L’Italia faccia di tutto per fermare le armi

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Sull’Unità di lunedì 19 novembre 2012 intervine Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, per chiedere un intervento che riporti almeno una tregua nella Terra santa

Pochi giorni fa sono andato a Sderot in segno di solidarietà e vicinanza con gli israeliani che dal 2001 vivono sotto il tiro dei razzi lanciati dalla Striscia di Gaza. Ci sono andato, con altri duecento italiani, sfidando le sirene che quel giorno hanno suonato cinque volte e il silenzio mediatico calato da lungo tempo su quella tragedia. Nomika Zion, figlia di uno dei padri fondatori dello Stato di Israele, aveva provato a farci desistere ma davanti alla nostra insistenza ci accompagna per le strade della sua città fino al confine con Gaza. E parla come un fiume in piena. “Sono molto pessimista. La nostra vita passa da una guerra all’altra. C’è ancora un piccolo gruppo di israeliani che crede nella pace. Tutti gli altri pensano solo alla prossima guerra. Qui la guerra è uno stato mentale. Ma la guerra ti distrugge la mente e ti avvelena il cuore. Così noi abbiamo perso la capacità di riconoscere i palestinesi come esseri umani. Per noi i palestinesi non hanno più una faccia, una voce personale, un nome. Hanno solo un’entità collettiva, un solo nome: terroristi. Ma quando smetti di considerare le persone come esseri umani, tu stesso smetti di essere umano. Per questo non riesco a vedere la fine del tunnel. Dobbiamo parlare con Hamas, mettere fine all’assedio di Gaza,… ma il nostro governo non vuole sentir ragione. Ecco, voi, la pressione internazionale, voi siete la mia unica luce, la mia ultima speranza. Aiutateci”. Nomika non ne può più della guerra, più o meno come i palestinesi che da sei giorni sono ripiombati nell’incubo del terrore. Nomika come i bambini di Gaza ci chiede aiuto. Ma noi cosa stiamo facendo?

Missili da Israele. Missili da Gaza. E la pace da dove? Dopo decenni passati inutilmente ad auspicare la pace in Medio Oriente non possiamo che ripartire da noi. E’ l’unica cosa seria e realistica che possiamo fare. E allora dobbiamo dire forte e chiaro: basta con le esortazioni, basta con gli inviti alla calma, basta con gli appelli alle parti! L’Italia ha il dovere di fermare la guerra a Gaza. Lo può e lo deve fare agendo con intelligenza e determinazione nell’interesse superiore dei diritti umani, della sicurezza internazionale, della giustizia e della pace. L’Italia, che vanta ottime relazioni sia con Israele che con i palestinesi, può fare molto. Ma deve cambiare: smettere di essere di parte, assumere un ruolo attivo, propositivo e progettuale. Nel Mediterraneo, in Europa e all’Onu. Per quanto tempo ancora potremo resistere senza avere una politica estera all’altezza della situazione?

Fermare la guerra a Gaza è indispensabile ma questa volta non basterà. E’ arrivato il momento di andare alla radice del problema e risolvere il conflitto tra questi due popoli. Sono passati 45 anni dall’inizio dell’occupazione israeliana della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Più di 20 da quando è iniziato il cosiddetto “processo di pace”. Da allora si calcola che il mondo abbia speso 12 trilioni di dollari e ancora oggi spendiamo per questo conflitto oltre due miliardi di dollari l’anno. Uno sforzo economico enorme accompagnato da vertici, viaggi, incontri, negoziati, piani, mediazioni e attività umanitarie che, a giudicare dai risultati, non è servito a nulla. Non ci possiamo più permettere di continuare in questo modo. Non è solo troppo costoso. E’ destabilizzante. Il conflitto è sulla terra. E su quella terra deve essere riconosciuto a entrambi il diritto di vivere in pace con gli stessi diritti, la stessa dignità e la stessa sicurezza. La formula è “due stati per due popoli”. E deve essere realizzata ora. Anche a costo di un’inedita e creativa “imposizione” internazionale. Probabilmente è l’ultima possibilità e non ci conviene più aspettare.

L’Italia deve fare la sua parte, consapevole dei suoi limiti ma anche delle sue risorse, della sua prossimità e delle sue responsabilità. Chiudere oggi il conflitto israelo-palestinese conviene a tutti. Anche a noi. Per questo l’inazione degli altri non può più giustificare la nostra. PS. Ma i candidati alle primarie che ne pensano?

di Flavio Lotti

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