cavallo dei due secoli XX’-XXI’(con i leader Clinton, Blair, Schröder, D’Alema…) comunque, uno sforzo per riproporre una moderna socialdemocrazia.

Una nuova forza politica capace di affrontare le nuove sifide sociali del XXI’ secolo.

Tentativo non ben riuscito, o meglio naufragato anche dall’invasività della globalizzazione e dalle sue reazioni sovraniste e nazionaliste di destra che ancora oggi in atto, mietono un vasto consenso elettorale.

Anche la nascita del Partito Democratico in Italia, voleva rappresentare una scommessa coraggiosa ed originale: superare la storica visione socialdemocratica, coniugando virtuosamente i vari riformismi di sinistra maturati durante l’esperienza della “Prima Repubblica”.

Oggi, sono convinto che si può aiutare il superamento virtuoso del confronto tra le due visioni storiche della società “Lib-Lab”, con un autonomo e originario progetto Politico: un “Riformismo comunitario” che trae origine e si ispira al laburismo cristiano fondato sulle encicliche di Papa Francesco, “Laudato sì” e “Fratelli tutti”.

Una proposta che non commetta l’errore di contrapporre la società allo stato, come hanno fatto le destre negli anni 80/90’ del secolo scorso con lo slogan: “meno stato più società”. Diversamente, il “Riformismo laburista comunitario”, riconosce, assume in sè e attua la regolazione e la programmazione politica dello Stato all’interno di un’economia sociale di libero mercato. Nel contempo, però, valorizza la Comunità per far vivere e far rifiorire la democrazia. Infatti, quando ci si sente legati da vincoli di fiducia reciproca e ci si riconosce come parte di una comunità, ognuno opera attivamente per migliorare la vita comunitaria della quale si sente parte.

Partecipazione, civismo, coinvolgimento, fiducia, sono processi attivabili solo quando le persone si sentono parte attiva di un gruppo. Quando al contrario i cittadini si sentono meri clienti di un servizio, la democrazia entra in crisi perché mutano i valori fondanti di una relazione di qualità.

Non serve democrazia tra cliente e fornitore. Serve democrazia fra cittadini che aspirano a costruire insieme “la casa comune”.

 

UN PÒ DI STORIA RECENTE

“Già negli ultimi decenni del secolo scorso con il presidente Giovanni Bianchi, le Acli hanno iniziato a teorizzare, praticare, e promuovere nel filone culturale del Municipalismo, il “Welfare municipale”, una visione complessiva e non frammentaria, di una socialità istituzionale locale, capace di valorizzare le comunità primarie territoriali: la famiglia, le reti parentali e di vicinato, il volontariato, i corpi intermedi, le varie forme associative, mutualistiche e cooperative, le fondazioni, gli enti, il sindacato, i servizi pubblici locali, l’agricoltura famigliare e diretta, l’artigianato locale ed il commercio di prossimità. Un Civismo Municipale Comunitario dei cittadini che in esso si riconoscono e da protagonisti vivono una cittadinanza attiva e responsabile, finalizzata al bene comune e sostenibile.

Da questo processo sono nate significative esperienze. Ed è proprio nei primi anni ‘90 che nel nostro paes,e sotto una spinta politica di rinnovamento generale (e anche di queste esperienze locali), si attua una vasta riforma dei comuni, aumentandone l’autonomia gestionale, compresa l’elezione diretta dei sindaci. Riforma che ancora oggi riesce ad essere attuale e positiva per la vita dei comuni Italiani.

Per correttezza e completezza di bibliografia storica di questo filone culturale, qui vanno citati i professori e filosofi: Pietro Maria Toesca in “Il manuale per fondare una città” e Alberto Magnaghi in “il progetto locale e lo sviluppo auto-ostenibile” e “Lo statuto dei luoghi”.

 

LA PROPOSTA NEL NOSTRO TEMPO.

Se rimaniamo dentro ai codici della politica tradizionale, si rischia di ridurre il cittadino come mero lavoratore, consumatore, elettore e fruitore di servizi pubblici. Non è poco, ma non basta perchè senza legami forti, il desiderio di appartenenza e di protezione viene prepotentemente attratto dalle illusioni, dalle scorciatoie e dalle manipolazioni, cioè dall’armamentario dei consumisti, dei sovranisti e dei populisti”. La visione “Laburista Comunitaria” della società aiuta in modo determinante a dare senso alla Persona e spinge ad assumere protagonismo del proprio ed altrui futuro, ad avere fiducia, invece che a rinchiudersi ed a cercare protezione dalle paure”.

Per questo occorre riconoscere soggettività sociale e Politica alla Comunità ed ai suoi corpi intermedi, in un quadro laburista di Welfare, redistributore del reddito in una democrazia liberal-sociale e parlamentare. Diversamente per la sinistra significa avere le armi spuntate, e rischiare di consegnare il potere Istituzionale alle destre. Come lo spostamento del consenso elettorale nelle ultime elezioni democratiche nei paesi occidentali dimostrano…..

