Combattere la bella battaglia

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di Salvatore Vento

L’amico Sandro Antoniazzi ci ha lasciato da poco e questo suo libro può essere considerato il riepilogo di una lunga storia di impegno sindacale iniziato nel lontano 1958 quando a 18 anni entra all’Ufficio studi e formazione della Cisl di Milano. In seguito, affianca Carniti alla Fim degli anni Sessanta fino a diventarne il segretario generale nel glorioso quinquennio 1968-1973; viene quindi eletto segretario generale della Cisl milanese (1979-1988) e poi, fino al 1992, della Cisl Lombardia. L’uscita dal sindacato non significa abbandono dell’impegno sociale che continua ininterrottamente con diverse responsabilità (Pio Albergo Trivulzio, Fondazione San Carlo) e anche in politica quale candidato del centrosinistra nel 2001. Un impegno caratterizzato da forti valenze culturali, come nella fattiva collaborazione alla rete C3dem (Costituzione, Concilio, Cittadinanza). Nella prefazione Raffaele Morese lo definisce un visionario con i piedi per terra sempre intendo a fornire indicazioni suggestive e suggerimenti pratici. I titoli dei sette capitoli che compongono il libro sono indicativi delle sue riflessioni: la classe operaia di un tempo, la lotta che ha cambiato il sindacato in Italia; il culmine delle lotte operaie (1968-1972); il lungo ripiegamento; la politica del sindacato; la costruzione di nuove prospettive; un lavoro libero in una società giusta. Completa il volume un’appendice sulle radici cristiane e i valori ideali. Con i cambiamenti nel mondo del lavoro subentra anche la questione dei migranti e Antoniazzi contribuisce alla fondazione del Cesil (Centro solidarietà internazionale lavoratori) ed effettua parecchi viaggi in Africa (Senegal, Somalia, Eritrea, Mozambico, Guinea) per verificare la possibilità di stabilire contatti con i loro paesi di provenienza. Vediamo gli altri ragionamenti. Alla concezione della classe operaia di ieri si deve sostituire un nuovo pensiero per i lavoratori di oggi tenendo sempre presente la dignità del lavoro e del lavoratore, un principio proclamato dall’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro) a livello mondiale con il concetto di “decent work”. Auspicabile sarebbe il “salario vitale”, più ampio di quello di “salario minimo” perché riguarda anche una battaglia sull’economia, sul lavoro nero, su tante situazioni di arretratezza. Puntare su una società dove tutti i lavoratori abbiano un salario dignitoso dovrebbe costituire una meta storica per il sindacato. Recentemente è stato firmato un accordo all’Enel col titolo “Statuto della persona”, che dimostra come le esigenze umane vadano al di là delle tradizionali rivendicazioni e abbiano una portata culturale e civile. Accanto all’emergere del “lavoro cognitivo” si presenta oggi un’altra necessità, quella del “lavoro relazionale”: sono i lavori di cura, sanità, assistenza, scuola, a prevalente occupazione femminile. Il terzo settore, secondo dati dell’Istat, è in rapido sviluppo, coinvolge quasi un milione di lavoratori e oltre a 4 milioni e seicentomila volontari. E’ importante che la partecipazione e la democrazia che si propongono nel luogo del lavoro trovino analoghe realizzazioni anche in altri settori della vita sociale: ogni campo di attività umana (politica, istituzioni pubbliche, scuola, associazioni) dovrebbe ispirarsi a modelli partecipativi. Su un piano socio politico più ampio, non dobbiamo guardare con nostalgia alla fine del movimento cattolico sociale (e neppure alla fine della Democrazia cristiana); anzi, ciò è sostanzialmente un bene perché in questo modo i cattolici ritornano a essere lievito, il ruolo a cui sono chiamati. Essere lievito comporta una grande responsabilità: ogni cristiano è chiamato a vivere seriamente e integralmente la propria fede. Per completare la sua idea di laicità, Antoniazzi ricorda Jacques Maritain, che ha avuto una grande parte nella redazione della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948: nonostante le grandi differenze di culture e di religioni presenti, era stato relativamente facile trovare un accordo, perché non si confrontavano i principi di fondo (irrinunciabili per ognuno), ma si dovevano formulare proposizioni etiche di carattere pratico. Un sindacato unitario e capace di portare avanti proposte costruttive sul piano economico-sociale è un’esigenza profonda della società, un fattore di speranza, conclude Antoniazzi.

Sandro Antoniazzi, Combattere la bella battaglia. Il sindacato come soggetto di trasformazione della società. Prefazione di Raffaele Morese, Edizioni Lavoro, pp. 153

 

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