E se ci venisse chiesto di non tirarci indietro?

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 Racconti dalla Summer School di Formazione Sociopolitica per giovani della diocesi di Roma (Villa Campitelli 25-27 luglio)

 

«Avete 10 anni per salvare il mondo. C’è bisogno dei giovani di oggi per fare la rivoluzione, ma serve una fede che smuova le montagne». Dietro di me sento sedie che cigolano, bisbigli, qualche sospiro. Così Enrico Giovannini, prof. di Statistica economica, ha iniziato il suo intervento su “L’Europa dei valori e delle persone” rivolto ai giovani della prima Summer School di formazione sociopolitica voluta dalla Diocesi di Roma, dal 25 al 27 luglio 2019. «Certo, se è vero che ci è rimasto così poco tempo per via dei cambiamenti climatici e di questo sviluppo senza controllo, la cosa si fa preoccupante» dice un ragazzo con le mani sui fianchi nel grande giardino di Villa Campitelli, casa diocesana ai Castelli Romani, mentre aspettiamo di rientrare nel grande salone per continuare i lavori. I ritmi sono serrati, non c’è tempo da perdere, ma le brevi pause sono il momento in cui tutti si trovano insieme a raccontare cosa gli ha colpito il cuore. «Avete 10 anni».

Eppur si muove. Più di 100 giovani romani (e non) dai 18 ai 35 anni si sono riuniti a Frascati su invito di mons. Gianrico Ruzza, vescovo ausiliare della diocesi di Roma. Il desiderio del clero diocesano, in collaborazione con Lidia Borzì, presidente delle ACLI romane, e la scuola di politica di don Andrea Celli, è stato quello di mettere insieme le varie esperienze che, in città, coinvolgono ragazzi e ragazze in una riflessione consapevole su bene comune, cittadinanza attiva e agire politico. Far incontrare per far dialogare, per creare alleanze.

Nei tre giorni di lezioni, laboratori, studio e condivisione, i giovani presenti, appassionati di umanità e politica, sono stati trattati come “perle preziose”, “merce rara” da maneggiare col cuore. Questo ci siamo sentiti, perché ad accomunarci tutti c’era la volontà di rispondere “Eccomi”. Merito dei laici adulti e delle gerarchie quello di scommettere sull’entusiasmo fulminante di giovani credenti, formati, desiderosi di cambiare le cose, e sul loro fermo dissenso davanti ad ogni tipo di violenza, emarginazione, autoritarismo. Voltando la medaglia, però, il rischio in cui incappiamo troppo spesso come comunità ecclesiale è quello di disegnare bei sogni nell’aria, senza sporcarci poi davvero le vesti. E in modo particolare quando si tratta dell’impegno dei cattolici nell’ambito politico e sociale. «In questi giorni penseremo politicamente e agiremo concretamente» ha sottolineato Borzì presentando l’iniziativa dalla cattedra da cui si sono alternati gli interventi dei vari ospiti durante le giornate. Nel suo saluto, in apertura dei lavori della Summer School, il card. vicario Angelo De Donatis ha ricordato ai presenti: «Siate il cuore della Chiesa in uscita, non tiratevi indietro, affidatevi al disegno di Dio su di voi e discernete la sua volontà trasformando la città».

In sala ci sono giovani giuristi, scienziati della politica, dell’economia, ma anche letterati, filosofi, studenti di medicina, psicologi, giornalisti. Un mondo intero di carismi, talenti e diversità. È davvero possibile che ciascuno di noi, con la propria formazione specifica, con le proprie conoscenze e ambiti di interesse, possa dare il contributo che serve al Paese per tornare ad essere Comunità?. «Qual è il mattone specifico che tu sei in grado di portare?» ci domanda padre Francesco Occhetta, scrittore di “La Civiltà Cattolica”.  Sì, perché ci sono mille modi per un giovane cristiano di occuparsi della “cosa pubblica”, lo sappiamo bene.  Ma se ci venisse chiesto qualcosa in più? Se ci venisse chiesto di dare ragione della speranza che è in noi, da dove ripartiremmo?

