La trappola della politica contingente

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di Pier Giorgio Maiardi

Un articolo di Walter Veltroni sul Corriere di qualche giorno fa che, dopo aver rimproverato la sinistra di non dare importanza alla giusta esigenza della sicurezza, indica, al riguardo, una serie di misure, peraltro lodevoli, quasi esclusivamente di vigilanza e di repressione, mi ha fatto pensare ai gravi limiti della politica contingente, quella della reazione del momento, del provvedimento punitivo e repressivo, ma anche quella della enfatizzazione di una singola iniziativa e della conseguente polemica spicciola fra governo e opposizione: questa mi pare la caratteristica principale della politica attuale nel nostro Paese e ne rappresenta  uno dei mali, forse il principale!  Il governo, infatti, riguarda la vita di uno Stato, di una comunità civile,  e deve, quindi, misurarsi sulle modalità di vita della comunità, una vita che è complessa perché si tratta di una realtà non omogenea, diverse sono le età, diverse le condizioni sociali, diverse le persone, complessa perché le diverse realtà di cui è composta si influenzano reciprocamente e perché i rapporti reciproci non sono sempre agevoli. Le persone, inoltre, non sono realtà immutabili ma cambiano con l’età, con la cultura, con il mutare delle condizioni di vita che non sono statiche. Dunque, la politica che ne regola la vita, con lo scopo di servirne la migliore qualità ed il rispetto dei diritti elementari di ogni cittadino, non può che avere uno sguardo lungo nel tempo. Non è sufficiente, e mi pare che anche lo scritto di Walter Veltroni pecchi in questo senso, individuare un problema congenito, come la mancanza di sicurezza, e suggerire, per porvi rimedio, solamente rimedi di emergenza, come una maggiore e più severa vigilanza: questi provvedimenti, infatti, non risolveranno mai il problema alla radice, non lo estirperanno, oltre a mantenere, o peggiorare, un clima di paura e di desiderio di punizione e di rivalsa che avvelena la convivenza. Se viene minacciata la sicurezza delle persone sarà opportuno cercarne le cause che potrebbero essere nella precaria condizione in cui versa una parte delle persone, nella ostile emarginazione, voluta e mantenuta, di piccole porzioni di popolazione, come i rom, nella mancanza di lavoro, nell’atteggiamento  ostile con cui accogliamo e conviviamo con gli stranieri e con i diversi che, anziché integrarsi in un popolo accogliente e amico, restano estranei e carenti di mezzi di vita, nella insufficiente educazione dei più giovani per le insufficienze delle famiglie e di una scuola che tende ad essere eccessivamente selettiva ed escludente. Tutti fattori che, creando emarginazione ed inimicizia, rendono problematica la convivenza e contribuiscono ad incentivare la “mala vita”.  E’ chiaro che una politica che si prefigga di provvedere a queste cause non può esaurirsi in polemiche spicciole, in provvedimenti del momento che magari portano vantaggio ad una campagna elettorale costante e continua, evitando provvedimenti che, invece, potrebbero anche non recare beneficio immediato ai cittadini ma che, essendo misurati sul lungo periodo, richiedono il loro coinvolgimento nella comprensione e nella condivisione delle motivazioni.

Attualmente la nostra politica sembra caduta nella trappola del contingente che, volendo ottenere il consenso immediato, come se il fine della politica non fosse il miglior governo della comunità ma la conquista e la conservazione del potere su di essa, si corre il rischio della inutilità o addirittura, nel medio lungo termine, della negatività!

Il ragionamento vale per la maggioranza di governo ma anche per l’opposizione che è attratta nella medesima trappola, quindi il pericolo è di un fallimento della nostra democrazia che ne sta già subendo un progressivo degrado. Occorre con urgenza, anche se il consenso non è assicurato, riproporre, in modo serio e ragionato, i temi di fondo, vitali per la nostra società, come la sanità, la scuola, il welfare, fondamentale per gli anziani ed i disabili che sono diventati quasi la maggioranza nel nostro paese,  la natalità che non può essere disgiunto da quello di una famiglia accogliente ed educante, il lavoro, la produzione e l’industria, l’amministrazione della giustizia, il fenomeno sociale, che è mondiale, della immigrazione, si  tratta, in tutti i casi, di campi che esigono impegno nella conoscenza della realtà, nell’analisi, nella formulazione di proposte e che non lasciano spazio a polemiche meschine, contingenti e strumentali che utilizzano, magari, questi grandi campi vitali per cercare il potere anziché il miglior servizio della comunità! E le medesime considerazioni potrebbero essere fatte, con le opportune proporzioni, a proposito della politica che regola i grandi rapporti internazionali: gli attuali protagonisti di questa politica non paiono dare affidamenti molto rassicuranti, mentre è in gioco la dignitosa e concorde sopravvivenza dei popoli che non può conciliarsi con la ricerca del proprio profitto economico, del potere e del successo  da parte di pochi che sembra abbiano perso il senso dei più elementari diritti vitali di ogni essere umano.

 

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