Per non svilirla. Il “Dizionarietto di politica” curato da Guido Formigoni e Luciano Caimi

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Si chiama Dizionarietto di politica. E’ a cura di Guido Formigoni e Luciano Caimi, dunque della benemerita associazione lazzatiana “Città dell’uomo”. Lo edita Scholé, un marchio dell’Editrice  Morcelliana di Brescia. E’ uscito da poche settimane. Sono 450 pagine e ha un prezzo abbordabile (32 euro). Porta un sottitolo che dice: Le nuove parole.

Nella Presentazione i curatori offrono ragionate e utili spiegazioni di questa iniziativa editoriale, che per altro si inserisce in una collana di “dizionarietti”, la cui prossima uscita promette anch’esa di essere interessante: Dizionarietto di teologia per laici, curato da Giacomo Canobbio.

In primo luogo i curatori ricordano che il primo Dizionario di politica uscito in Italia risale al 1938-’40, edito in 4 volumi dall’Istituto dell’Enciclopedia italiana e curato dal segretario politico del Partito nazionale fascista, Achille Starace. Quarant’anni dopo, nel 1976, fu la volta del notissimo Dizionario di politica di Norberto Bobbio e Nicola Matteucci, a cui si è poi aggiunto Gianfranco Pasquino (è uscita nel 2016 la quartta edizione di quell’opera, edita dalla Utet in tre volumi). Va poi segnalato il Dizionario delle idee politiche, edito dall’Ave nel 1993, curato da Enrico Berti e Giorgio Campanini.

Dizionarietto e non Dizionario, E dunque?  Il diminutivo allude ovviamente a un’opera volutamente contenuta quanto all’estensione, ma senza nulla togliere al rigore argomentativo, e resa accessibile a ogni lettore.

Sono stati scelti 48 lemmi, quarantotto parole-chiave, con una marcata attenzione a un certo numero di parole nuove, come recita il sottotitolo del Dizionarietto. Nuove perché la vita politica è soggetta a mutamenti continui, immersa com’è nel farsi della storia. I curatori hanno rivolto la loro attenzione a parole come Ambiente, Beni comuni, Bio-politica, Capitalismo digitale, Genere, Giustizia riparativa. Sono anche state inserite alcune voci di carattere antropologico: Donna, Fraternità, Libertà, Passioni, Persona, Valori. Già l’elencazione di queste parole “nuove” (circa un quarto del totale) dà l’idea che esiste, in quest’opera, “un filo conduttore valoriale”. Si è espressamente evitato di perseguire – come i curatori scrivono – posizioni neutrali, che poi neutrali non sono.

Anche le stesse parole classiche (Democrazia, Partiti, Politica etc.) sono state reinterpretate alla luce delle novità storiche.

Gli autori (per ogni lemma un autore diverso) sono per lo più cattedratici o comunque persone di grande esperienza nell’ambito del tema loro affidato, anche se l’aver cercato persone nell’area culturale espressione di quel “filo conduttore valoriale” ha portato, in qualche caso,  a scelte di minor prestigio. Alcuni nomi: Marco Bentivogli (Lavoro), Maria Cristina Bartolomei (Donna), Aristide Fumagalli (Genere), Michele Nicoletti (Politica), Paolo Corsini (Populismo), Guido Formigoni (Globalizzazione), Stefano Biancu (libertà), Roberto Mancini (Comunità). Va sottolineato che forse il numero delle autrici è ancora un po’ troppo basso: su 48 sono 5, più una che condivide un lemma con un collega.

Poiché il volume fornisce anche un utile “indice dei nomi”, è di qualche interesse notare un dato singolare: il nome più citato in assoluto, nell’insieme dei 48 lemmi (a ciascuno dei quali sono dedicate una decina di pagine, compresa una breve bibliografia), è il carismatico Michel Foucault, filosofo francese e storico delle idee (1926-1984). Ne conta 14. Seguono N. Bobbio e E. Kant (11), poi Hobbes e Tommaso d’Aquino, poi Moro e Trump (!), poi (con 7 citazioni) M. Weber, papa Francesco, G. Sartori, J. Rousseau, K. Marx, W. Hegel, Aristotele. Con meno citazioni troviamo Agostino, Z. Bauman, H. Arendt, W. Beveridge,A. De Gasperi, S. Berlusconi,  G. Dossetti, J. Habermas, M. Heidegger, E. Levinas, J. Maritain, J. Rawls, P. Ricoeur, B. Pascal …

La Presentazione offre anche una sintetica rilettura della politica italiana degli ultimi trent’anni che ha portato, scrivono gli autori, allo “svilimento odierno della politica”, fino al vagheggiamento di “modelli di democrazia diretta, affidata al semplice click digitale”. I curatori ammettono di leggere questa perdurante “crisi” della politica con gli occhi della tradizione cattolico-democratica, “oggi anch’essa sottoposta alle sfide di una temperie socio-culturale ‘liquida’, di prevalente segno soggettivistico”. Scrivono i curatori: “Ora, in un tempo nel quale la comunicazione politica pubblica transita prevalentemente da talk-show e social media (…) il rischio di banalizzare temi e problemi in genere molto intricati è sotto gli occhi di tutti”. E dunque, di qui, “l’urgenza di elevare il discorso politico nell’agorà civile a un livello di dignitosa compostezza e competenza”.

Torna, così, nella sua indubitabile attualità, l’istanza del maestro Giuseppe Lazzati di educare a “pensare politicamente”. Formigoni e Caimi sostengono che con i talk-show e i social media bisogna pur fare i conti, non limitandosi dunque a esorcizzarli, ma questo deve essere fatto nel quadro di “una ponderata strategia culturale-formativa di tipo politico”. I due pongono l’esigenza di agire su due fronti: quello di una bonifica culturale, da operarsi facendo uso (corretto) degli stessi social media e smascherando le infinite fake news, e quello di un’opera di alfabetizzazione: “in Italia – scrivono – sussiste infatti l’impellente bisogno di far crescere su larga scala una cultura e una coscienza politica degne di questo nome”. E questo Dizionarietto, naturalmente, va in questa direzione.

 

Giampiero Forcesi

 

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