COME COMMEMORARE COSTANTINO? Una recensione di Enrico Peyretti. Un articolo di Paolo Naso e Brunetto Salvarani

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“Fine dell’era costantiniana. Retrospettiva genealogica di un concetto critico” è il titolo di un libro di Gianmaria Zamagni (prefazione di Giuseppe Ruggieri, Il Mulino 2012, pp. 197) di cui Enrico Peyretti offre una bella recensione (“L’impero di Cristo non era vangelo”). Il modello costantiniano di chiesa (in cui chiesa e impero sono in simbiosi, e la fede nel vangelo diviene fede nell’impero) è durato molti secoli, e, se pure del tutto obsoleto, non è stato ancora definitivamente superato. Scrive Peyretti: “Il Concilio avvertì e volle, non senza contrasti e residui, quell’abbandono della fede nell’impero, che in realtà è passo faticoso, tuttora incompiuto”. “Sarà – aggiunge Peyretti – un motivo di riflessione importante e di conversione comunitaria nei prossimi anni di ripresa del Concilio”. Paolo Naso e Brunello Salvarani, valdese il primo e cattolico il secondo mettono in guardia dal commemorare l’Editto di Costantino del 313 d.C. come data di avvio della libertà religiosa (“Costantino oggi. Oltre l’epoca costantiniana” sul mensile “Jesus” del dicembre 2012) e citano il rabbino Riccardo Di Segni: “La conversione dell’imperatore al cristianesimo non è affatto l’inizio della tolleranza religiosa, anzi è da lì che hanno preso il via le persecuzioni inflitte alle altre religioni”. Per Naso e Salvarani varrebbe la pena di utlizzare le commemorazioni dei 1700 anni dall’Editto di Costantino discutendo del presente: “L’Italia – scrivono – sembra sospesa tra il passato confessionalista di un rapporto stretto e organico tra la Chiesa cattolica e i centri del potere politico e un futuro che va inesorabilmente verso una laicità delle istituzioni che tuteli il nuovo pluralismo religioso: nuovo perché evidentemente diverso da quello storico costituito dalle presenze ebraiche, valdesi, ortodosse e luterane, determinato in larga misura (ma non esclusivamente) dai flussi migratori”.

 

 

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