Il cambiamento del sentire, della pratica e delle abitudini religiose dei cattolici in Italia al tempo del COVID-19

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L’associazione “Nipoti di Maritain” – associazione di dibattito ecclesiale nata nel 2012 attorno ad un blog fondato da amici “cattolici democratici” legati alla FUCI di Lucca e, a partire dal 2016, diventata un progetto nazionale con l’omonima rivista – tra il 24 e il 26 aprile 2020 ha svolto il sondaggio online Nella Chiesa che cambia? Il cambiamento del sentire, della pratica e delle abitudini religiose dei cattolici in Italia al tempo del COVID-19.

L’85% dei 411 rispondenti (160 uomini e 251 donne) erano “praticanti” almeno alla Messa domenicale; il 35% risiede nel Nord Italia, il 20% al Centro e il 45% al Sud + Isole. Per quanto riguarda l’età, il 27% ha meno di 40 anni, il 45% tra i 41 e i 60, il 28% dai 61 in su; i laici non sposati sono il 31%, quelli sposati il 62%, poi vi è un 4% di presbiteri e 2% di fraternità religiosa o laicale. Hanno espresso inoltre il loro orientamento ecclesiale: molto progressisti (17%); moderatamente progressisti (38%); moderati (33%); moderatamente conservatori (9%); tradizionalisti/reazionari (3%).

All’analisi ha collaborato la sociologa Carmelina Chiara Canta (Università Roma Tre). Qui mi soffermo sulle scelte e sulle prospettive future ecclesiali.

 

L’apprezzamento delle scelte ecclesiali

Si è verificata la condivisione con un indice che pondera le frequenze relative delle risposte (moltissimo=1; molto=0,75; abbastanza=0,5; poco=0,25; per nulla=0).

I video e le dirette dei presbiteri: 0,75

L’approvazione è chiara. È maggiore nelle donne (0,78), rispetto agli uomini (0,70); registrano un dato più basso gli “estremi” (molto progressisti e tradizionalisti) dello spettro ecclesiale (0,69) e chi era saltuario a Messa a gennaio (0,57) raffrontato agli assidui (0,80). I presbiteri rispondenti gradiscono meno (0,53); c’è insofferenza per tendenze esibizionistiche, celebrazioni improvvisate o troppo frequenti per scongiurare la solitudine, invidie verso i confratelli videomaker che talvolta li rimproverano di vacanza, e pigrizia dei fedeli. Nel complesso le risposte “poco” e “per nulla” si fermano al 9%, contro il 70% dei “molto” e “moltissimo”.

La collaborazione dei vescovi con il Governo italiano per sospendere le celebrazioni: 0,68

Ha avuto una sufficiente condivisione per ambedue i generi. È poco minore nell’Italia centrale (0,61), mentre valori maggiori si trovano tra over 60 (0,74), preti (0,81) e fraternità (0,74). In ambito progressista è molto apprezzata (0,76) e anche il campo moderato vede un sufficiente accordo (0,64); emerge malcontento tra conservatori (0,44) e tradizionalisti (0,31). Tra chi a gennaio andava a Messa sporadicamente il dato è inferiore (0,50) ai frequentanti domenicali (0,73). I valori poco e per nulla ottengono il 14%, contro il 61% dei molto e moltissimo.

I sussidi per celebrare in famiglia: 0,65

C’è sufficiente apprezzamento, anche qui senza divergenze tra maschi e femmine. Sono più soddisfatti i giovani (0,70) rispetto agli anziani (0,59), forse meno abituati. Sono più apprezzati dai presbiteri (0,84) che non dalle famiglie (0,63) chiamate a esserne protagoniste. Il valore del Nord-Ovest (0,70) è superiore a quello del Mezzogiorno (0,62). All’aumentare dell’assiduità cresce il consenso: dallo 0,42 dei saltuari allo 0,83 degli assidui alle messe quotidiane. Poco e per nulla raggiungono insieme il 22%, contro il 57% dei molto e moltissimo.