«Quali sono i presupposti perché i cattolici rientrino seriamente in politica?», «Partito unico o pluralismo?», «Quale contributo Ia società si aspetterebbe oggi da noi?». I ragazzi parlano senza timore, fanno domande dirette, vogliono risposte. In un periodo in cui il confronto leale, la valorizzazione delle diversità d’opinione, la centralità della dignità umana, battiti vitali della democrazia sancita dalla Costituzione, sembrano essere ormai fantasmi di epoche passate, è più che mai necessario prepararsi a cambiare il futuro vigilando sul presente. Come quando il sabato si è parlato di emigrazione e di democrazia in bilico con il sottosegretario della Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti: «Sottosegretario, come si fa a dire con questa tranquillità che il Parlamento è un’istituzione ormai svuotata delle sue competenze se la nostra è una democrazia?» chiedono i giovani più e più volte ai microfoni, senza riuscire a rassegnarsi a certe affermazioni. «Ho visto con i miei occhi la tragedia delle rotte migratorie, ho parlato con donne e uomini martoriati. È assurdo affermare che chi arriva sulle nostre coste è un benestante che può pagarsi il barcone» dice una ragazza, visibilmente commossa. C’è un fermento che si percepisce con forza. Indignazione che non resta tale, ma si trasforma in proposta.

Si respira aria di comunità europea a Villa Campitelli, al ricorrere dei nomi di  San Tommaso Moro e Aldo Moro, un santo ed uno statista, «entrambi martiri a loro modo» secondo mons. Ruzza.  E poi i padri del sogno europeo, De Gasperi, Schuman e Adenauer, con la lectio magistralis del cardinal Parolin, Segretario di Stato vaticano: «Come cristiani abbiamo una grande responsabilità» ha detto ai ragazzi, «quella di essere l’anima dell’Europa. Non possiamo abdicare a questa urgenza storica». Ma non solo. I giovani presenti prendono la parola, forti di portare sulla pelle esperienze di vita lontano dall’Italia: ovunque è stata casa, ovunque famiglia, anche a Parigi, la sera del terrorismo jihadista al Bataclan, o a Bruxelles durante i fatti di Molenbeek.

A rendere tutto più tangibile, i tavoli di approfondimento del pomeriggio per temi d’interesse: dall’immigrazione al lavoro, dalla natalità all’ambiente. Scopo dei workshop quello di dialogare, sviluppare le competenze e provare a formulare proposte concrete: conversazioni che continuavano poi tra i pranzi e le cene. Tra tutti cito i lavori su “Economia civile e felicità pubblica” con il prof. di Economia politica Leonardo Becchetti e quelli su “Comunicazione e dissenso” con Bruno Mastroianni, social media manager, riguardo alle implicazioni umane e relazionali della gestione del conflitto in rete.

La strada per una presenza viva, feconda e riconosciuta dei cattolici in politica forse è ancora lunga, ma l’impressione è che si stia costruendo una base, gettando dei semi visibili, puntando tutto sui giovani. «Fare politica per trasformare quello che non mi piace, per creare nuova speranza. Per ridare dignità, ricostruire comunità, sconfiggere rabbia e solitudini» ha ribadito Nicola Zingaretti, alla Summer School in veste di presidente della Regione Lazio. È necessario fare discernimento per trovare il proprio posto nel mondo e per il mondo, ciascuno con le proprie peculiarità ma con lo sguardo proiettato su di un unico orizzonte.

10 anni. «Mi dispiace saperne così poco di legge e di economia, che cosa posso fare io che so solo suonare e scrivere canzoni? Ecco, forse ci scrivo una canzone» mi ha detto un ragazzo prima di salutarci e tornare a casa, portando nel cuore un fuoco acceso.

 

Agnese Palmucci

 

 

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