Ricreare partecipazione affrontando di petto il problema dello sviluppo sostenibile

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Ho letto molte interessanti considerazioni nei commenti precedenti.

Non essendo un intellettuale vorrei provare ad aggiungere le mie, molto più terra-terra ma spero con un minimo di concretezza.

Certamente per la difesa e il consolidamento della democrazia è determinante il senso civico dei cittadini; che in qualche caso può svilupparsi per merito del singolo ma in generale dovrebbe essere instillato dalle entità educative: la famiglia, la scuola, anche la Chiesa. Non sembra che queste lo facciano in modo diffuso, convinto ed efficace. Per non parlare dei media e dei partiti politici.

Allora, cosa potrebbe motivare molte persone ad una partecipazione democratica? Non sembra che il desiderio di essere parte attiva della comunità e di contribuire al bene comune stiano attualmente funzionando molto.

Forse il timore di perdere quel tanto o poco di democrazia sostanziale che abbiamo? Anche questo non sembra un pericolo molto avvertito, anzi a volte – o spesso – è superato dal desiderio dell’Uomo forte o del salvatore della patria: si vedano gli andamenti ondivaghi dei flussi elettorali.

Se c’è un minimo di razionalità in una buona parte degli esseri umani si dovrebbe sperare che l’interesse al bene comune possa essere stimolato dalla consapevolezza di correre un pericolo mortale.

Ebbene, sappiamo con certezza che l’umanità sta correndo verso disastri immani a causa dei cambiamenti climatici, che già colpiscono adesso  ma ancora più colpiranno le generazioni future.

Non dovremmo allora concentrare tutti gli sforzi per diffondere la consapevolezza di questo problema e sulla necessità di provvedere subito e concretamente?

Certo, la democrazia deve affrontare tanti altri grossi problemi: dalle disuguaglianze e ingiustizie sociali, ai regimi tirannici, alla mancanza di democrazia sostanziale anche nei paesi “liberi”, alle migrazioni, alle guerre in corso. Ma anche la eventuale soluzione di questi problemi non salva l’umanità se non si risolve quello principale. Perfino una guerra nucleare, che potrebbe distruggere l’umanità, è pur sempre un rischio: mentre le catastrofi climatiche sono una certezza.

Ora, che contributo ulteriore specifico possono dare i cattolici democratici su questo tema, che dovrebbe comunque essere evidente a ogni persona di buon senso? Secondo me, sul piano delle cause e delle soluzioni da adottare. Cercando cioè di far capire che il problema è causato dal mito dello sviluppo illimitato, che per definizione non può essere “sostenibile”!

Ora lo sviluppo materiale illimitato è insito nel sistema capitalistico, che alimenta le tendenze consumistiche dei più. Ora i cattolici dovrebbero essere ancor più capaci di altri di affermare che il “benessere” non consiste nell’avere sempre più beni materiali, ma che anzi rinunciare a qualcosa – sia pure a volte con fatica – può far stare meglio. Come perdere peso, mangiando moderatamente, fa stare meglio in salute e anche sentirsi meglio.

 

Ferdinando Mandara

(Bresso – Mi. Socio di Banca Etica)

One Comment

  1. Mandara,
    hai perfettamente ragione. Anche se ne parliamo poco, perchè parlare di capitalismo sembra di ritornare a una ideologia marxista superata, il problema rimane. Come affrontare il capitalismo secondo una concezione non marxista? L’unico metodo che abbiamo è quello della democrazia, che significa cambiare il capitalismo pezzo per pezzo, avere la capacità di indicare interventi e strutture che vadano in questa direzione. Le difficoltà sono a mio parere di due tipi: da una parte la capacità di individuare proposte realmente efficaci, dall’altra la via democratica richiede un consenso popolare che non è facile da realizzare, in quanto richiede una coscienza matura ( è quello che dici anche tu). E’ chiaro che non possiamo metterci a “educare” il popolo, sono i fatti e le esperienze a convincerlo.
    Sandro Antoniazzi

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