Spunti per un discernimento politico

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Non propriamente un appello. Ma, come dice il titolo, una serie si annotazioni sui temi in gioco, o trascurati, in questa assai delicata campagna elettorale. Gli autori sono una cinquantina di cattolici, tra cui alcuni sacerdoti, espressione del cattolicesimo democratico e sociale del nostro Paese. Alcuni di loro sono membri di associazioni della rete c3dem

 

 

Alla vigilia delle imminenti elezioni si è riaperta una vecchia disputa intorno al peso/rilevanza dei cattolici nella politica italiana. Non ci è dato qui di tematizzare la questione. Ci limitiamo a marcare le distanze da due opposti approcci: quello di chi coltiva una sterile nostalgia per un tempo rappresentato (assai approssimativamente) come segnato dalla “egemonia cattolica” e comunque da una sostanziale unità politica dei cattolici, oggi non più riproponibile; o quello di chi, all’opposto, teorizza la pratica insignificanza di una ispirazione cristiana nell’azione politica. Ci riconosciamo semmai nel cenno riservato alla questione da parte del cardinale Parolin, secondo il quale la politica vanta una sua autonomia che va onorata e dunque i cattolici, come singoli o come gruppi, possono e devono liberamente e laicamente aggregarsi su base politica (non confessionale) senza tuttavia rinunciare – così Parolin – a una loro originale istanza profetica. La quale, sia chiaro, può generare orientamenti politici e militanze diverse. A ben vedere non tutti compatibili con una pregnante ispirazione cristiana. Quanto segue, dunque, non vanta pretese di esclusività, ma riflette solo il punto di vista dei soggetti sottoscrittori.

Può darsi che si esageri quando si stabilisce un paragone tra la portata della contesa elettorale imminente e quella del 1948. Taluni paventano minacce alla nostra democrazia. Di sicuro un serio problema per la salute della democrazia è rappresentato dalle dimensioni dell’astensionismo a contrastare il quale certo non contribuisce lo spettacolo avvilente offerto dai partiti nel compilare le liste dei “nominati”. All’insegna dei “paracadutati” e dell’affannosa corsa ai posti garantiti. Partiti ridotti a oligarchie autoreferenziali, ricettacolo di un ceto politico proteso a perpetuare se stesso. Dunque, non è priva di fondamento la preoccupazione per le sorti del nostro paese. Almeno sotto tre profili: talune pulsioni illiberali, la collocazione geopolitica dell’Italia, la prospettazione di ricette demagogiche che condurrebbero il paese al default. L’opposto della sobria raccomandazione del Papa circa le elezioni italiane condensata in una parola: responsabilità! Giusto perciò iscrivere il giudizio politico nel quadro di tali motivate preoccupazioni. Senza però trascurare priorità programmatiche che ci permettiamo di segnalare.

In primo luogo, i tre grandi scenari, tra loro strettamente intrecciati, della pace, della giustizia sociale e della salvaguardia della biosfera, che rivestono una priorità assoluta sul piano globale, continentale e locale, ma per nulla centrali nei programmi elettorali. Difetta una visione del futuro; difettano, insieme, la speranza e la responsabilità.

La questione sociale in senso lato, secondo tutti gli analisti, già nei prossimi mesi, assumerà dimensioni drammatiche: povertà, precarietà, disoccupazione, redditi più bassi per i lavoratori, disuguaglianze. A fronte di questo scenario vanno stigmatizzate tutte le offerte politiche che da un lato disegnano politiche fiscali insostenibili e inique, per altro in contrasto con il principio costituzionale della progressività, oltre a sanatorie e condoni che minano senso civico e di giustizia; dall’altro che vorrebbero abolire (e non semmai rimodulare) lo strumento di contrasto alla povertà del reddito di cittadinanza. In sostanza un depotenziamento del welfare in una congiuntura che semmai prescriverebbe al contrario una sua estensione.