Le iniziative laicali di evangelizzazione: 0,55

Il dato è sufficiente ma non elevato: 0,55. Pure qui, valori notevolmente più alti si registrano tra i presbiteri (0,80); la qualità e lo stile delle proposte non era di gradimento per il laicato oppure esso subisce il retaggio di una visione clericale di evangelizzazione? Tra i giovani l’apprezzamento sale allo 0,60 e chi a gennaio partecipava quotidianamente alle Messe gradisce molto di più (0,73) rispetto ai saltuari (0,37). Non abbiamo specificato a quali iniziative ci riferissimo e quindi è anche possibile che ci siano stati fraintendimenti: non si pensava tanto alle “catene di benedizioni” quanto piuttosto a gruppi biblici e di catechesi, attività creative, testimonianze di vita cristiana, letture, canzoni, applicazioni, canali social cristiani… Nel complesso, il 31% afferma di aver apprezzato poco (18%) o per nulla (13%) tali iniziative, mentre il 43% le ha apprezzate molto (23%) o moltissimo (20%).

I preti che non celebrano, aspettando la comunità: 0,35

Per rispetto verso l’Assemblea (che riunita è la “celebrante” della Messa) alcuni preti si sono rifiutati di celebrare “senza concorso di popolo”[1], nonostante i vescovi abbiano richiesto di celebrare “per il popolo” anche in sua assenza fisica, considerando il valore intrinseco della Messa[2]. I risultati non evidenziano ingenti divari socio-demografici; i poco e per nulla sono il 58% contro il 24% dei molto e moltissimo.

Le processioni e le ostensioni: 0,32

Hanno riscosso poco apprezzamento (0,32) i presbiteri che in tempo di pandemia hanno girato per le strade dei paesi con ostensori, statue o crocifissi. Maggiore comprensione vi è all’interno delle aree conservatrice (0,53) e tradizionalista (0,58), e tra gli assidui alla santa Messa (0,46). A non aver gradito il ricorso a questa forma di pietà (o di “religiosità popolare”, come la definiscono i sociologi della religione), che pure sono antiche e molto radicate in Italia, soprattutto nel Nord-Est anche nella post-modernità[3], è il 63%. Molto e moltissimo si fermano al 20%.

Le Messe celebrate in violazione dei divieti: 0,16

Un’ampia maggioranza (87%) afferma di aver condiviso “per nulla” (60%) o “poco” (27%) le violazioni dei divieti. Vi è però un 3% di “molto” e un 3% di “moltissimo”, concentrati nell’area conservatrice (0,33) e tradizionalista (0,40); i valori più bassi sono tra i progressisti (0,09). Come sulla sospensione delle liturgie, pure qui moderati e alcune frange tradizionaliste divergono.

Quale celebrazione in assenza della Messa?

La diretta di Papa Francesco è l’opzione scelta dal 48%, con un dato più marcato nella fascia più anziana (64%, contro il 30% dei giovani) e al Meridione (56%) contro il 40% del Nord, che nel 16% sceglie la celebrazione del proprio vescovo, a fronte di una media del 10% totale. Un altro 16% preferisce il proprio parroco. Il 15% segue un altro prete: tra i giovani è 19% e tra i conservatori moderati il 22%, mentre si ferma al 9% tra i praticanti quotidiani. Solo l’11% antepone la celebrazione della Liturgia della Parola in famiglia allo streaming di qualunque tipo; la percentuale sale al 21% nella fascia sotto i 40 anni. È caldeggiata anche dai presbiteri (63%); ma parte del laicato fatica, forse perché non sufficientemente preparato o per la comodità di delegare ai sacerdoti (ordinati) le celebrazioni cui assistere da uno schermo anziché celebrare in prima persona la Mensa della Parola.

 

Prospettive future

 

Un tempo di grazia

L’81% legge il periodo come un’opportunità da vivere creativamente; tra i presbiteri è il 94% e tra i fedeli che conoscono più contagiati l’85%. Chi lo considera uno stallo è il 15%: si ha il 22% tra i moderatamente conservatori. La minoranza tradizionalista tende a vederlo come vuoto e assolutamente insensato nel 25% dei casi, contro il 2% totale. Inoltre, se il 2% delle risposte parla di castigo divino, tale percentuale sale all’8% tra i conservatori moderati e al 17% tra i tradizionalisti, in parte legati all’immaginario di un Dio punitore.

Poi si sono ponderate le risposte (molto più=2; più=1; uguale=0; meno=-1; molto meno=-2) al quesito su come sarà la Chiesa dopo l’emergenza COVID-19, in relazione ad alcune aggettivazioni proposte[4].

Una Chiesa molto più ricca spiritualmente (+91%)

Secondo il 70% dei rispondenti la Chiesa uscirà dalla pandemia più ricca spiritualmente. Ne sono convinti soprattutto le fasce d’età più avanzate, il Mezzogiorno e coloro che si considerano progressisti; appena il 4% afferma che lo sarà meno.

