In dissenso dai giuristi dei Comitati Dossetti

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Ho letto il comunicato “Nuove elezioni per riforme condivise” dei Giuristi dei Comitati Dossetti per la Costituzione. Si tratta di persone di grande valore sotto il profilo professionale, culturale e umano, per le quali nutro profonda stima e che tante volte ho letto e ascoltato; e continuerò a farlo. Proprio per questo, tale comunicato mi ha lasciato sorpreso e mi fa pensare che forse la fretta di “dare un segnale” abbia prevalso su una valutazione più attenta e meditata. Almeno, è questa la mia speranza.

Non sono un giurista e men che meno un costituzionalista e non mi permetto certo di mettermi al livello dei firmatari.
Con umiltà e spirito di confronto costruttivo vorrei porre alcune domande, evidentemente in buona parte retoriche.
1) Il sistema proporzionale puro non è da tempo nell’agenda delle forze politiche ed è stato, di fatto, superato da un referendum popolare. Ha senso porsi di fronte alla difficile e spinosa questione della riforma elettorale proponendo una soluzione non sentita utile dalla maggioranza del Paese?
2) Davvero andare a votare subito porterebbe a un deciso miglioramento della situazione?
3) Quanto sarebbe eticamente corretto presentarsi alle elezioni senza poter dire prima agli elettori con quali altre forze politiche si potrà o vorrà governare, visto che molto dipenderebbe dal risultato ottenuto da ciascuna? Sarebbe un passo avanti il ritorno alla “delega in bianco”?
4) Salvo un clamoroso e inedito successo di uno dei partiti in campo (non riuscito finora nemmeno alla DC), come si potrebbe governare in modo stabile e senza trasformismi, maggioranze variabili, scambi di vario tipo, se si adotta un sistema proporzionale puro, che riproporrebbe e anzi solleciterebbe ulteriormente la frammentazione presente nel nostro Paese, non dovuta, spesso, a vere ragioni ideali e programmatiche? Sarebbe giusto correre il rischio di far dipendere i destini di un Governo dalle decisioni o magari dei capricci di un gruppo di pochi ma determinanti parlamentari, dando a questi un potere del tutto sovradimensionato rispetto al consenso ricevuto?
5) Si è consapevoli che nelle condizioni attuali un Parlamento siffatto, probabilmente, darebbe vita a governi di “larghe intese” (tecnici o politici) tra forze di centrosinistra e di centrodestra che non si pongono come “alternative al sistema” (escludendo cioè Lega e Movimento 5 stelle)? E’ questo che si desidera?
6) Infine, in base a quali elementi si può ritenere che “il nuovo Parlamento così eletto potrebbe essere in grado di realizzare indirizzi e misure capaci di rilanciare e attuare i permanenti valori della Costituzione, primi tra questi la dignità della persona con la centralità del lavoro e l’effettività della libertà e dei diritti sociali, l’eguaglianza, la corresponsabilità politica di tutti i cittadini e la costruzione della pace” ?
Mi scuso per l’irriverenza e mi auguro che la riflessione comune continui.

 

Sandro Campanini – Parma
3 febbraio 2015

 

2 Comments

  1. Non si tratta di essere giuristi, anche perché la categoria non è allineata. Nemmeno i giuristi possono restare negli spazi aerei dei principi: quando fanno degli appelli, fanno solo politica. Le leggi le fa, ovviamente, il Parlamento, che non può che agire nell’interesse della polis e quindi “fa politica”. Buona o cattiva, è quella votata dai cittadini. I governi non debbono necessariamente “piacere” (all’elettorato piacque anche per oltre cinquant’anni non avere alternanza di governo): se oggi (anche se stanno succedendo cose abbastanza allarmanti in politica economico/finanziaria e in politica estera e non siamo in grado di fare previsioni) si andasse alle elezioni, la variante principale sarebbe Salvini come interlocutore. Come socia del “Dossetti” auspicherei un’assemblea politica allargata. Irriverente?

  2. Assolutamente d’accordo con Campanini. Ho trovato il manifesto dei cosiddetti “giuristi del Dossetti” sbagliato sotto il profilo politico ed anche alquanto presuntuoso nel voler trinciare sentenze di incostituzionalità o di pericolo per la democrazia. Trovo inoltre profondamente errata questa idea di voler legare il nome di Dossetti al misoneismo e all’immobilismo più assoluti, che non corrispondevano minimamente alle sue intenzioni.

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