La questione ambientale e del contrasto al cambiamento climatico. Dai più solo retoricamente evocata, nonostante la sua portata epocale e urgente attestata sia dalla comunità scientifica sia dalla comune esperienza di eventi estremi sempre più frequenti e sconvolgenti. Trattasi di una sfida cui sono particolarmente sensibili i giovani di ogni latitudine e da inscrivere, a tutti gli effetti, nell’orizzonte della giustizia tra le generazioni. Il nesso tra questione sociale e questione ambientale è la tesi cardine del magistero di Francesco, sotto il titolo di “ecologia integrale”, svolto nella Laudato si’ e nella Fratelli tutti.

La guerra, quasi scomparsa nel confronto elettorale. L’inequivoco giudizio sulla responsabilità di essa e sul diritto alla legittima difesa non ci esonera dalla ricerca incessante e tenace di vie negoziali e dal dovere di non avallare una concezione del conflitto che punti irrealisticamente all’annientamento dell’avversario (come nelle guerre totali novecentesche) o addirittura una escalation bellica. Le alleanze politico-militari, nel nostro caso la Nato, non ci devono impedire di fare valere il nostro punto di vista (trattandosi appunto di alleanze). Nel quadro di un’Occidente di cui riconosciamo i valori, ma che non possiamo intendere come un blocco contrapposto al resto dell’umanità in sviluppo, il nostro ruolo è costruire un autonomo protagonismo dell’Europa i cui interessi e i cui valori non sempre né necessariamente coincidono con quelli degli Usa. Abbiamo bisogno di più Europa, e di un’Europa più solidale, che renda stabile l’intuizione di NextGenEu. La prospettiva epocale di civiltà, per la quale dobbiamo cercare un più forte impegno di razionalità collettive politiche, deve assumere come orizzonte il rilancio della cooperazione multilaterale internazionale nel quadro dell’Onu, la riforma dei processi di globalizzazione, il superamento della guerra, il disarmo e la smilitarizzazione, la comprensione internazionale, il contrasto alla produzione e al commercio delle armi.

Tale orizzonte decisivo, che lega insieme pace, giustizia sociale e salvaguardia dell’ambiente, richiama ulteriori questioni di fondo.

L’immigrazione. Trattasi di questione epocale, non di un’emergenza, che dunque esige visione di lungo periodo e cooperazione internazionale. Da gestire con realismo e senso di responsabilità, ma senza infondati allarmismi. Mirando a una immigrazione regolare grazie a flussi programmati. Va stigmatizzata l’azione di chi cavalca il problema in chiave elettoralistica facendo leva su paura e pregiudizi. Sono per converso da apprezzare quanti si impegnano in politiche di integrazione articolate sul territorio. Gli economisti sono concordi nel sostenere che, specie a causa del summenzionato trend demografico, una immigrazione ben gestita rappresenta una indispensabile risorsa per la nostra economia e per il nostro Welfare. A cominciare dal sistema previdenziale e dalla sua sostenibilità nel lungo periodo.

L’investimento su volontariato e terzo settore. Mai come oggi si richiede di preservare il carattere universalistico del nostro Welfare. Il che prescrive un assetto dei grandi servizi volti a soddisfare fondamentali bisogni-diritti – esemplarmente la sanità, l’istruzione, l’assistenza – imperniato su un ben inteso primato del pubblico. Un primato che tuttavia non si deve tradurre in un monopolio statale nella gestione dei servizi. I complementari principi di solidarietà e sussidiarietà prescrivono una cordiale collaborazione tra pubblico e privato-sociale. Solo così è possibile scongiurare la burocratizzazione della rete dei servizi e dare corpo a un welfare comunitario integrato da pratiche mutualistiche di reciproco aiuto.

La famiglia. Essa abbisogna di un complesso organico di politiche mirate a mettere in condizione i giovani di farsi una famiglia. Misure che attengono alla formazione, al lavoro, alla casa, al sostegno alla maternità, agli asili nido, alla difficile conciliazione tra famiglia e lavoro che scontano soprattutto le donne. Notoriamente la bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, con cospicui riflessi negativi sulla crescita, è una delle non invidiabili peculiarità italiane.