Una Chiesa molto più vicina al popolo (+89%)

Da un altro quesito si evinceva che rispetto a gennaio la parrocchia è stata percepita più lontana, ma la Chiesa più vicina. La prossimità futura della Chiesa è qui intuita dal 69% degli intervistati, in particolare da chi era assiduo alle Messe. Solo il 5% sostiene che sarà più lontana.

Una Chiesa più attenta alle necessità spirituali (+88%)

Il 70% si esprime per un incremento di tale sensibilità (e il dato è particolarmente forte nella classe d’età 61+), a fronte di un 5% che al contrario presagisce una riduzione.

Una Chiesa più partecipata (+76%)

È dato per scontato dal 67% dei rispondenti; vi è poi un 23% che pensa che non cambierà e un 10% che invece pensa a una minore partecipazione. Le risposte dei più e molto più tra i molto progressisti e tra i laici in coppia e/o con figli raggiungono il 71%; il dato sembra proiettare la partecipazione che già ciascuno vive e auspica si intensifichi. Tuttavia è molto forte anche nei rispondenti del Mezzogiorno: 74% di molto sommati a molto più. Più scettici i presbiteri (+33% ponderato).

Una Chiesa più presente mediaticamente (+69%)

Ci si sbilancia, nel 64% dei casi, nel prefigurare una Chiesa più presente sui mezzi di comunicazione. Per una religione nata come comunità in presenza, si tratta di un dato importante che può essere utile anche a livello pastorale in futuro, guardando ai giovani. Anche tra i “tradizionalisti” si pensa ad una maggiore presenza mediatica; non è una sorpresa: sono del resto piuttosto presenti su internet pagine social e blog di quest’area ecclesiale. Il 10% ipotizza invece un allontanamento dagli ambienti mediali.

Una Chiesa più presente fisicamente (+60%)

La maggioranza dei rispondenti (54%) pensa ad una Chiesa più presente pure fisicamente, mentre vi è un 10%, soprattutto meno praticanti, che pensa a una riduzione di tale presenza.

Una Chiesa più ecumenica e interreligiosa (+52%)

Il 48% pensa che la Chiesa sarà più ecumenica mentre il 6% ritiene che lo sarà meno. Il dato è un poco più basso tra i giovani (+28%) e soprattutto in campo conservatore (+13%) e tradizionalista (-1%). Tra i presbiteri un cauto +6%, mentre più entusiasmo si riscontra tra i progressisti (dati superiori al 50%), nelle fraternità (70%) e tra i “lontani” (57%). Anche per le altre confessioni, cristiane e non, il Papa è stato un punto di riferimento, come ha detto la pastora Lidia Maggi; in particolare per la prima volta le comunità islamiche si sono unite alle celebrazioni di Papa Francesco nel triduo pasquale[5]. L’attenzione per la Parola per i cattolici è stata occasione di riavvicinamento con i riformati, mentre l’attenzione ai sacramenti riavvicina all’Oriente cristiano[6]. Ma il virus che, laicamente, ha reso (quasi) tutti “non praticanti” può essere anche occasione di comprensione di chi non riceve abitualmente i sacramenti, per motivi personali, geografici o difficoltà di altro tipo[7].

Una Chiesa un poco meno clericale (-34%)

Se è vero che la metà dei rispondenti afferma che la Chiesa, quanto a clericalismo, non cambierà, va anche riscontrato un 36% che ritiene che ce ne sarà meno e un 12% che, al contrario, pensa che aumenterà.

Una Chiesa meno esibizionista (-63%)

In calo, secondo i laici, l’esibizionismo della Chiesa futura: per il 55% lo sarà meno e per l’11% di più. La diminuzione dell’esibizionismo è avvertita più dagli anziani (-87%), mentre per i giovani sarebbe del -29%. In controtendenza i presbiteri, che invece pronosticano un aumento dell’esibizionismo (+45%).

Una Chiesa più povera economicamente (-72%)

Complice il calo delle offerte, il 56% pensa che la Chiesa avrà meno risorse finanziarie. Lo segnalano soprattutto al Nord-Est, conservatori e assidui alle celebrazioni eucaristiche. Solo il 3% immagina un incremento.

 

Considerazioni finali per una partecipazione laicale desiderata

Le risposte mettono in luce, da un lato, l’aspettativa di una maggiore partecipazione e vicinanza, dall’altro un certo scetticismo (o realistica disillusione?) dei presbiteri su alcuni aspetti, come l’aumento dell’ecumenismo e della partecipazione. Soprattutto essi sono meno entusiasti verso le attività digitali, temute probabilmente per l’esibizionismo; inoltre apprezzano più dei laici le iniziative laicali di evangelizzazione e la celebrazione domenicale della Liturgia della Parola, che è, sì, in crescita anche presso il laicato, ma non riscuote tanto successo quanto gli streaming.

