Un nuovo popolarismo, sui sentieri di Francesco

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Pubblichiamo l’articolo che appare oggi nel numero di ottobre-dicembre di “Politicamente”, foglio informativo dell’associazione Agire Politicamente.

 

Entriamo in un nuovo anno della nostra storia vivendo il tempo del Natale con il suo messaggio di nascita di un nuovo uomo, per noi di rinascita a una vita nuova: vorremmo che per la nostra comunità sociale fosse un tempo di rigenerazione della convivenza, della democrazia e della politica che la governa! Una rigenerazione che potrebbe nascere dall’accorata indicazione di papa Francesco quando, nella Fratelli Tutti, richiama alla “migliore politica, posta al servizio del vero bene comune”, in una società che “è più della mera somma degli individui” e che quindi deve essere identificata con il termine “popolo”, un termine, dice papa Francesco, che riconduce alla “democrazia” che è “governo del popolo”. Popolo esprime una realtà complessa e composita, fatta di individui di diversa condizione fisica, intellettuale, economica, sociale, accomunata in una convivenza che ha un bisogno vitale di riconoscimento ed accettazione reciproci, di solidarietà effettiva, di assunzione di responsabilità reciproca e nei confronti di tutta la comunità. Si tratta dei principi su cui si fonda la Costituzione della nostra “Repubblica democratica, fondata sul lavoro” la cui “sovranità appartiene al popolo”, una repubblica “popolare” nel senso vero del termine.

I cattolici dovrebbero essere particolarmente sensibili a questo richiamo e fare del “popolarismo” la caratteristica del loro impegno sociale e politico. La nostra Costituzione afferma : “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (…) senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3). Una eguaglianza non imposta ma accettata e praticata liberamente da tutti i cittadini ai quali è garantito “il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 ). Ne consegue il diritto al lavoro, all’istruzione, alla tutela della salute, ma anche il dovere della “solidarietà politica, economica e sociale”. Una solidarietà che riguarda anche le imprese (art. 41) che devono subordinare la loro iniziativa alla “utilità sociale” in modo da non “recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”; e l’attività economica deve essere “indirizzata e coordinata a fini sociali”, piuttosto che al massimo profitto a qualunque costo.

Questi sono i presupposti del popolarismo e sono le condizioni vitali di una democrazia. Diritti e doveri che esigerebbero una politica conseguente: un popolo non è un’azienda da gestire in modo da conseguire il massimo profitto economico per lo Stato; e il Pil non può essere, quindi, l’unico indice su cui misurare il benessere della comunità sociale. Diritti e doveri che esigono un governo che merita e acquista credibilità e che può coinvolgere i cittadini in sacrifici collettivi in vista di obiettivi di lungo termine, l’opposto cioè di una politica che fa promesse demagogiche e allettanti per guadagnare consensi elettorali e che strumentalizza il popolo come soggetto indistinto (questo è il populismo che squalifica la politica riducendola a ricerca del consenso per la conquista di un potere di parte o addirittura personale, fine a se stesso); una politica che non esalta l’interesse individuale considerando la società come “una mera somma di interessi che coesistono” (Fratelli Tutti n.163) e che inesorabilmente entrano quindi in conflitto fra loro consolidando e approfondendo le differenze sociali; una politica popolare che ha tuttavia il senso del limite e della situazione reale per cui si preoccupa di mediare fra posizioni diverse per progredire costantemente.

Il popolo è una realtà in continuo divenire, la convivenza si crea giorno per giorno creandone e ricreandone le condizioni: questo è l’impegno di una sana politica che si pone i diritti e i doveri sanciti dalla Costituzione come obiettivi a cui tendere costantemente.

Una democrazia popolare ha bisogno di partiti che siano luogo di costruzione del pensiero politico e quindi strumenti privilegiati di partecipazione per la determinazione della politica nazionale (art. 49 Cost.). Una effettiva partecipazione esige la possibilità di elezioni su scelte libere e non obbligate da comitati elettorali che rispondono ad interessi estranei agli elettori. Il Presidente della Repubblica deve svolgere il servizio fondamentale di garantire la fedeltà alla Costituzione, qualunque sia la parte politica che governa, e la sua elezione dovrebbe quindi rispondere alla adeguatezza personale a svolgere tale funzione, piuttosto che ad equilibri e convenienze politiche.

Nel popolarismo di papa Francesco dovrebbero ritrovarsi i cattolici in politica, i “cattolici democratici” in particolare, che dovrebbero farne la propria linea ispiratrice superando l’idea di doversi dare una specifica identità che li distingua da qualsiasi altra componente politica, una identità che non si riduca ai soli temi di ordine morale, con la sensazione frustrante di non essere sufficientemente presenti e quasi sempre inefficaci e perdenti. Il popolarismo è la casa di tutti e ha bisogno di politici che ne facciano l’obiettivo del loro impegno. I cattolici dovrebbero arricchirne le motivazioni con la fedeltà all’annuncio evangelico della carità e della fraternità, oltre a dare vita ad una presenza nella società che contribuisca a costruirvi un popolo. A questa costruzione è finalizzato il progetto politico del nuovo popolarismo, che Lino Prenna propone come attualizzazione del cattolicesimo democratico.

 

Pier Giorgio Maiardi

 

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