Frammenti di un incontro sulla figura di David Sassoli e sulle chance del cattolicesimo democratico

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Frammenti di un dialogo a tre voci che ha ricordato la figura di David Sassoli e ha provato a dire quali vie potrebbe percorrere un cattolicesimo democratico che volesse affrontare, come lui ha fatto, la realtà del nostro tempo, facendo di nuovo tesoro delle sorgenti che lo hanno nutrito (nella foto un’immagine giovanile di David Sassoli e Paolo Giuntella)

 

 

E’ stato molto ringraziato Ernesto Preziosi per l’opportunità che ha offerto di riflettere sulla figura umana e politica di David Sassoli con alcune persone particolarmente titolate a farlo (Silvia Costa, Laura Rozza Giuntella e Michele Nicoletti); e anche per aver tentato di capire, insieme a loro, se l’intreccio di valori, di sensibilità e di stile di vita che Sassoli ha incarnato, e che tanto consenso e favore hanno raccolto presso l’opinione pubblica europea, siano il segno che la cultura del cattolicesimo democratico, di cui Sassoli si è nutrito, può avere un ruolo positivo da svolgere anche in questo nostro tempo. La partecipazione, da remoto, è stata molto alta e i commenti positivi sono piovuti copiosi nelle due ore di durata dell’incontro promosso dall’associazione che Preziosi guida, “Argomenti 2000”.

Un primo giro di interventi ha riguardato il ricordo personale di Sassoli e delle sue qualità.

Silvia Costa, che ha condiviso dieci anni di impegno politico con David nel Parlamento europeo (dove lei è tuttora presente), ha ricordato di aver conosciuto David alla fine degli anni ’70, nella Democrazia cristiana, quando lui era il responsabile dei giovani della Dc. Dice di averlo visto crescere molto, politicamente, in questi ultimi anni, gli anni dell’esperienza europea. David a mostrato un coraggio, una determinazione che l’hanno in qualche modo sorpresa. Ha ricordato la sua grande curiosità intellettuale e l’altrettanto grande curiosità per le persone, la voglia di capire le idee degli altri (“frequentava i ‘lontani’ più dei vicini”), la sua capacità di ascolto e dunque poi di mediazione, la grande idealità, la sobrietà, la non ostentazione, e la profonda fiducia nell’Europa e nel suo futuro, un’Europa che fosse davvero utile per la vita dei cittadini e capace di stare vicino agli ultimi. Ha ricordato alcune sue battaglie – lui capogruppo dei Socialisti e  Democratici -: contro il fiscal compact e la politica dell’austerità, una decina di anni fa, e per la riforma dell’asilo, e, più di recente, l’insistenza anticipatrice sulla mutualità del debito dei Paesi europei che ha poi portato alla scelta del Next generation Eu. Ha richiamato la sua concretezza, dimostrata ad esempio nel lavoro nella Commissione trasporti, nell’impegno per una cooperazione rafforzata con i Balcani e in particolare con l’Albania, nella Commissione Euromed nella quale si è impegnato per i corridoi umanitari e per la quale è riuscito a ottenere l’apertura di una sede a Roma. Ha ricordato che si deve a lui, alla sua tenacia nel voler tenere aperto il Parlamento negli anni della pandemia, se si sono potuti approvare per tempo i Piani nazionali di ripresa e di resilienza. A tutto questo, alla sua politica mite ma radicale, alla sua “fiducia caparbia” nell’Unione europea, si deve – dice Silvia Costa – la grande coralità che c’è stata dopo la sua morte, la commozione che ha riguardato tutti, giovani e intellettuali compresi.

Michele Nicoletti, che è stato anche lui parlamentare europeo e poi presidente dell’Assemblea del Consiglio europeo, ha conosciuto e frequentato Sassoli per un periodo più lungo. L’amicizia con David – ha raccontato – risale alla Rosa Bianca e a Paolo Giuntella, loro comune maestro. E’ da Paolo che David ha imparato a gettare lo sguardo nel futuro, e a nutrire passione per la storia. “L’avvenimento sarà il nostro maestro”, diceva Paolo Giuntella. E’ fondamentale – ha ricordato Nicoletti – l’aver imparato a guardare alla storia non rivolti all’indietro, non con la nostalgia del passato, ma invece con la passione e con la fiducia di incarnarsi nel proprio tempo, animati da una grande speranza. Anche Nicoletti ha detto di aver visto David crescere molto negli ultimi dieci anni; è cresciuto incarnando appieno l’esperienza europea. La scommessa di entrare nel gruppo dei Socialisti e Democratici, superando timori e dubbi (ci si chiedava: si sarebbe annacquato il cattolicesimo democratico?) è stata una scommessa vinta. Nicoletti ha ricordato come David affrontasse i problemi con quel suo stile di andare incontro alle persone, di andare sul posto, di far sue le sofferenze degli altri, così da capirne fino in fondo le esigenze e tutelarne con coraggio i diritti; non dunque in modo ideologico ma a partire dall’aver incarnato le situazioni. Così è stato per le tematiche di genere. Così per il tema della migrazione. L’essere andato a Lesbo a incontrare i rifugiati nei campi di accoglienza, l’essere andato in Sicilia dove in tanti sbarcavano, l’aver visto da vicino le persone e averne ascoltato le storie, questo gli ha dato il coraggio e la determinazione di levare la voce per difenderne i diritti. Ed è a Sassoli, ha raccontato Nicoletti, che si deve se il Parlamento europeo, una istituzione in realtà assai debole specie in tempi di populismi e di antipolitica, in questi ultimi anni ha davvero funzionato, è stato un luogo di riferimento e persino un protagonista nelle vicende dell’Unione europea. David ha fatto risuonare forti e coinvolgenti i valori di fondo dell’Europa, il suo essere un ambito in cui effettivamente vivere insieme senza discriminazioni, superando le paure.