Del resto, anche la cura nell’alta definizione delle riprese, nell’audio chiaro e distinto, nelle luci ben posizionate, nella tecnologia per le trasmissioni aprono un capitolo inedito dell’estetica liturgica; come un tempo ci si premurava in primis di avere vasi liturgici preziosi e opere d’arte in magnifici edifici di culto che richiamassero la bellezza divina – coinvolgendo le migliori abilità ingegneristiche, artistiche, architettoniche – oggi l’attenzione verso le piattaforme digitali è altrettanto doverosa, anche per evitare distrazioni, improvvisazioni e derisioni quando si travalica la decenza, ma primariamente per avvicinare i lontani e custodire un clima di preghiera.

Mentre la sospensione delle celebrazioni pubbliche e il contestuale trasferimento dei fedeli di fronte agli schermi sembrano essere considerati un adattamento responsabile alla situazione di emergenza all’insegna della praticità, dietro quest’ultima potrebbe nascondersi nondimeno il rischio che possa diventare “comodità da divano”, se non accompagnata da una formazione del laicato alla partecipazione attuosa del mistero liturgico e alla propria missione battesimale. Le motivazioni dei cambiamenti della pratica andrebbero ulteriormente indagate, perché di per sé i dati non sono univoci. Se pochi parlano di tempo vuoto o insensato probabilmente per molti si può escludere l’interpretazione di un riempitivo né può dirsi di un ritorno al sacro per paura, se ancora meno considerano il tempo come punizione divina (2%); eppure, da un’altra ricerca emerge che il 32% ha pensato frequentemente che «nei momenti di crisi solo Dio può salvarci»,[8] affermazione che può prestarsi ad un atteggiamento fideistico “tappabuchi”. Resta indubbio il “germe di fede” – valorizzato da Lorizio[9] – rappresentato dall’attenzione crescente al Vangelo che, con la voce della Chiesa e veicolato attraverso ogni schermo, è entrato nelle case rendendole effettivamente chiese domestiche. Anche il Rosario, con i misteri evangelici, è propedeutico all’ascolto della Buona Notizia.

Papa Francesco – apprezzato per la sua essenzialità e la vicinanza pastorale – ha un forte valore simbolico; ma l’altissima percentuale di chi preferisce assistere allo streaming da un edificio di culto praticamente vuoto e a porte chiuse (89% complessivamente, che scende a 79% tra i giovani) anziché celebrare in famiglia può evidenziare però anche una debole recezione degli insegnamenti ecclesiologici e sacramentali del Concilio Vaticano II, o semplicemente pigrizia. Va del resto ammesso che gli stessi pastori, sempre all’insegna della praticità, hanno proposto più facilmente le Messe in diretta che non indicazioni per riti domestici, quasi a rivelare le proprie mancanze nella formazione della funzione sacerdotale comune ai battezzati: innanzitutto santificare la vita e fare di essa una preghiera, cioè avere un «intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo d’essere amati»[10].

Non è innocuo spostare i fedeli – diventati audience e follower – dagli edifici di culto allo schermo e poi viceversa come nulla fosse; non si può neppure invitare solo a “seguire” una “pratica”. L’“opportunità da vivere nella creatività” impone di sperimentare nuovi mezzi di comunicazione e soprattutto nuove forme celebrative, senza alimentare nostalgie o surrogati dell’eucaristia partecipata in prima persona, che necessita di una vicinanza fisica ed è purtroppo impraticabile nel distanziamento. Certamente la Messa è la modalità celebrativa a cui si è più legati, sia perché “fonte e culmine”, sia per l’enfasi tridentina sul ruolo di colui che, secondo il magistero post-conciliare, sarebbe il “presidente dell’assemblea celebrante”. La missione del presbitero non è tanto “produrre eucaristie”, quanto trasmettere il dono dello Spirito ad ogni laico, perché ogni angolo della terra possa essere raggiunto, per mezzo di ogni membro del Corpo di Cristo che è la Chiesa, dalla triplice missione battesimale: sacerdotale di scoprire la santità di ogni persona e attività; profetica di incarnare la Parola di Dio; regale di vivere relazioni fraterne, custodendo in unità apostolica con il vescovo la comunità affidatagli.

