Mario Cortellese, un laico cristiano al servizio del bene comune

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Si è celebrato ad Acireale un convegno a proposito di un libro scritto in onore di Mario Cortellese, nato nel 1913 e morto il 6 giugno del 2010[1]. Si dirà, un libro come tanti altri, senza pretese. È narrata la vita di un uomo spesa in un intreccio tra famiglia, professione,  impegni associativi e vita politica. I nodi della sua lunga esistenza si dipanano infatti tra l’impegno ecclesiale (la FUCI,  i Laureati cattolici), la scuola (insegnante di materie letterarie, insegnante nella scuola per Assistenti sociali, responsabile della Università Popolare) e la produzione di articoli e volumi relativi alla sua attività politica. Vissuto nel pieno degli anni del Concilio, fu un laico che ebbe chiara la sua funzione, senza eroismi, nella ordinari età della vita quotidiana. Il Concilio fu un grande evento che cambiò la storia degli uomini e delle istituzioni e Mario lo visse e lo tradusse nella sua vita e nelle varie organizzazioni ecclesiali in cui ebbe la fortuna di essere parte attiva. Visse tra Acireale e Roma dove svolse la sua vita di insegnante, ma, nello stesso tempo, impegnato, nell’associazionismo cattolico, FUCI, Movimento Laureati, di cui ricoprì incarichi e responsabilità a livello locale e nazionale. Il volume, diviso in tre sezioni, esamina il suo impegno nella Chiesa, il servizio nella scuola e la sua attività nella politica. Il ‘filo rosso’ che lega le diverse parti è rappresentato dal “Bene Comune” (che dà il titolo al libro).

Il volume si apre con una riflessione sul laicato, che bene si addice alla personalità del Cortellese. Dice don M. Naro che la vita cristiana e laicale sia stata una riuscita “esistenza conciliare”, vissuta in termini positivi nella consapevolezza storica descritta dalla Apostolica Actuositatem, secondo cui  i laici sono chiamati a “santificare il mondo”. E Mario realizzò una tale missione nell’esperienza dell’Azione Cattolica e nei suoi Movimenti, la FUCI e i Laureati Cattolici, in cui visse lo specifico dei laici che era  “essere nel mondo e per il mondo, a partire dal di dentro del mondo stesso, come insegna la LG 31”. Le tracce di Dio, in fondo, sono quel ’Bene Comune’, che tutti i cristiani sono chiamati a ritrovare e a significare a servizio di tutto il mondo. L’apporto di Tiziano Torresi, di Giuseppe Rossi, di Salvatore Leonardi e di Sebastiano Raciti testimoniano l’entusiasmo e la costanza con cui Mario Cortellese fu presente nelle varie manifestazioni della vita, in parrocchia e nella diocesi, per non parlare del ruolo che ha rivestito a livello nazionale. Nella seconda parte, importante fu l’apporto di Cortellese alle vicende che si andavano svolgendo nella Chiesa e nella società. Giorgio Campanini descrive la funzione svolta dai cristiani tra la cultura e la politica e mostra come la vita degli intellettuali cattolici abbia giovato e si sia spesa per la nascita e l’affermarsi della democrazia in Italia, anche nei ruoli modesti ma non per questo meno significativi.  Significativa a tal proposito la testimonianza apportata da Carmelina Chiara Canta, che negli anni della sua esperienza romana, come dirigente nazionale dell’Azione Cattolica, ebbe modo di conoscere Mario (e ne divenne amica sincera fino alla fine della sua vita): scrive che trovò in Cortellese, trasferitosi a Roma anche lui per un comando presso il Ministero della Pubblica Istruzione, un sapiente ‘regista’ quando si stavano applicando i “Decreti Delegati”. Fu un periodo di grande trasformazione per la scuola che si apriva alla democrazia e alla partecipazione. Ma fu anche un periodo storico convulso e pieno di grande incognite. Di lì a poco l’Italia sarebbe stata colpita da violenze e da fatti di sangue. Altre testimonianze (comprese quella della nipote e dei figli), meriterebbero di essere ricordate.

Non si può non ricordare però la terza parte del volume che è occupata da una ricca raccolta di scritti di Mario Cortellese, da cui si evince la passione crescente di Cortellese stesso per i fatti della storia, che si aprivano alla modernità e che in una visione pienamente cristiana, erano da lui vissuti intensamente. Nello spazio di una recensione non si può dire tutto, ma si può, in estrema sintesi, affermare che dedicò la sua lunga vita per il ‘Bene Comune’, che è ‘bene’ per tutti e da tutti prodotto senza alcuna restrizione, per cui vale la pena di vivere.

               Salvatore Rizza

 



[1] Un laico cristiano al servizio del ‘Bene Comune’, a cura di Giuseppe Rossi e Salvatore Leonardi, edizioni Studium, Roma

 

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