Lo sviluppo sostenibile ai tempi del Covid

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“Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. […] Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, […] per frate vento, […] per sor’acqua. […] Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, […] beati quelli che ’l sosterrano in pace…”.

Questa preghiera di San Francesco nel Cantico delle creature richiama il senso di fratellanza tra l’uomo e tutti gli elementi del mondo. E se sembra “strano” riferirsi al Cantico delle creature nella situazione pandemica nella quale siamo immersi oggi in tutto il mondo, in realtà, al contrario, quanto è avvenuto sembra farci riflettere proprio sul rapporto uomo-natura-creature del mondo e sul profondo – anche se spesso invisibile – legame che ci lega. Se da lato, infatti, alcuni affermano che la pandemia è una “punizione” venuta da chissà dove o addirittura mandata da Dio, essa e le conseguenze provocate hanno evidenziato che è proprio l’essere umano che, non rispettando il legame esistente tra persone, natura ed economia, viola leggi inviolabili e disgrega ciò che, invece, andrebbe tenuto unito. “Perché è indubbiamente vero che l’ultima pandemia ha costituito una sorta di rivelazione: uno svelamento di ciò che è nascosto, la cupa epifania del rimosso” scrivono Manconi e Tamburello su “la Repubblica” del 19 agosto.

In altri termini, ci si riferisce a quella perduta – ma tanto desiderata – relazione tra sostenibilità ambientale, sociale ed economica che, se altrimenti non rispettata, comporta conseguenze decisamente inaspettate (ma non dagli esperti) proprio come quella di una pandemia. “La pianificazione di uno sviluppo davvero sostenibile deve tenere conto dello stretto legame tra la salute ambientale e quella umana, e il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale, affinché l’uomo faccia buon uso delle risorse a sua disposizione in un clima di responsabilità percepita anche verso le generazioni future: così si è espresso il cardinale congolese Monsengwo Pasinya in un congresso in Vaticano nel 2015.

La presente crisi ci pone di fronte una sfida importantissima, ossia quella di considerarci parte del creato, parte di una comunità desiderosa di solidarietà e reciprocità, parte di un progetto grande e comune. L’attuale momento storico ci chiede di essere responsabili e, come ci ha ricordato papa Francesco nell’udienza generale del 19 agosto scorso, “molti vogliono tornare alla normalità e riprendere le attività economiche. Certo, ma questa ‘normalità’ non dovrebbe comprendere le ingiustizie sociali e il degrado dell’ambiente. La pandemia è una crisi e da una crisi non si esce uguali: o usciamo migliori o usciamo peggiori. Noi dovremmo uscire migliori, per migliorare le ingiustizie sociali e il degrado ambientale. Oggi abbiamo un’occasione per costruire qualcosa di diverso”. “L’opzione preferenziale per i poveri, questa esigenza etico-sociale che proviene dall’amore di Dio (cfr. LS, 158), ci dà l’impulso – ha continuato papa Francesco – a pensare e disegnare un’economia dove le persone, e soprattutto i più poveri, siano al centro. E ci incoraggia anche a progettare la cura del virus privilegiando coloro che ne hanno più bisogno. Sarebbe triste se nel vaccino per il Covid-19 si desse la priorità ai più ricchi!”

Affidarsi solamente ai propri sensi, nonostante siano la nostra bussola, ci distoglie dai reali problemi della nostra “casa comune” come direbbe ancora papa Francesco: i miglioramenti ambientali raggiungi durante questo periodo di grandi difficoltà di certo non ci permettono di “dormire sonni tranquilli”, ma ci indicano l’urgenza di instaurare un legame tra uomo e natura, paritario, uguale e integrale. Lo sostiene Daniela Padoan nel bel libro da lei curato Niente di questo mondo ci risulta indifferente, edito a Rimini dalle Edizioni Interno4. Qualcosa sicuramente è cambiato negli stili di vita, ma molti aspetti ci suggeriscono che la strada è ancora lunga e che è necessario tenere alta la guardia. Il rapporto del Nature Climate Change (2020), per esempio, evidenzia un miglioramento della qualità dell’aria grazie al periodo di “chiusura” e un calo delle emissioni di CO2 dovuti al minor impatto di trasporti terrestri, energia elettrica e industria. Ma, come sostengono gli esperti, l’effetto climatico delle restrizioni immediate legate al COVID-19 sono trascurabili e poco duraturi, e i benefici deriveranno solamente se si continuerà, come del resto era già stato programmato nell’Accordo Quadro delle Nazioni Unite, a perseguire una strategia verde a medio-lungo termine, ripetuta anno dopo anno.

Viceversa, per via di questa situazione globale di crisi economica dovuta all’epidemia, diverse organizzazioni internazionali temono che i governi decidano di eliminare, o comunque di accantonare, il problema ambientale dall’Agenda 2030 e dai Sustainable Development Goals (SDGs). Ciò significherebbe dire addio all’obiettivo del recupero di uno sviluppo sostenibile e integrale.

Noi non dobbiamo più dimenticare quanto tutto sia connesso, quanto tutti noi esseri viventi siamo strettamente legati gli uni agli altri. La “nostra madre terra” ha bisogno di noi, scriveva Aurelio Peccei, pioniere dei problemi dello sviluppo e fondatore del Club di Roma, nel famoso rapporto I limiti dello Sviluppo (1972): “da questo confuso travaglio emerge una più precisa presa di coscienza che urgono visioni e approcci radicalmente nuovi per affrontare la problematica intricata, sconcertante e senza precedenti che attanaglia l’intera società umana, senza grandi distinzioni per il grado di sviluppo o per l’orientamento politico dei suoi vari componenti”.  Sono passati cinquant’anni…

 

Alba Francesca Canta

(Università Roma Tre)

 

2 Comments

  1. Carissima Alba, leggo con vivo interesse (e condvisione) il tuo scritto sul notiziario di c3dem, del quale condivido orientamenti e antica amicizia con il direttore Giampiero Forcesi. Buon cammino! Inoltro l’articolo a Cristina Mattiello, direttora del Cipax. Buon cammino!

    • Grazie mille Gianni. Ho avuto l’occasione di scrivere qui e ne sono molto felice.
      A presto e cari saluti

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