Nonostante alcuni segnali incoraggianti tra i giovani, il gradimento timido verso le iniziative di evangelizzazione dei laici, rapportate a quelle dei presbiteri, può indicare la presenza di “clericalismo funzionale”. Questo va tenuto insieme al fatto che, di converso, poi ci si sbilanci per pronosticare una Chiesa futura meno clericale, probabilmente più per forza di cose che non per una riflessione sul sacerdozio ordinato e su quello battesimale. Con “clericalismo funzionale” non si intende la sudditanza remissiva alle gerarchie, bensì il ricorrere prioritariamente al “sacerdote” per comodità o perché non si sa come fare altrimenti. In tal caso, le aspirazioni a una maggiore “partecipazione” e a un minore “clericalismo” non dovrebbero limitarsi a una certa “interattività” che i social alimentano. È quindi indispensabile incoraggiare una vera formazione del laicato per innescare processi sinodali e di sussidiarietà dal basso, affinché sia desiderata, accolta e scelta consapevolmente quella partecipazione, ora virtualmente immaginata, nella prassi concretamente incarnata della comunità.

 

Piotr Zygulski

dir. resp. Nipoti di Maritain

 

[1] Per una precisazione terminologica, cfr. A. Grillo, I vescovi e la teologia del Messale: era così difficile?, Munera, 4 aprile 2020: https://www.cittadellaeditrice.com/munera/i-vescovi-e-la-teologia-del-messale-era-cosi-difficile/.

[2] Per alcune considerazioni, sempre A. Grillo, Una “chiesa sinodale” con messa “privata”? Il lessico che non è canone, Munera, 7 marzo 2020 https://www.cittadellaeditrice.com/munera/una-chiesa-sinodale-con-messa-privata-il-lessico-che-non-e-canone/; F. Verzini, Anche senza popolo, è Messa per il popolo, La Voce, 12 marzo 2020: https://www.lavoce.it/anche-senza-popolo-messa/; F. Cosentino, Chiesa italiana: un’occasione, Settimana News, 17 marzo 2020 :http://www.settimananews.it/chiesa/chiesa-italiana-occasione/; A. Cecconi, Preti… senza popolo, Settimana News, 19 marzo 2020: http://www.settimananews.it/pastorale/preti-senza-popolo/; Simona Segoloni Ruta, Senza presbitero no, senza popolo sì?, Il Regno, 19 marzo 2020: http://www.ilregno.it/blog/senza-presbitero-no-senza-popolo-si-simona-segoloni-ruta.

[3] Carmelina Chiara Canta, Religiosità, modernità e cultura nel pellegrinaggio notturno alla Madonna del Divino Amore, Franco Angeli, Milano 2004.

[4] Come in una bilancia, se tutti indicassero “più” il risultato sarebbe 1=+100%; se metà rispondesse semplicemente “più” (1*50%=+50%) e l’altra metà “meno” (-1*50%=-50%) si avrebbe 0%; se metà rispondesse invece “molto più” (2*50%=+100%) e l’altra metà comunque solo “meno” (-1*50%=-50%) si avrebbe un dato di +50%, perché prevale il “molto” dal lato di un incremento. I valori possibili possono quindi andare da -200% (se tutti dicessero “molto meno”) a +200% (se tutti dicessero “molto più”).

[5] C.C. Canta, La religione ai tempi del covid, C3dem, 23 aprile 2020: https://www.c3dem.it/la-religione-ai-tempi-del-covid/.

[6] Così argomenta il teologo G. Lorizio, Spiragli verso un autentico culto. Una metamorfosi necessaria, Avvenire, 5 maggio 2020: https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/spiragli-verso-un-autentico-culto-una-metamorfosi-necessaria.

[7] Di notevole interesse le considerazioni di don Ivo Seghedoni, La fede fra frequenza e pratica, Settimana News, 27 aprile 2020: http://www.settimananews.it/pastorale/fede-frequenza-pratica/.

[8] Gruppo di ricerca di P. Palumbo, R. Santoro, A. Foderaro, E. Scognamiglio, E. Martini, S. Forte, Libertà religiosa e fede al tempo del Covid-19, Università “G. Fortunato”, 11 maggio 2020: https://issuu.com/profpaolopalumbo/docs/indagine.

[9] G. Lorizio, Rinascita del sentimento religioso o della fede?, Avvenire, 17 maggio 2020 https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/lorizio-sentimento-religioso-fede.

[10] Teresa d’Avila, Libro della Vita, 8,5.

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