La legalità e la lotta alle mafie che affliggono ormai l’intero territorio nazionale. L’impressione è che, al netto dei rituali, si sia sensibilmente abbassata la soglia della vigilanza da parte di politica e istituzioni. Sia nella concreta azione di contrasto ad esse, sia nella attiva promozione di una cultura della legalità a tutti i livelli. Solo due esempi: candidature borderline e la sfacciata proposta di sanatorie e condoni, un colpo mortale al dovere morale e civile della fedeltà fiscale.

Infine, si richiede di vigilare sui capisaldi della nostra democrazia costituzionale. Sarebbe contraddittorio, nel mentre si rivendica la differenza tra i nostri regimi liberali e le autocrazie, cedere alla spinta alla verticalizzazione del potere, al depotenziamento degli istituti di garanzia, alla terzietà del supremo organo arbitrale rappresentato dalla presidenza della Repubblica. L’istituzione che, più di ogni altra, ha preservato una fiducia presso l’opinione pubblica. Così pure sarebbe un errore assecondare disegni di riforma ordinamentale che, sotto la voce “autonomia differenziata”, concorrano a dilatare il divario economico-sociale tra nord e sud del paese. Un vulnus inferto al principio dell’uguaglianza dei diritti in capo ai cittadini ovunque essi risiedano nel territorio nazionale in coerenza con il dettato dell’art. 3 della Costituzione.

Trattasi solo di alcune priorità. Altre se ne dovrebbero aggiungere. Priorità tutte da inscrivere nell’orizzonte programmatico-valoriale da assumere quale fondamento e obiettivo di un’azione politica adeguata alle sfide del XXI secolo: l’europeismo e la scelta prioritaria per il sostegno e lo sviluppo della cultura, dell’istruzione, della scuola (dalla scuola dell’infanzia all’istruzione superiore, universitaria e post-universitaria). In questa duplice priorità – Europa e cultura – sta il cuore della nostra stessa identità, del nostro umanesimo, secondo un principio di fraternità, aperto a tutti e a tutte.

Sono solo spunti per un discernimento politico in vista di un appuntamento politico-elettorale che non possiamo disertare e che non ci è concesso di affrontare con leggerezza.

 

 

 

Maurizio Ambrosini, Celestina Antonacci, Enzo Balboni, Maria Cristina Bartolomei, Rosy Bindi, Maria Pia Bozzo, Luisa Broli, Luigino Bruni, Luciano Caimi, Fabio Caneri, Alessandro Castegnaro, Vannino Chiti, don Luigi Ciotti, don Virginio Colmegna, Giovanni Colombo, Paolo Corsini, Matteo Cosulich, Fulvio De Giorgi, Gian Candido De Martin, Giuseppe Elia, Guido Formigoni, Piero Grasso, Antonio Greco, Alberto Guariso, Martino Liva, Ivo Lizzola, Mimmo Lucà, Emiliano Manfredonia, Luigi Mapelli, David Mattiello, Eugenio Mazzarella, Pierluigi Mele, Margherita Miotto, Daniela Mazzuconi, Massimo Minelli, Franco Monaco, Sergio Parazzini, Savino Pezzotta, Giancarlo Piccinni, Luigi Pizzolato, Maurizio Portaluri, Franco Prandi, Franco Riboldi, Daniele Rocchetti, Emanuele Rossi, Laura Rozza Giuntella, Lucio Romano, Renata Storari, Maria Grazia Tanara, Chiara Tintori, Livia Turco, Roberto Zaccaria

5 Comments

  1. Non seguo i sondaggi elettorali, non guardo i talk show in televisione e neanche faccio previsioni sull’esito del voto, perchè ho una sola certezza, in politica non dare mai nulla per scontato.

    Ma non vivo fuori da mondo e so bene che tutte le forze politiche, o quasi, stanno promettendo di tutto e di più, come ben evidenzia l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano (osservatoriocpi@unicatt.iti) che prende in esame i Programmi Elettorali dei singoli partiti.