Laura Rozza, moglie di Paolo Giuntella, ha ricordato il suo stupore, da neo presidente fucina uscita da poco da un’esperienza liceale milanese di contestazione radicale, nel trovarsi di fronte Sassoli, allora rappresentante dei giovani democristiani nella scuola e nell’università. Un giovane che fosse nella Dc, in quegli anni, era una realtà piuttosto insolita, per Laura. Che ha poi ricordato come nacque l’amicizia tra lei, Paolo, David e altri. Si ritrovavano al terzo piano del palazzo di Via della Conciliazione 1, sede dell’Azione cattolica, a Roma. Paolo Giuntella all’Ufficio studi, poi i fucini, i laureati cattolici, l’Ecas di Bruno Scatassa… C’era un clima molto aperto. L’amicizia nasceva attorno a grandi idealità e a progetti di vita. Laura ricorda il pianto suo e di David quando fu ucciso, nel 1988, Roberto Ruffilli, l’uomo che cercava di riformare la politica favorendo la partecipazione dal basso (e proprio per quel suo ruolo le Brigate Rosse lo colpirono); Ruffilli era allora senatore della Dc e David lo aveva aiutato nella campagna elettorale. Di David Laura dice che prendeva sul serio tutti e poco, invece, se stesso; era il suo stile. E ricorda una sua frase nel giorno di un suo compleanno nella casa di famiglia a Sutri, di fronte a una torta con cui lo si festeggiava per il suo successo nel Parlamento europeo: “Poi si torna a zucca”, disse, cioè poi si mettono i piedi per terra, si è quelli di sempre, non ci si monta la testa. D’altronde, dice Laura, a volte nella vita si raggiunge una carica importante un po’ di sorpresa, persino un po’ per caso, per una congiuntura non prevista. Questo David lo sapeva. Ma lui è cresciuto insieme al suo ruolo, dice Laura. E’ cresciuto molto e lo ha testimoniato sino alla fine, quando già era molto provato dalla malattia, lo scorso dicembre, ed è voluto andare a Strasburgo per un’ultima presenza e un ultimo appello. Del resto, ricorda Laura, così fece anche suo marito Paolo, andando in Rai una decina di giorni prima di morire. “E’ la morte la cifra della vita”, ha soggiunto Laura.

 

Un secondo giro dell’incontro si è tenuto dopo una riflessione di Riccardo Saccenti, che di “Argomenti 2000” è il responsabile del comitato scientifico, incentrata sul presente e il futuro (possibile) del cattolicesimo democratico, del quale Sassoli è stato un testimone (qui su c3dem è pubblicata una sua riflessione sull’incontro, del quale io sto ora raccontando solo alcuni frammenti). Saccenti ha parlato di un cattolicesimo democratico che, nel tempo presente così fortemente mutato, non è più un dato acquisito, ed è una realtà a cui si guarda in molti modi diversi; è, dunque, piuttosto, “un cantiere aperto”.  Silvia Costa concorda con l’immagine del cantiere aperto; per altro, dice, non lo è solo per il cattolicesimo democratico, visto che siamo in una fase dove la nozione di “transizione” domina molte cose: la transizione ecologica, innanzitutto, e quella digitale; c’è tutto un mondo in cambiamento profondo. Silvia indica alcuni ambiti dove i cattolici democratici, non da soli, possono giocare un ruolo significativo: combattere la disintermediazione sociale, valorizzando tutti i possibili percorsi di partecipazione dal basso, di solidarietà sociale, di sussidiarietà; ricucire la frattura culturale, prima ancora che politica, tra l’Europa dell’Ovest e l’Europa dell’Est, evitando che il comunismo che aveva albergato nei Paesi dell’Est sia definitivamente sostituito dall’individualismo; ripensare il personalismo nel contesto attuale, rinnovandolo e facendone un tema culturale, non solo entro i confini nazionali; dare attenzione agli ultimi cercando la necessaria compatibilità con lo sviluppo e la crescita; porre a tema lo scarto tra una democrazia solo apparente e una democrazia sostanziale. Silvia ha poi detto che, visto che la Conferenza sul futuro dell’Europa stenta a decollare, sarebbe bene che i cattolici democratici provassero a offrire una loro visione di cosa debba essere l’Europa del futuro, soprattutto intervenendo sul divario sempre crescente tra l’attenzione, che in Europa è forte, ai diritti civili e l’attenzione, che invece è assai meno forte, tanto ai diritti umani quanto ai diritti sociali.

