Invece delle armi. Una riflessione cui non dobbiamo sottrarci

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Che cosa si sarebbe potuto fare invece che inviare armi all’Ucraina dopo l’aggressione russa? Non ci sono ricette o risposte facili, ma  la logica della nonviolenza avrebbe potuto suggerire alcune azioni

 

Sono tante le voci che, da quando è iniziata la guerra in Ucraina, si sono levate per dire che la guerra non è lo strumento adatto a risolvere i conflitti. È importante che si continui a dirlo per contribuire a “decolonizzare” l’immaginario dall’inevitabilità della guerra. Su questo portale, ricordo, per fare solo un esempio, la mozione di Fulvio de Giorgi neopresidente della Rosa Bianca.

Un gruppo di donne di Parma, di cui faccio parte, ha scritto una lettera pubblicata da Avvenire un paio di mesi fa, attraverso la quale volevamo fare sentire anche la voce di chi non conta, di chi non ha potere. Per riaffermare che la guerra non può essere un’opzione, che deve diventare un inservibile ferro vecchio nella cassetta degli attrezzi dei popoli e degli Stati.

L’obiezione a queste idee è molto seria: e allora cosa fai se ti aggrediscono con i carri armati? Ti arrendi e subisci la violenza senza reagire? Ti sottometti all’arroganza e alla prepotenza dell’aggressore?

No, non credo che la resa sia la risposta, ma c’è modo e modo di non arrendersi. I carri armati russi e la risposta armata dell’Ucraina che cosa hanno prodotto? Morte, violenza, povertà, sradicamento, distruzione di attività culturali, scuole, tessuto economico, peggioramento della sicurezza. Finora il risultato è stato questo. E se vorremo davvero un risultato positivo, sarà necessario che i contendenti si siedano attorno a un tavolo e trattino. Cosa che avrebbero dovuto e potuto fare prima.

Che ci sia una risposta diversa dalla violenza alla violenza ce lo insegna il vangelo con il “porgi l’altra guancia” (Matteo 5,38-48). Non si tratta di una resa ma della sconvolgente risposta dell’amore alla violenza. Non possiamo certo pretendere che la logica evangelica sia quella che permea le scelte degli Stati ma teniamola presente perché c’è un fondo di razionalità in questo insegnamento di Gesù. Sconfiggere la violenza con una violenza più grande è un’illusione, non è razionale. Pensare di ripristinare i diritti violati con la guerra è “alienum a ratione”, scriveva Giovanni XXIII negli anni Sessanta del secolo scorso (Pacem in Terris n.67)

E allora che cosa si sarebbe potuto fare invece che inviare armi all’Ucraina dopo l’aggressione russa? Non ci sono ricette o risposte facili ma desidero richiamare alcune azioni che la logica della nonviolenza avrebbe potuto suggerire. Traggo spunto da un intervento del prof. Andrea Cozzo  dell’Università di Palermo, richiamandone solo pochissimi punti, giusto perché possiamo continuare a riflettere sul radicale cambiamento di mentalità che richiederebbe la lotta nonviolenta contro l’ingiustizia e la prepotenza.

Per tenere conto del punto di vista dell’aggressore, ad esempio, si sarebbe dovuto stoppare l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO. Aumentare il  senso di accerchiamento avvertito dalla Russia non aiuta l’attività diplomatica.

Invece di cancellare eventi culturali in cui era prevista la presenza di autori, libri o spettacoli russi, sarebbe stato viceversa necessario incentivare tutte le forme di amicizia dei Paesi europei con russi e ucraini per creare una sorta di rete diplomatica dal basso.

Una forma molto potente di resistenza nonviolenta è la non collaborazione che, in questo caso, avrebbe potuto attuarsi con la rinuncia totale al gas proveniente dalla Russia. Una misura certamente molto costosa socialmente ed economicamente. Si tratta di capire se le scelte operate siano o saranno meno costose.

Il prof. Cozzo arriva a dire che perfino la resa potrebbe non coincidere con la sconfitta: “ un Paese occupato, che con la resa abbia salvato le vite dei suoi cittadini e impedito la devastazione del suo territorio, può ancora, come dicono molti esempi storici, esercitare mille forme di non-collaborazione di massa, disobbedienza civile, tecniche di familiarizzazione con gli occupanti… Naturalmente, deve volerlo e saperlo fare”.

Ci sono poi molte azioni di lungo periodo che sarebbero necessarie per eliminare la guerra: la riduzione delle spese militari, l’approvazione della legge che giace in Parlamento sull’istituzione di un Dipartimento di Difesa civile non armata e nonviolenta, l’elaborazione di una cultura nonviolenta a partire dalla scuola dove ancora si insegna la storia come un susseguirsi di guerre, l’addestramento alle tecniche di difesa popolare nonviolenta.

In Ucraina si è deciso di lottare con le armi: chi sarà capace di distruggere e uccidere di più forse riuscirà a farle tacere. Anche questa volta è andata così.  Ma possiamo forse prepararci a prevenire e/o affrontare diversamente la prossima aggressione.

 

Carla Mantelli

 

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