    Nei Programmi Elettorali manca solo la promessa di immortalità, mentre sono assicurate la felicità perpetua e il paradiso in terra e far data dal 26 settembre. Poi, il centrodestra assicura anche la difesa dei valori e principi cristiani riferiti alla famiglia, alla tutela della vita e dunque il no all’aborto, il sì alla lotta contro la teoria “gender” e ai movimenti LGBT, ecc. E’ questo un “Canto delle Sirene” che, purtroppo attrae una parte significativa del mondo cattolico, ma questa non è una indicazione di voto, è solo emotività, non razionalità.

    Premetto che da povero cattolico qual sono, faccio ciò che posso per essere coerente con le ragioni del perché tale sono, comprese quelle della Dottrina Sociale della Chiesa (di cui nessuno dice nulla in questa Campagna Elettorale), e non condivido quel “Canto delle Sirene” ma, dovendo scegliere tra destra e sinistra, cerco di capire con chi i cattolici devono, anzi, dovrebbero stare.

    Giustamente la Chiesa si astiene dal proporre indicazioni di voto. Ciò nulla toglie al valore di sicuro riferimento costituito dai Documenti che costituiscono la Dottrina Sociale della Chiesa, che ricordo è “teologia morale” (si veda in proposito “La dimensione sociale della fede”, di Mons. Mario Toso).

    Padre Francesco Occhetta, in “Ricostruiamo la politica”, pag. 31, afferma che storicamente la “destra” si è caratterizzata per i valori della libertà e del merito, il richiamo alla tradizione e alla gerarchia, la promozione dell’autodeterminazione individuale e la proprietà privata, la giustificazione delle disuguagliante di ceto, di cultura, di reddito …….. mentre la “sinistra” si è storicamente caratterizzata per l’emancipazione delle masse e i valori dell’uguaglianza e della solidarietà tra le classi sociali, per la promozione dei diritti soggettivi e le riforme sociali.

    Ha scritto un mio amico (Savino Pezzotta, che è tra i firmatari di questo Appello): “Sostenere che non esiste più una destra e una sinistra è una mistificazione, altro è sostenere che oggi c’è una sinistra e una destra diverse dal passato anche se debbono ambedue liberarsi dai vecchi residui. Il problema semmai è riflettere quale può essere il nostro contributo di cattolici all’evoluzione sia della destra che della sinistra per liberarle dei vecchi residui ideologici del passato che, anche se sotto traccia, ancora persistono. Personalmente auspico il formarsi di un’area riformatrice che punti a un rinnovamento sociale e partecipativo del capitalismo e a favore di una reale cultura e prassi dell’accoglienza, pacifista e ambientalista e che, soprattutto, valorizzi il lavoro.”

    In altri termini si può dire anche così: “fintanto che nel mondo esisterà l’ingiustizia, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la povertà, le disuguaglianze, la preminenza del profitto sul bene comune, la negazione del valore della solidarietà, ci saranno destra e sinistra, dove la destra è, storicamente, identificata con la conservazione e il moderatismo e la sinistra con il cambiamento e il rinnovamento.

    Questa declinazione di “destra e sinistra”, tutt’ora valida, definisce anche le ragioni valoriali, culturali e politiche per le quali, da cattolico, non posso che riconoscermi nel centrosinistra oggi rappresentato dal PD perché, pur con tutti i suoi limiti e carenze, mantiene aperto uno spazio e una prospettiva per l’affermazione dei principi e dei valori enunciati nella prima parte della Costituzione: la dignità della persona umana, la democrazia, la libertà, la solidarietà, la sussidiarietà, la responsabilità, il bene comune.

    Da non iscritto ad alcun partito condivido quanto dice il mio amico Marco Bentivogli, candidato indipendente al Senato nella lista del PD nella Pesaro: “La campagna elettorale è solo un primo appuntamento per ricostruire tutto”.

    A prescindere dal risultato elettorale, per il centro sinistra e la sinistra l’assoluta priorità della loro iniziativa politica è la creazione di una coalizione capace di affrontare e dare risposte ai molti problemi del Paese.