“E’ un tema immenso”, ha detto Michele Nicoletti, quello del “che fare” per i cattolici democratici. E ha concentrato la sua riflessione soprattutto su un punto: ha osservato che, se c’è stato così tanto interesse per David Sassoli e per la sua formazione culturale e umana, è perché la sua biografia ha a che fare con temi profondi; non già con le questioni legate alla dottrina sociale della Chiesa, ma con temi spirituali, persino teologici. Nicoletti, riprendendo il filo del discorso di Laura Giuntella sulla morte come cifra della vita, ha detto che con la pandemia la morte è tornata ad essere oggetto di grandissima attenzione; eppure il mondo cattolico non ha saputo dire nulla, nulla sulla “vita del mondo che verrà”. Se il cattolicesimo ha qualcosa da dire – ha insistito Nicoletti – è sul senso della vita e della morte che, in primo luogo, dovrebbe saperlo dire. E’ a questo livello profondo, esistenziale e teologico, che noi dovremmo dare ragione del perché va rispettata ogni vita umana, del perché si debba far nostra la sofferenza di ogni essere umano sulla Terra. Come anche è su un tema cruciale come quello dello spazio della nostra interiorità e della nostra libertà che si dovrebbe riflettere in questa epoca dominata dalla cultura della sorveglianza. Nicoletti ha poi ripreso quanto detto da Silvia Costa sulle due Europe, facendo notare un paradosso: l’Europa di oggi si qualifica come portatrice della laicità e della secolarizzazione, mentre i sovranisti si dicono portatori dei valori del cattolicesimo … Il fatto è che l’Europa di oggi fatica ad entrare nel cuore dei ceti popolari, soprattutto nell’Europa dell’Est, i cui popoli e le cui culture troppo poco noi conosciamo e con cui troppo poco dialoghiamo. Un altro apporto che sembra non siamo più in grado di dare, dice Nicoletti, è quello che i Dossetti, i La Pira, i Moro e i Bachelet hanno invece dato nel loro tempo: la riflessione sul ruolo delle istituzioni, della politica nel progettare l’assetto della società. Si tratta di un patrimonio di fiducia politica, dice Nicoletti, che ha consentito di guidare i processi sociali del Paese, mentre oggi si parla molto di “primato del sociale”, il che è di fatto una regressione, perché sono la politica e le istituzioni lo strumento fondamentale per costruire processi sociali in grado di migliorare le condizioni di vita per tutti. Un ultimo tema ricordato da Nicoletti riguarda le disuguaglianze: nel mentre si costruisce (ammesso lo si faccia) un percorso di sviluppo che potrà portare in futuro alla riduzione delle diseguaglianze, che cosa si fa, concretamente, oggi, per le persone che soffrono la marginalità? I cattolici democratici che ricette hanno?

Il giro si è chiuso con Laura Giuntella che si è limitata ad osservare come ci sia oggi un vuoto di formazione sia dei laici che dei preti, e che le tante e diverse scuole di formazione alla politica messe in piedi nei decenni scorsi non hanno dato risultati, forse perché costruite, soprattutto in ambito ecclesiale, con una visione angusta, ben diversa da quella che aveva caratterizzato, ai suoi tempi, l’esperienza della Rosa Bianca. Oggi mancano i luoghi dove formarsi, manca lo studio, mancano i preti capaci di animare. Per Laura si tratta di tornare a studiare e di tornare alle sorgenti. E’ impellente farlo. Perché poi, come usava dire David Sassoli, se l’acqua è buona trova da sé le vie per scorrere, senza bisogno che qualcuno gli scavi i canali.

 

Giampiero Forcesi

*Mi scuso con i tre partecipanti all’incontro, di cui ho qui riferito alcune delle cose dette sulla base solo di appunti presi durante l’ascolto in remoto,, se ho magari travisato qualcosa. Rinvio comunque al video dell’incontro. sul quale per altro è qui pubblicata anche una nota più complessiva e ragionata redatta da Riccardo Saccenti (nella foto un’immagine giovanile di David Sassoli e Paolo Giuntella)

One Comment

  1. Grazie per questo prezioso racconto, anche perchè purtroppo non ho potuto partecipare all’incontro (cercherò di rivedermelo).

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