“Microcredito, l’Italia e l’Europa”: seminario di Argomenti2000 e R.it.mi per lanciare una Proposta di legge

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“Di fronte al riconosciuto valore del microcredito a livello europeo e all’importanza conferitagli nel nuovo ciclo di programmazione comunitaria è fondamentale che anche in Italia si preparino azioni all’altezza delle aspettative”.
E’ l’obiettivo con cui si è aperto il Seminario organizzato dall’Associazione Argomenti2000  (che fa parte della rete C3dem), in collaborazione con RITMI (la rete che raccoglie 22 organizzazioni italiani che lavora sul microcredito) e promosso martedì 24 a Roma presso la Camera dei Deputati.
“Purtroppo – sottolineano gli organizzatori – gli operatori del settore attendono ormai da quattro anni l’emanazione dei regolamenti attuativi (dell’art.111 del Testo unico Bancario) per molti versi indispensabili per poter svolgere le attività di microcredito con chiaro status legale e professionale.”
Da qui nasce anche l’esigenza di una proposta di legge, a cui ha fatto cenno il presidente dell’associazione Ernesto Preziosi, deputato, (e componente della Commissione Bilancio, tesoro e Programmazione), e presentata nel seminario come uno strumento normativo in grado di sostenere la micro finanza al fine di “creare opportunità di lavoro e di vita per le persone escluse e in difficoltà; fornire servizi finanziari e di accompagnamento di qualità; favorire lo sviluppo dell’impresa sociale e della forza innovativa dei giovani”.
“La prospettiva non può che essere europea – ha sottolineato Giampietro Pizzo, presidente dell’associazione Ritmi

– In questo ambito si vanno realizzando una serie di politiche attive per il lavoro, all’interno delle quali il microcredito viene ritenuto efficace e in grado anche di presentare un buon livello di sostenibilità economica. Alla vigilia del semestre europeo guidato dall’Italia è importante rilanciare questo elemento.”
Ci sono alcuni punti da affrontare con determinazione, ha sottolineato: il primo è capire se è sviluppabile in Italia una dimensione del microcredito che esca dagli interventi puntuali e straordinari, come è stato fino ad oggi. Adesso, di fronte allo scenario diverso di una domanda insoddisfatta di credito e con un’esclusione di credito che è a livelli drammatici (un quarto di popolazione rimane fuori dal credito), la logica dell’intervento straordinario non è più sufficiente. Bisogna capire se ora si può in via ordinaria praticare un microcredito che sia permanente, sostenibile, strutturato e radicato sul territorio.”
Per questo parlare del famoso art 111 non è solo una questione di dimensioni del credito erogato, ossia di piccola entità, ma si accompagna con il tutoraggio, l’assistenza, e nella fase successiva all’accompagnamento del soggetto richiedente.
Inoltre, non avendo risposte sul piano delle norme di attuazione dell’articolo 111 non si può, nonostante siano passati quattro anni, avere la certezza sulla gestione dei soggetti che possono operare, si rimane costretti a lavorare solo in una logica di partenariato con gli istituti abilitati. Dare operatività all’articolo 111 è perciò la questione più immediata e urgente, ha ribadito con forza Pizzo. C’è inoltre bisogno di una forte semplificazione burocratica e amministrative; la riduzione dei tempi di attesa per le erogazioni e la riduzione della documentazione richiesta.
E’ vero – ha riconosciuto il presidente di Ritmi-: accanto alle buone pratiche ci sono anche cose non buone. C’è anche il rischio di inflazionare il termine di microcredito. Ma per poter aprire le porte adeguatamente a quel 25 per cento che non è finanziabile ordinariamente bisogna camminare nel senso della legge che proponiamo. Va fatta una valutazione seria del merito. Se la microfinanza è una risposta anticiclica alla crisi, bisogna che le risorse si trovino anche in queste condizioni. C’è bisogno di una deroga ala patto di stabilità. Abbiamo opportunità di accedere a risorse comunitarie per il microcredito.
“Infine: bisogna Lavorare per rendere chiara la sostenibilità, la qualità del credito e gli effetti positivi che genera. Quindi bisogna darsi strumenti di valutazione efficaci.”
In questa direzione, i dati offerti dal sottosegretario al lavoro Luigi Bobba sembrano essere confortanti: nel 2012, in Italia, l’insieme delle 106 iniziative di microcredito monitorate risulta avere erogato 7.167 microprestiti, per un ammontare complessivo di oltre 63 milioni di euro, creando mediamente 2,5 posti di lavoro con una spesa media di 8200 euro a posto (Rapporto dell’Ente nazionale per il Microcredito dell’ottobre 2013). Non male. Ma nonostante l’ammontare erogato e le domande soddisfatte siano aumentate rispetto agli anni precedenti, (raggiunto quasi il 50% per cento) resta ancora alto il numero di coloro che non trovano risposte positive. Da sottolineare – infine – che circa il 94% dei beneficiari si ritiene soddisfatto dello strumento del microcredito e che circa il 65% dei beneficiari ritiene che senza il microcredito non avrebbe raggiunto il proprio obiettivo.
Il sottosegretario Bobba ha poi aggiunto che nel progetto di riforma del Terzo settore che il governo sta portando avanti, è stato inserito il microcredito tra le attività che possono essere svolte dalle imprese sociali, pur a determinate condizioni.
Ma sui decreti attuativi deIl’art. 111 non ha potuto portare nessuna novità. In sincerità ha riconosciuto che non sono nell’agenda del governo. E allora quanto tempo ancora bisognerà aspettare, si sono chiesti allora anche gli altri relatori della successiva tavola rotonda, per considerare credibile e concretamente fattibile l’impegno delle istituzioni in questo settore?

 

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