  2. Diverse cose condivisibili, come il contrasto alla guerra e alla nato e la difesa e maggior sviluppo del welfar. Altre sarebbe da discutere e approfondire, tenendo presente che la collaborazione tra pubblico e privato ci puó essere, ma i soldi pubblici vanno al pubblico e non al privato. Pubblico che deve gestire i servizi per tutti i suoi cittadini, con una tassazione progressiva, con una patrimoniale sopra il milione di euro, con una vera lotta all’evasione e alla mafia, con una forte e immediata riduzione delle spese belliche a vantaggio dell’ambiente, della sanità e della scuola.
    Purtroppo tanti di questi temi, anche di persone che si dichiarano e sono cattoliche, vengono snobbati, come la guerra o la vendita di armi.

  3. 25 SETTEMBRE: LIBERTA’ DI VOTARE E LIBERTA’ DI SCEGLIERE CHI VOTARE

    Finalmente la peggiore campagna elettorale, sicuramente la più sgangherata degli ultimi trent’anni, è finita e domani si vota.
    Un tempo molti italiani al voto ci arrivavano con le idee sufficientemente chiare da non dover riflettere granché.
    Molte persone stanno riflettendo e dicendo: «Non so se andrò a votare!»
    E’ una riflessione amara, segno che la politica si è ormai allontanata dalla gente, dai suoi sogni, dai suoi desideri, dai suoi bisogni non solo immediati, ma di lungo respiro, ma anche segno che rende evidenti e preoccupanti le difficoltà che sta vivendo il sistema della democrazia rappresentativa, e con esso i principi e i valori affermati dalla Costituzione.
    La Costituzione non è un regalo fatto da qualcuno al popolo italiano, ma la “Legge Fondamentale della Repubblica Italiana” conquistata dal popolo italiano, dopo i drammi del ventennio fascista, della guerra civile e della seconda guerra mondiale, attraverso l’elezione e il lavoro dell’Assemblea Costituente, che l’ha definita e approvata il 22 dicembre 1947.
    Nella Costituzione, all’Art. 1, è scritto che la sovranità “APPARTIENE” al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa”.

    Il termine “APPARTIENE”, riferito alla “sovranità” usato in Costituzione, sottolinea il senso di proprietà personale del voto, cioè che il voto è importante perché è lo strumento di cui dispone ogni cittadino per esercitare la sua sovranità, e che assieme gli altri cittadini costituisce il popolo che esprime la sua volontà.

    Affermata l’importanza del voto come atto di libertà, resta la libertà di scegliere per chi votare.
    Nel merito, e da cattolico, ho già motivato le ragioni della mia scelta di votare PD. A quelle scelte aggiungo, e faccio mia, la dichiarazione di un mio carissimo amico (Savino Pezzotta) che motiva perché vota e aderisce al PD:
    “E’ questo il momento di rafforzare una proposta riformista ed europeista, per evitare che le forze della conservazione e della reazione prendano il Governo di questo Paese. Oggi il PD è l’unica forza che può contrapporsi all’avanzata della destra.”
    Quali che siano i risultati elettorali, è carica di speranza e di futuro l’affermazione di Marco Bentivogli, candidato indipendente nella lista PD di Pesaro -Urbino: “La campagna elettorale è solo un primo appuntamento per ricostruire tutto”.