È bene rimarcare che questo progetto politico non è una proposta per il ritorno a determinate utopie delle comunità locali chiuse ed autosufficienti. Neanche un disegno nostalgico per rinsaldare identità e tradizioni localiste di territori e nazioni ricche che isolandosi, credono di tutelare i propri egoismi. Diversamente è un progetto “personalista” che si basa sulle buone relazioni tra le persone e le Comunità rivolte alla ricerca del Bene Comune Solidale ai vari livelli: locale, regionale, nazionale continentale e globale. Questo è un processo che la mia generazione ha iniziato socialmente e culturalmente a respirare nella stagione post-conciliare già dai primi anni ‘70 del secolo scorso, attraverso la presa di coscienza di quel famoso slogan: “pensare globalmente ed agire localmente”. È proprio da quegli anni che inizia la definizione e il riconoscimento da parte delle istituzioni di un soggetto sociale (storicamente sempre esistito) che prende coscienza del suo significato socio-politico e si struttura:

Il terzo settore”, questo soggetto non coincide con il progetto politico evocato, ma ne costituisce buona parte.

Anche l’impresa capitalista profit può rientrare in un disegno politico comunitariamente orientato.

È un esempio Adriano Olivetti, quando in modo profetico concepiva e gestiva così le sua attività economica e sociale: “la mia impresa è una comunità”. Questo concetto poi di impresa comunità, fondata sulle persone e le loro relazioni, è ripreso in modo molto forte da papa Giovanni Paolo II nell’enciclica “Laborem Exercens” del 1981 e dalla dottrina sociale seguente, specialmente nelle due ultime encicliche di Papa Francesco.

 

LA GRANDE SFIDA DELLA FRATERNITÈ

L’attuazione del “Riformismo Laburista Comunitario” inizia dalle reti primarie territoriali comunitarie ispirate al dono ed alla solidarietà che si vivono nelle relazioni familiari, amicali, di vicinato, di volontariato fino ad arrivare alle dimensioni globali planetarie. Ai vari livelli, tutte le attività economiche, sociali, culturali e politiche, sono coinvolte. Solo se ancorate, finalizzate e gestite in modo organico dalle relazioni delle persone della comunità in cui sono generate ed appartengono.

Tuttavia un attuale sano realismo, rileva una società occidentale che si è sempre più individualizzata. Gradualmente dagli anni 80’ del secolo scorso, in occidente, corriamo il pericolo di perdere progressivamente il senso comune diffuso di Lavoro e Comunità.

È anche per questo processo culturale che ai vari livelli istituzionali, la politica di sinistra non riesce più a dialogare con la stragrande moltitudine dei cittadini in modo ragionato ed approfondito. Il processo di disintermediazione del populismo politico di di tutti i colori, aiutato da un uso distorto dei moderni social, aumenta un pericoloso individualismo supponente ed arrogante. Contemporaneamente, nelle nostre città i luoghi comuni diminuiscono sempre di più a favore di spazi massivi anonimi ed a prevalenza di rapporti economici.( sempre più centri commerciali, fast food ecc… a scapito dei circoli cooperativi e ricreativi gli oratori e le parrocchie che progressivamente sono accorpate o chiudono).

Molte volte, troppe volte, nel vivere quotidiano, ci si trova sempre più soli e precari in una massa individualizzata ma con il cellulare in mano…

Tuttavia, siamo convinti che l’individualismo di massa abbia raggiunto il suo apice avendo attraversato trasversalmente tutte le realtà educative, culturali, sociali e politiche, lasciando molte macerie. Oggi si inizia ad intravedere una ricerca diffusa di luoghi ed opportunità per intessere relazioni comunitarie più significative e stabili, che diano qualità alla vita sociale: alla ricerca di una Comunità e di un lavoro che diano senso alla vita, ad una buona vita.

Questa visione politica di realizza solo con il protagonismo dei cittadini, l’accoglienza e la mutualità delle persone dei corpi intermedi nei luoghi più prossimi: casa e lavoro, e aiuta a combattere il populismo ed il sovranismo, oggi fenomeni liquidi dilaganti nella parte più fragile della società.

Se un cittadino vive e partecipa in modo attivo nei luoghi vitali della sua prossimità, “se non si sente un lavoratore solo, un lavoratore isolato, un consumatore abbagliato, un elettore distratto, un utente passivo dei servizi pubblici, allora potrà comprendere più facilmente i vantaggi della globalizzazione e della cooperazione tra popoli e nazioni e potrà apprezzare la fatica della democrazia rappresentativa”.

Di fatto nell’attuazione del “Riformismo Laburista Comunitario”, troviamo la grande scommessa della Politica: il tentativo concreto di realizzare per intero il motto della rivoluzione francese: non solo “libertà ed uguaglianza ma prima di tutto fraternità”.

 

Francesco Prina

(già sindaco di un comune lombardo, poi consigliere regionale in Lombardia e deputato del Pd dal 2014 al 2018)

 

 

 

 

 

One Comment

  1. Aggiungo un’osservazione all’interessante articolo: nei gruppi sinodali che nella mia parrocchia si sono incontrati la primavera scorsa è emersa coralmente l’esigenza di incontri comunitari, di relazioni più fraterne, di occasioni di vita in comune. Probabilmente l’esigenza si è manifestata con forza, nonostante il generale individualismo, anche in seguito ai due anni segnati dall’isolamento causato dalla pandemia.

Rispondi a Maria Pia Bozzo Annulla risposta

Required fields are marked *.