Aa.Vv. Il mondo che sarà. Il futuro dopo il virus (di Salvatore Vento)

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Tra i tanti libri pubblicati intorno alle problematiche del Coronavirus, “Il mondo che sarà”, ha una caratteristica particolare: raccoglie quindici interviste di intellettuali di diversi paesi ed estrazione culturale più cinque interventi di opinionisti italiani. La mente umana, afferma Federico Rampini nell’introduzione, tende ad analizzare le novità integrandole con quello che sa già. Di conseguenza tendiamo ad omologarli, ad asservirli al nostro bagaglio di pregiudizi, valori, preferenze. Invece si tratta di apprendere dall’analisi dei fatti e dal dialogo aperto con tutti.

Quattro sono le aree tematiche al cui interno vengono raggruppate le interviste: economia, società, scienza, idee. Secondo Jeremy Rifkin dobbiamo prendere confidenza con il termine “glocal” che si può cominciare  a individuare anche con la classificazione di aree “bioregionali”. A tale riguardo l’area campione viene considerata la Hauts-de-France, la dorsale da Lione su fino a Dunquerque, da destinare a uno sviluppo industriale più moderno. Altre aree sono individuate nei Paesi bassi e in Lussemburgo, in Italia si può pensare alla Lombardia in collegamento con la Svizzera. Le istituzioni politiche esistenti verrebbero affiancate da un comitato di esperti che vivono nell’area, trecento persone fra accademici, sindacalisti, gente di cultura, studenti. Ad  essi verrebbero assegnati dieci mesi per elaborare proposte operative. Negli Stati Uniti le bioregioni sono cinque, dai grandi laghi del Nord al deserto della California. La svolta dei fondi pensioni di spostare ingenti investimenti dal settore dei combustibili fossili e industrie collegate per reinvestirli nell’economia verde prefigura l’avvento di un “capitalismo sociale”.

Le altre crisi (la grande depressione del 1929 o quella seguita al 2008) non sono paragonabili a quella attuale perché avevano avuto una gestazione diversa e più lunga, mentre la pandemia è arrivata all’improvviso. Jenet Currie, economista di Princeton, ci dà un’idea diversa degli Stati Uniti: tutti i cittadini con 65 anni e più, tutte le donne in gravidanza e circa la metà dei ragazzi fino ai 18 anni sulla base del reddito, ricevono assistenza sanitaria pubblica, chiamata “Medicare”, grazie anche alla riforma di Obama. La soglia del reddito di povertà è fissato per il 2020 in 12.760 dollari annui per un singolo e fino a  26.200 per una famiglia di quattro persone. Fuori assistenza rimane circa il 10% della popolazione. Al contrario, il Premio Nobel Joseph Stiglitz, nel suo ultimo libro “Popolo, potere e profitti”, ci ricorda che oltre la metà degli americani ha meno di mille dollari in banca. E la stessa percentuale di popolazione, pari a centocinquanta milioni di persone, possiede meno ricchezza della somma dei tre principali miliardari (Beff Bezos, Bill Gates e Warren Buffett).

La sanità americana è la più cara, pari al 18% del Pil, il doppio della Francia, e con servizi peggiori. Quando la gente ha bisogno di essere protetta da rischi seri, prosegue Stiglitz, si rivolge allo Stato, non certo ai privati; per questo, per definire il suo punto di vista egli parla della necessità di un “capitalismo progressista” in grado di offrire gli elementi di base di una vita decente: sanità, istruzione, casa, pensione. Per il politologo indiano Parag Khanna, l’economia mondiale sarà sempre più regionalizzata. Ci saranno tante persone che cercheranno di trasferirsi da “zone rosse” a “zone verdi”. L’influenza strategica americana è iniziata molto prima del virus basti pensare al fallimento delle sue ultime guerre in Iraq e Afghanistan. Oggi un quarto dei medici esistenti negli USA proviene dall’estero.

Bisogna rilanciare i consumi dice Nouriel Roubini e propone di dare mille dollari, o mille euro, per cittadino, che il Tesoro dovrebbe distribuire direttamente senza passare dall’intermediazione bancaria. Ci vuole una leadership mondiale che unisca le società e un nuovo senso di comunità, addirittura, sostiene il filosofo sloveno Slavoj Zizek, un “nuovo comunismo”: saper costruire un nuovo modo di vivere sarà il nostro test. Nessun timore per la centralizzazione dei dati, se saranno usati per proteggere tutti i cittadini e per il bene comune.

I virus nascono sempre dai mercati di animali selvatici, sono trasmessi dagli animali all’uomo; in termine tecnico questo processo è chiamato “zoonosi”, i pipistrelli sono i più pericolosi, come dimostrato in due passate epidemie (la Sars e la Mers). David Quammen, nel suo libro “Spillover” uscito nel 2012 aveva previsto esattamente quanto è accaduto: il passaggio in Cina di un virus dai pipistrelli all’uomo con conseguenze devastanti in tutto il mondo. La cosiddetta “immunità di gregge”, cara ad una certa cultura anglo sassone, si può ottenere solo dopo che un gran numero di persone si è ammalato e molte di queste persone sono morte. E’ il principio della sopravvivenza dei più forti, puro darwinismo applicato senza pietà né immaginazione alle vite umane. Un altro ammonimento, che ci dovrebbe fare riflettere: nel futuro molte malattie potrebbero provenire dall’Amazzonia e sarà un nuovo “spillover” che si estenderà nel mondo. I problemi dell’Amazzonia ci devono coinvolgere tutti e non possono essere lasciati soltanto al presidente Bolsonaro. La pandemia, dice il filosofo tedesco Habermas, costringe tutti a riflettere su qualcosa che prima era noto ai soli esperti e a prendere decisioni in condizioni di incertezza. L’unica certezza per un mondo più equo potrà venire dall’Europa Unita, democraticamente controllata.

Questo tempo sarà un test su cosa è importante e prezioso per noi, afferma la polacca Olga Tokarczuk che inoltre sottolinea l’atavica diffidenza che i cittadini del suo paese nutrono nei confronti dello Stato, sempre identificato con l’aggressore di turno. Ma, aggiunge lo scrittore Alessandro Baricco, solo nelle situazioni di emergenza si rinsalda il patto tra la gente e le élite e viene ristabilita una certa disciplina sociale. Roberto Saviano sottolinea un aspetto del ribaltamento della distribuzione dei contagi a New York: ad ammalarsi sono più i giovani che non gli anziani (solo il 9% del totale).  Il Covid-19 rischia di stare al capitalismo come la caduta del Muro di Berlino al comunismo.

Altri due temi molto presenti nelle interviste riguardano la necessità di combattere il trattamento crudele inflitto agli animali, soprattutto nell’area dell’Asia sudorientale e il turismo di massa non più tollerabile perché insostenibile dal punto di vista ambientale.

 

Salvatore Vento

(Aa.Vv), Il mondo che sarà. Il futuro dopo il virus, Gedi – Gruppo editoriale, la Repubblica, 2020.

 

 

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