  4. Mi sembra un’ottima idea quella di un convegno per alimentare la riflessione sul compito dei cattolici democratici, e vorrei dare il mio contributo per indicare quello che a me sembra indubitabilmente la questione principale su cui i cattolici democratici dovrebbero concentrare l’attenzione. Credo non si possa ragionevolmente negare che l’umanità sta correndo un gravissimo rischio di una catastrofe climatica irreversibile. Che oltre ai danni diretti implicherà altri drammi, come l’aumento delle migrazioni.
    Mi sembra evidente che non si può ridurre questo rischio se non uscendo dal mito della crescita illimitata, anche se spacciata per “sostenibile”, quando una crescita materiale illimitata è insostenibile per definizione, anche senza considerare i problemi dell’inquinamento dell’ambiente e dello sfruttamento delle popolazioni più deboli. Purtroppo il paradigma della crescita del PIL come soluzione dei problemi economici e sociali – per quanto già smentita dai fatti – è fatto proprio non solo dalla destra ma anche dalla sinistra, compresa quella anticapitalista. Mentre a mio avviso non c’è dubbio che l’economia e la finanza capitalista non possono che basarsi sul perseguimento della crescita. Non è che il capitalismo sia l’origine di tutti mali del mondo. Ma come le armi nucleari fanno sì che oggi la guerra – che c’è sempre stata – implica il rischio portare alla distruzione dell’umanità, così il sistema economico capitalista porta inevitabilmente alla catastrofe climatica.
    Secondo me i cattolici democratici dovrebbero contribuire alla presa di coscienza di questo problema basilare dell’umanità e del cambiamento di mentalità necessario per affrontarlo seriamente. Che è appunto l’uscire dall’illusione che la crescita dei beni materiali porti all’aumento del benessere. Mentre la riduzione della produzione di beni materiali superflui e dannosi, a favore dell’aumento dei beni non materiali, non solo evita il disastro ambientale ma porta anche a vivere meglio. Come per chi è obeso, il mangiare meno implica uno sforzo di autodisciplina ma porta certamente ad un miglioramento delle condizioni di salute.
    Certo, per essere d’accordo con queste considerazioni non occorre essere cattolici democratici: dovrebbe bastare il buon senso. Ma i cattolici democratici dovrebbero avere delle motivazioni in più per diffondere queste convinzioni, sia in quanto cattolici – dato che il cattolicesimo invita a non essere schiavi dei beni materiali – sia in quanto democratici: dal momento che questo cambiamento di mentalità non può essere imposto dall’alto ma deve essere il frutto di una convinzione e quindi di una scelta consapevole.
    Qualcuno pensa che questi problemi non meritino di essere al centro dell’attenzione?

  5. Sono perfettamente d’accordo. Cito la prima parte di un articolo che scrissi qualche mese fa per il periodico Borgo News di Parma:
    “Se tutti vivessero come noi francesi, sarebbero necessari tre pianeti. E sei, se volessimo emulare i nostri amici americani”
    La citazione è tratta dall’ultimo libro di Serge Latouche, Breve storia della decrescita (Bollati Boringheri, 2021, p.40) e credo dovrebbe fare riflettere tutti coloro che sono interessati al bene dell’umanità, in primo luogo coloro che sono impegnati in campo politico e amministrativo.
    Le risorse del pianeta sono limitate e questo lo sappiamo. E sappiamo anche che l’abbondanza di beni materiali nei Paesi del Nord del mondo si basa sulla povertà dei Paesi del Sud del mondo. Ci scandalizziamo per quella che Francesco, Vescovo di Roma, definisce “inequità” ma continuiamo a rafforzarne le cause.
    Infatti, la “religione, della crescita”, continua a godere di amplissimo consenso, la fede nella produzione di beni materiali e nell’accumulazione senza limiti come fatto possibile e desiderabile, appare indiscutibile e quindi il concetto di decrescita è considerato blasfemo e sacrilego.
    È bene chiarire che decrescita non è sinonimo di recessione, di crescita negativa, di inversione della curva del PIL. Decrescere per decrescere è altrettanto assurdo che crescere per crescere. Decrescita significa crescita della qualità della vita, dell’aria, dell’acqua, crescita di tutto ciò che la società della crescita distrugge. Significa decolonizzare l’immaginario, aspirare a un altro mondo possibile, un mondo di prosperità senza crescita, verso una civiltà dell’abbondanza frugale, verso la fuoriuscita dall’economia come realtà e discorso imperialisti.
    Latouche è ben consapevole che per una società della crescita non c’è niente di peggio che la decrescita, ma è proprio per questo che è necessario uscire da quel tipo di società. É inevitabile che uscire dalla società della crescita comporti grandi difficoltà e notevoli costi ma sarebbe molto molto peggio restarci.

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